Mostra Venezia 2024 Palazzo Pisani Revedin 23, 24, 25 Febbraio

Mostra Venezia 2024 Palazzo Pisani Revedin 23, 24, 25 Febbraio

1) ARCADIA RINASCIMENTO CLASSICI DELLA LETTERATURA PRIME EDIZIONI RARITA’ BIBLIOGRAFICHE UMANESIMO POESIA PASTORALE

IMG_1318_clipped_rev_1Sannazzaro Jacopo,

Arcadia del Sannazaro tutta fornita et tratta emendatissima dal suo originale, 

(Impressa in Napoli : per maestro Sigismundo Mayr: con somma & asidua diligenza di Pietro Summontio, 1504 del mese di marzo)

In 4°; (97) cc. manca l’ultima carta bianca ma completo. Legatura di fine seicento in piena pergamena con titolo e autore, impresso in oro su fascetta al dorso. Dorso a 4 nervi. Fregi in oro ai margini alti e bassi del dorso. Cornice a secco ai piatti. Tagli spruzzati in azzurro. Antica nota di possesso privato al recto del piatto anteriore. Alcune note manoscritte cinquecentesche al margine esterno del volume e nel margine alto delle ultime due carte (solo in parte leggibili). Alcune leggeri aloni, mai significativi, alcune macchioline di inchiostro al margine esterno e nel complesso esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Prima rara edizione dell’opera più importante del grande poeta ed umanista napoletano, Jacopo Sannazaro, talvolta Iacobo Sannazzaro (Napoli, 28 luglio 1457 – Napoli, 6 agosto 1530). L’opera circolò prima in forma manoscritta e poi in un’edizione solo parziale che presentava numerosi errori e non era stata autorizzata dall’autore. Jacopo Sannazzaro nacque a Napoli 1458 in una nobile famiglia proveniente dal territorio lombardo della Lomellina, probabilmente nella zona di Sannazzaro de’ Burgundi. Nel 1462 il padre morì e la famiglia fu costretta a spostarsi al seguito dei familiari nei feudi materni di San Cipriano Picentino (nell’odierna provincia di Salerno). Qui il paesaggio bucolico, lasciò una profonda impressione sul giovane Jacopo, impressione che caratterizzò, in seguito, buona parte della sua produzioneIMG_1320_clipped_rev_1 letteraria. La sua opera più celebre, “Arcadia,” ha contribuito in modo significativo alla letteratura del periodo. Sannazzaro visse in un’epoca di fervente rinascita culturale, dove la ricca fusione di idee classiche e umanistiche permeava l’aria. Sin da giovane, dimostrò un precoce interesse per le lettere e la poesia, coltivando la sua mente brillante nei circoli umanistici dell’epoca. La sua formazione avvenne a Napoli e poi a Padova, dove entrò in contatto con gli ambienti culturali più avanzati dell’epoca. Discepolo di Giuniano Maio e Lucio Crasso, docenti di poetica e di retorica, per lui ebbe enorme importanza, l’incontro con il più importante letterato della Napoli del tempo, Giovanni Pontano, direttore dell’Accademia Pontaniana, il principale centro di studi umanistici del Regno di Napoli. E’ grazie all’interessamento del famoso letterato che Jocopo entrò al servizio di Alfonso, duca di Calabria nel 1481. La sua opera più celebre, “Arcadia,” fu scritta tra il 1480 e il 1485, ma venne pubblicata postuma nel 1504. L’Arcadia è un prosimetro (componimento misto di prosa e di poesia) di ambientazione pastorale, composto da 10 prose intervallate 10 ecloghe, preceduto da un congedo intitolato Alla sampogna. L’opera mescola elementi della tradizione classica con la cultura contemporanea, rappresentando un mondo idealizzato attraverso l’ambientazione arcadica. Sannazzaro creò un universo poetico in cui pastori e ninfe IMG_1322_clipped_rev_1vagano in un paesaggio idilliaco, discutendo di amore, virtù e filosofia. L’opera riflette il desiderio di fuga dalla realtà del poeta, immerso nella complessità e nei contrasti della società del suo tempo. “Arcadia” rappresenta una ricerca di armonia e bellezza, un rifugio nell’immaginario dove la natura selvaggia si fonde con l’eleganza umana. Il lavoro di Sannazzaro influenzò notevolmente la successiva tradizione letteraria arcadica e pastorale e Arcadia divenne un classico della letteratura venendo ristampato innumerevoli volte e influenzando non solo la letteratura italiana ma profondamente, anche quella europea. La sua abilità nel connettere l’erudizione classica con la sensibilità contemporanea lo rese un importante punto di riferimento per gli intellettuali del suo tempo. La figura di Jacopo Sannazzaro è intrinsecamente legata all’età d’oro della letteratura rinascimentale italiana. La sua vita fu un’odissea intellettuale, mentre la sua opera, “Arcadia,” rimane una pietra miliare nella storia della poesia pastorale. Con il suo contributo, Sannazzaro ha plasmato il panorama letterario del Rinascimento, lasciando un’eredità duratura. Basti ricordare che prorpio da quest’opera trae il suo nome la celebre Accademia dell’Arcadia fondata a Roma il 5 ottobre 1690 da Giovanni Vincenzo Gravina e da Giovanni Mario Crescimbeni, coadiuvati nell’impresa anche dal torinese Paolo Coardi. Rif. Bibl.: IT\ICCU\BVEE\060641.IMG_1321_clipped_rev_12) BOTANICA BOTANIC FIRST EDITION PRIME EDIZIONI STORIA NATURALE ANIMALI MARINI ILLUSTRATI

 IMG_1378_clipped_rev_1IMG_1377_clipped_rev_1IMG_1375_clipped_rev_1 (1)IMG_1385_clipped_rev_1IMG_1384_clipped_rev_1IMG_1383_clipped_rev_1 (1)IMG_1379_clipped_rev_1IMG_1382_clipped_rev_1

IMG_1380_clipped_rev_1Colonna Fabio,

Fabii Columnae Lyncei Minus cognitarum rariorumque nostro coelo orientium stirpium ekphrasis. Quae non paucae ab Antiquioribus Theohrasto, Dioscoride, Plinio, Galeno alijsque descriptae, … Item De aquatilibus aliisque nonnullis animalibus libellus ad ill.mum et Excell.mum Dnm. Martium Columnam Zagarola et Columnae Ducem etc. Omnia fideliter ad vivum delineata, atque aeneis typis expressa cum indice in calce voluminis locupletissimo. Bound with: Purpura. Hoc est de purpura ab animali testaceo fusa, de hoc ipso animali, aliisque rarioribus testaceis quibusdam. Bound with: Minus cognitarum stirpipium Pars Altera: In qua non tam novae plures planae caeg rariores á nemine hactenus, aut animadversae aut descritae nunc primum propontur, quam niónnullae aliae apud antiquos dubiae, atq. obsuræ dilucidantur.

Romae, Apud Jacobum Mascardum, 1616

In 4°; quattro parti in 2 tomi: (8), 340, LXXIII, (7) pp. e (8), 42, (2 b.), (12), 99, (1) pp. Come nell’esemplare del Nissen, in questo esemplare, non è stato mai aggiunto il ritratto di Colonna. Tre parti più un supplemento. Bellissime legature degli inizi del XVIII° secolo, in pieno marocchino rosso con rosone e ricchissima cornice in oro ai piatti. Autore, titolo e numero del volume su fascetta in oro al dorso. Ricchi fregi in oro ai tasselli. Dorso a 6 nervi. Cornice in oro all’interno dei piatti che sono foderati di bella carta marmorizzata. Un piccolo strappetto nel margine bianco basso delle prime 6 carte, senza perdita di carta, abilmente restaurato tanto da essere quasi del tutto invisibile. Due forellini al margine alto della pagina 186 in corrispondenza del numero di pagina. Tagli riccamente dorati. Un abile restauro alle cerniere dei piatti e nel complesso esemplare in ottime condizioni di conservazione. Magnifici frontespizi incisi in rame con gli stemmi dei dedicatari, iniziali IMG_1376_clipped_rev_1e fregi xilografici, 152 incisioni in rame a piena pagina delle quali 131 rappresentano diversi tipi di piante e le rimanenti sono di vita marina, insetti e un ippopotamo. Edizione collettiva dell’opera del celebre botanico e naturalista napoletano, Fabio Colonna (Napoli, 1567 – Napoli, 25 luglio 1640). Primissima edizione della celebre opera di Colonna dedicata alla Porpora e anche della “Pars altera”. Questa edizione è celebre per il fatto che per la prima volta le tavole botaniche non furono stampate in xilografia ma in rame, tecnica che permise a Colonna di rendere in modo molto più fine e precisa l’iconografia delle varie piante. Fabio Colonna, nato il 21 marzo 1567 a Napoli, è stato un rinomato botanico italiano del XVII secolo, noto per i suoi contributi significativi nel campo della botanica e della medicina. La sua vita e la sua carriera sono state caratterizzate da una profonda passione per la natura e una dedizione instancabile allo studio delle piante. Colonna iniziò i suoi studi presso l’Università di Napoli, dove dimostrò un precoce interesse per la botanica. La sua curiosità scientifica lo portò a esplorare giardini botanici, collezionare erbe e studiare le opere dei grandi botanici dell’epoca e anche a studiare diversi reperti fossili. La sua prima opera di rilievo fu “Ecphrasis regni vegetabilis”, pubblicata nel 1592, una raccolta di illustrazioni botaniche accompagnate da descrizioni dettagliate delle piante. Quest’opera, notevole per la sua accuratezza e il suo stile artistico, gli valse un riconoscimento immediato nella comunità scientifica dell’epoca ma fu con la pubblicazione qui presentata dove appare per la prima volta il dottissimo lavoro di Colonna inerente alla Porpora che il lavoro di Colonna ebbe un successo generalizzato nella comunità naturalistica tanto da essere accolto, tra i primi iscritti, all’Accademia dei Lincei di Roma, aperta da Federico Cesi nel 1603. Colonna si dedicò anche allo studio delle piante medicinali e delle loro proprietà curative. La sua profonda conoscenza in questo campo lo rese un’autorità rispettata nel trattamento delle malattie attraverso l’uso di erbe medicinali. Nel 1606 pubblicò “Minus cognitarum stirpium historia”, un’opera che approfondì ulteriormente la sua reputazione nel mondo botanico. La sua carriera raggiunse IMG_1374_clipped_rev_1l’apice nel 1616 quando fu nominato direttore del giardino botanico di Napoli. In questa posizione, Colonna contribuì notevolmente all’espansione e allo sviluppo del giardino, introducendo nuove specie di piante e migliorando le infrastrutture. Il suo impegno nel preservare la diversità botanica lo rese un pioniere nella conservazione delle piante a livello locale. Oltre alla sua attività scientifica, Fabio Colonna fu coinvolto in dibattiti e controversie con altri studiosi del suo tempo. Le sue idee originali e la sua visione progressista gli valsero sia ammiratori che critici, ma la sua eredità scientifica ha resistito alla prova del tempo. Fabio Colonna trascorse gli ultimi anni della sua vita continuando la sua ricerca e il suo insegnamento. Morì il 15 luglio 1640, lasciando dietro di sé un legato duraturo nel mondo della botanica. La sua opera influente ha contribuito in modo significativo alla comprensione delle piante e al progresso della botanica nel XVII secolo, e la sua dedizione alla causa scientifica è ancora celebrata oggi. Esemplare in magnifica legatura ed in ottime condizioni di conservazione di una delle più belle opere botaniche del seicento. Rif. Bibl.: Nissen BBI 385 (nennt nur 112 Kupfer fur Pars 1) u. ZBI 927 (Anhang); SNHF NUM A1202.; Pritzel 1823.; Krivatsy 2619-2620.; Parkinson – L. 564 u. 566.; Nissen ZBI 927 (De Purpura); Blunt et Stearn, pp. 100-101; Plesch 142: “A collected edition of Colonna which includes the first edition of the second part of his Ekphrasis with a reprint of the first part and two zoological works”.IMG_1373_clipped_rev_1

7.200 euro

3) STREGONERIA MAGIA INQUISIZIONE WITCHCRAFT DEMONI DEMONIO INQUISITION DIAVOLI DEVILS VENEZIA

 IMG_1274_clipped_rev_1

IMG_1276_clipped_rev_1 (1)Del Rio Martin Antonio,

Disquisitionum magicarum libri sex, quibus continetur accurata curiosarum artium, & vanarum superstitionum confutatio; … Auctore Martino Del-Rio Societatis Iesu presbytero. … Hac Veneta, & postrema editione omnium maxime elaborata, suaeque pristinae integritati restituta. ac praeterea auctoris vita, et quattuor locupletissimis indicibus aucta. Ope, atque opera impensa F. Paulini Berti Lucensis Ordinis Eeremitarum sancti Augustini, …,

Venetijs, apud Vincentium Florinum, 1616.

In 4° piccolo; (24), 856 (i.e. 808), 143, (105), (2 b.) pp. Legatura coeva in piena pergamena molle con titolo manoscritto da mano coeva al dorso. Qualche mancanza al dorso. Leggermente lento nella legatura ma all’interno ben rilegato ed in ottime condizioni di conservazione. Frontespizio in rosso e nero. Marca tipografica xilografica al frontespizio. Una delle più rare edizioni di uno dei più importanti testi sulla magia a cavallo fra il XVI° ed il XVII° secolo, scritto dal celeberrimo umanista e teologo fiammingo appartenente all’ordine dei gesuiti, Martin Delrio, o Martin Antoine Del Rio (Anversa, 17 maggio 1551 – Lovanio, 19 ottobre 1608). Studiò prima a Lier poi presso le università di Parigi, Douai, Lovanio e Salamanca. Famoso per i suoi commenti alle opere di Solino, a Claudiano e a Seneca, fu Dottore inIMG_1278_clipped_rev_1 diritto a Salamanca a partire dal 1574. Nel 1580 decise di entrare nell’ordine gesuita. La scelta fu dettata da diverse cause. Infatti Del Rio durante la sa vita ricoprì diverse prestigiose dariche pubbliche fino ad arrivare ad essere membro del consiglio del Brabante e poi, vicecancelliere ma disgustato dagli affari a causa delle guerre civili, entrò nel noviziato dei gesuiti a Valladolid, a Castiglia, il 9 maggio 1580. Fu ordinato sacerdote a Lovanio nel 1589. Da citare una curiosità durante i suoi anni di insegnamento. Mentre insegnava a Lovanio, ebbe tra i suoi studenti Jean-Baptiste Van Helmont che finì per allontanarsi dal suo maestro per dedicarsi al misticismo e all’alchimia divenedo uno dei più celebri alchimisti del suo tempo. Famoso anche per i suoi commenti all’antico testamento, divenne celebre per l’opera qui presentata che edita per la prima nel 1599 divenne la più comune opera di riferimento per gli inquisitori tanto che l’opera IMG_1277_clipped_rev_1venne ristampata fino al 1755, vedendo più di 20 riedizioni. Questa qui presentata è una delle edizioni meno comuni (nello stesso anno venne edita, anche, un’edizione a Magonza) ed è particolarmente ricercata per i 4 indici, qui editi per la prima volta, che curati da Paolino Berti da Lucca, raccolgono i nomi dei più di 1000 autori citati da Del Rio in quest’opera. L’opera analizza gli aspetti legali della magia ma ricostruisce anche, i temi più prurigginosi della stregoneria come i rapporti sessuali fra i demoni e le streghe, descrivendoli in modo dettagliato e morboso. Il volume è considerato una delle massime fonti sui rituali delle streghe. L’opera è divisa in 6 capitoli principali: I sei capitoli in cui e’ diviso il libro sono i seguenti: Lib. I: De Magia generatim, & de Naturali, Artificiali, & Prestigiatrice. Lib. II: De Magia Daemoniaca, & eius efficacitate Lib III: De Maleficio & vana observatione Lib. IV: De Prophetia, Divinatione, & Coniectatione Lib. V: De Iudicis officio, & ordine iudiciario in hoc crimine Lib. VI: De officio Confessarij, ac remediis licitis, & illicitis. Scrive Caillet 446: “Ouvrage [..] des plus intéressants sur les formes de procédure employées contre les pretendus sorciers et sur les diverses formes de la Magie, ainsi que sur les prophéties et la divination […]. Le sixième livre qui n’est pas des moins curieux traite de “l’office de devoir des confesseurs en fait de sorcellerie”. Rif. Bibl.: Graesse II, 579; Caillet, 2967; Dorbon 1139; Wellcome I, 1735.

1.500 euro

4) VENEZIA FESTE VENEZIANE VEDUTE INCISIONI PRIME EDIZIONI STAMPATORI

 IMG_1331_clipped_rev_1IMG_1332_clipped_rev_1IMG_1333_clipped_rev_1IMG_1330_clipped_rev_1

Mutinelli Fabio,

Dell’Avvenimento di S. M. I. R. A. Ferdinando I d’Austria in Venezia e delle civiche solennità d’allora. Narrazione di Fabio Muttinelli (Disegni di Giovanni Pividor).

Venezia, co’ tipi del Gondoliere, 1838.

Album in oblungo (21,5×29 cm); (2), 43, (3) pp. e 9 belle tavole in litografia che illustrano: Imbarco delle LL. MM. a Fusina; Galleggiante; Bissone del Municipio (2); Regata; Arco a Murano; Fondazione della diga di Malamocco; Illuminazione della Piazza di San Marco; Festa popolare al Lido. Legatura originale nelle versione di lusso, esiste una versione in cartoncino foderato con carta rosa, in piena tela rossa con fregi in oro ai piatti ed al tassello. Qualche macchia e traccia di sporco alla legatura. Piatti interni foderati con carta in percallina rosa. Lieve foxing nel testo. Un leggero alone d’umidità al margine esterno superiore, più ampio nella prima metà del volume mai intenso e per il resto in buone condizioni di conservazione. Prima assai rara edizione di soli 1000 esemplari editi per raccogliere soldi da devolvere il tutto alla Commissione degli Asili di carità per l’infanzia come riportato, anche, al piccolo timbretto nel margine basso di ogni esemplare. Il volume costava 9 lire austriache. Qualche brunitura e foxing dovute alla qualità della carta del testo a stampa mentre le tavole, ognuna protetta da velina, si presentano ben pulite, chiare ed in perfette condizioni di conservazione. Nel complesso esemplare in buone condizioni di conservazione. Perfette le tavole in litografia con le veline protettive originali realizzate da Giovanni Pividor. Prima edizione di questa festa veneziana composta in occasione della visita di Ferdinando I d’Austria a Venezia nel 1838. Opera assai poco comune. Rif. Bib.: Cicogna, 1720.IMG_1329_clipped_rev_1

850 euro

5) VERNACOLO VENEZIANO VENEZIA POESIA VERNACOLARE COMMEDIA DELL’ARTE SATIRA POESIA PASTORALE

IMG_1387_clipped_rev_1

IMG_1386_clipped_rev_1Calmo Andrea,

Le bizzarre, faconde et ingeniose rime pescatorie. Nelle quali si contengono Sonetti, Staze, Capitoli, Madrigali, Epitafii, Disperate, e Canzoni. Et il commento di due sonetti del Petrarcha, in antiqua materna lingua. Unito a: Le Giocose moderne et facetissime egloghe pastorali. Sotto bellissimi concetti, in nuovo sdrucciolo, in lingua materna.

In Vinegia, appresso Iseppo Foresto, in calle delle Acque a san Zulian, all’insegna del Pellegrino, 1556; In Vinegia, appresso Iseppo Foresto, in calle delle Acque a san Zulian, all’insegna del Pellegrino, 1558 (1557 al colophon)

In 8° piccolo; 104 pp. e 119, (1) pp. Elegante legatura ottocentesca in marocchino verde con cornice a triplo filetto in oro ai piatti. Titolo e ricchissimi fregi in oro al dorso. Filetti in oro ai tagli dei piatti. Ricche cornici in oro al recto dei piatti. Tagli riccamente dorati. Piatti interni foderati con bella carta marmorizzata. Nota ottocentesca bibliografica chiosata a mano alla prima carta bianca. Antica nota di possesso privato che identifica l’esemplare come appartenuto al celebre collezionista inglese George Hibbert (1757-1837) che vendette la sua collezione di libri in una celebre asta nel 1829. Esemplari in ottime condizioni di conservazione. Bellissima marca tipografica al frontespizio di ogni volume con motto “Non habebus hic civitatem permanentem, sed futuram inquirimus”. Due seconde edizione delle due opere in vernacolo veneziano del celeberrimo commediografo, attore italiano e poeta italiano, Andrea Calmo (Venezia, 1510 o 1511 – Venezia, 23 febbraio 1571) che è considerato il precursore della commedia dell’arte. Poco si sa della sua vita. L’unica fonte attendibile, dalla quale hanno poi attinto altri scrittori, è Alessandro Zilioli che incluse la biografia di Calmo nelle “Vite dei poeti italiani” opera che è rimasta solo manoscritta. E’ però un dato di fatto che Zilioli trasse le sue informazioni, in parte, dalle notizie biografiche presenti nelle opere di Calmo, cosa che, in realtà, non garantisce appieno l’attendibilità della sua biografia tenendo presente anche la giocosità del Calmo. L’opera di Calmo è stataIMG_1389_clipped_rev_1 particolarmente significativa per il suo contributo al teatro e alla letteratura in vernacolo veneziano durante il Rinascimento. Calmo ha trascorso gran parte della sua vita nella città lagunare, immergendosi nella ricca cultura e nel contesto sociale dell’epoca. La sua produzione letteraria si distingue per l’uso magistrale del dialetto veneziano, che contribuì a elevare a lingua artistica e letteraria. La sua scrittura era caratterizzata da una vivacità e una spontaneità che rispecchiano il ritmo e la vitalità della vita quotidiana veneziana. La sua opera più celebre è “La Veniexiana,” una commedia teatrale scritta nel 1556. Quest’opera è un esempio eccellente del suo talento nel catturare la lingua parlata e il modo di vivere della gente comune a Venezia. La trama ruota attorno a una serie di inganni e intrighi amorosi, e la commedia è nota per la sua comicità irresistibile e la sua capacità di ritrarre con precisione la vita quotidiana nella Venezia rinascimentale. Andrea Calmo ha anche scritto numerose opere poetiche e narrative, tutte caratterizzate dall’uso accattivante del dialetto veneziano. Le sue opere rappresentano una testimonianza preziosa della vita sociale, politica e culturale del XVI secolo a Venezia. Calmo ha dimostrato una straordinaria sensibilità linguistica, riuscendo a catturare le sfumature del dialetto veneziano e ad adattarlo in modo magistrale alle esigenze della sua narrativa. Nonostante il suo contributo significativo alla letteratura veneziana, la vita di Calmo è stata oscurata dal passare del tempo, e molte delle sue opere sono state trascurate. Tuttavia, negli ultimi decenni, gli studiosi hanno riscoperto l’importanza di Calmo nel contesto della letteratura dialettale veneziana e specialmente, la sua notevole influenza sulla tradizione teatrale. Andrea Calmo, con il suo talento distintivo e la sua abilità nel ritrarre la vita quotidiana, ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura veneziana. La sua eredità vive attraverso le sue opere, che continuano a essere studiate e apprezzate per la loro capacità di catturare l’anima vibrante di Venezia nel Rinascimento. Scrive Ludovico Zorzi nella voce dedicata ad Andrea Calmo nel Dizionario Biografico degli Italiani (Treccani, Volume 16, 1973): “La poetica, la psicologia, la cultura del C. emergono abbastanza chiaramente alla lettura delle commedie, delle pastorali, delle rime e soprattutto delle lettere. Queste ultime rappresentano IMG_1388_clipped_rev_1l’aspetto più originale della produzione calmiana, e costituiscono nel loro genere un monumento pressoché unico nella nostra letteratura dialettale. Dei quattro libri che le raccolgono diede una edizione critica tuttora insostituita V. Rossi, contribuendo non poco, con il commento e una dotta introduzione, alla conoscenza dell’autore. Si tratta, per dirla con le parole dell’autore stesso, di un’ampia raccolta di “ingegnosi cheribizzi” e di “fantastiche fantasie”, indirizzati in forma di lettere da presunti pescatori (onde l’equivoco delle origini del C. da un tale ceto) a destinatari illustri o fittizi. Circolano in queste composizioni (anche in quelle dell’ultimo libro, che si indirizzano a varie cortigiane di Venezia) un’amabile arguzia e un’intima ironia, e un misto – come scrisse il Molmenti – di pazzia e di senno, che permette all’autore di passare, con calcolata abilità, dalla chiacchiera divagante e per così dire gratuita alla velata allusione a fatti e personaggi pubblici e alla loro affabulazione mediante il sapiente alternarsi dei vari livelli in cui si sviluppa lo stile espositivo. Il modello di queste strane composizioni sembra essere stato il Ruzante, il quale, con la lettera “alla morosa” (conservataci da un cod. della Marciana e pubblicata da V. Rossi in appendice alle Lettere del C.), apre una sorta di nuovo genere letterario (nuovo almeno nella tradizione dialettale, dove già fioriva il genere affine dei testamenti), a metà strada tra l’epistola giocosa e il monologo o sprolico di destinazione teatrale.”. Volume in ottime condizioni di conservazione, in bella legatura e di importante provenienza. Rif. Bibl.: Per la prima opera IT\ICCU\CNCE\008544; Per la seconda opera ICCU IT\ICCU\BVEE\018436.

2.400 euro

6) DIALETTO MILANESE MILANO VERNACOLO MILANESE STAMPATORI STORIA LOCALE

 IMG_1399_clipped_rev_1IMG_1396_clipped_rev_1

IMG_1398_clipped_rev_1Balestrieri Domenico,

Rimm milanes de Meneghin Balestreri Accademech trasformae.

(In Milan, In la Stampa de Donae Ghisolf, 1744).

In 4°; 174, (3), (3 b.) pp. Legatura alle armi coeva in piena pergamena con cornice in doppio filetto in oro al dorso. Titolo e fregi in oro ai tasselli. Qualche minimo difetto e segno del tempo. Piatti interni foderati con carta marmorizzata coeva. Tagli marmorizzati. Antiche note di collocazione privata al recto del piatto posteriore ed una nota chiosata a mano coeva, datata 1884, all’ultima carta bianca che indica il libraio dal quale il volume venne acquistato. All’interno esemplare in ottime condizioni di conservazione, stampato su carta forte. Stemma araldico stampato a secco ai piatti, che identifica l’esemplare come forse appartenuto alla famiglia Stampa di Soncino. Un’incisione in rame con l’insegna dei Trasformati al frontespizio, un ritratto del Balestrieri, un ritratto del conte Imbonati e numerose bellissimi testatine, capilettera e finalini incisi da Gaetano Bianchi, la maggior parte dei quali, animati. Prima edizione di questa raccolta di componimenti in dialetto milanese, opera del celebre poeta milanese, Domenico Balestrieri (Milano, 16 aprile 1714 – Milano, 11 maggio 1780). L’autore, dopo aver studiato filosofia a Brera, seguì gli studi di legge secondo il volere paterno, presso il Collegio Calchi. Durante la sua via ricoprì diverse cariche pubbliche fra le quali quella di cancelliere all’annona presso il magistrato straordinario del Ducato di Milano. Fra i restauratori dell’Accademia dei Trasformati assieme al conte Imbonati e al poeta Tanzi, ebbe stretti contatti con numerose personalità del mondo intellettuale del tempo come il Parini (del quale fu grande amico), il cardinale Durini, Baretti e Pitro Verri. La figura di Balestrieri fu centrale per la IMG_1400_clipped_rev_1 (1)formazione e l’opera di Carlo Porta che proprio a Balestrieri si ispirò per figura di Meneghino. Balestrieri infatti era solito farsi chiamare Meneghin Balestrieri. Scrive Dante Isella nella voce dedicata a Domenico Balestrieri nel Dizionario Biografico degli Italiani (Volume 5, 1963): “Colto, arguto, mite, intorno alla sua paciosa e rotonda figura di galantuomo si spuntano le angolosità delle fazioni letterarie e dei temperamenti più impulsivi, come avvenne nel corso della polemica antibrandiana, nella quale si schierò naturalmente dalla parte del Parini: il che significava per il B., oltre alla difesa di una tradizione, la pronunciata asserzione di un moralismo dialettale che sarà proprio anche della prima generazione romantica. Nella ricca vita di relazioni che intrattenne ebbe amici letterati tra loro inimicissimi (per citare qualche nome: il Baretti, il Parini, il Verri) e, natura sensibile ai benefici, godette dell’affettuosa stima e protezione dei più ragguardevoli mecenati delle lettere lombarde (dal canonico Agudio al marchese Recalcati, dal card. A. M. Durini all’arcivescovo Pozzobonelli), ai quali pagò il tributo di una messe non scarsa di dediche e di versi encomiastici. […] “Varon, Magg, Balestree, Tanz, e Parin”: così, a guisa di blasone della sua poesia, Carlo Porta indica, in un sonetto occasionale, la “linea” della più illustre tradizione letteraria milanese tra il Cinque e il Settecento. E in vero, dopo Carlo Maria Maggi e prima del Porta, il B. fu l'”artefice e rappresentatore indubbiamente più fecondo e vario e pieghevole del verso e del carattere IMG_1397_clipped_rev_1milanese” (come ebbe a dire il Carducci), tanto che la sua morte fu compianta in versi milanesi dal Parini (nel sonetto “Sta flutta milanesa on gran pezz fa”) e in ottave italiane da Pietro Verri che immagina il poeta accolto sulla soglia dell’Eliso dallo stesso Maggi. Il B. raccoglieva così, da morto, l’omaggio, che non gli era mancato anche prima, della cultura milanese più progredita, della quale aveva egli stesso contribuito a promuovere il rinnovamento. Il suo stato di servizio attivo nel campo delle lettere è largamente documentato dai molti volumi di versi da lui dati alla luce in mezzo secolo: dalla celebre raccolta Lagrime in morte di un gatto (Milano 1741), cui chiamò a collaborare gran parte della repubblica letteraria dell’Italia settentrionale (per un pubblico compianto di un suo gatto defunto, ma ovviamente per giocoso intento satirico contro il costume delle raccolte poetiche), a quel primo libro di Rimm milanes de Meneghin Balestreri Accademech Trasformae (Milano 1744), dove è già l’aspetto più autentico della sua personalità.”. Prima edizione in buone-ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Cat. Hoepli “Milano nei suoi libri e nelle sue stampe”, 39; Predari 372; Graesse, 1, 282.IMG_1401_clipped_rev_1

650 euro

7) ARCHITETTURA ARCHITECTURE PRIMA EDIZIONE TASCABILE FIRST POCKET EDITION INGEGNERIA CIVILE CIVIL HYDRAULIC ENGINEERING IDRAULICA GIUNTINA ROMA

 IMG_1297_clipped_rev_1IMG_1302_clipped_rev_1IMG_1303_clipped_rev_1IMG_1304_clipped_rev_1 (1)IMG_1305_clipped_rev_1

IMG_1300_clipped_rev_1Vitruvius Pollio, Frontinus Sextus Iulius,

Vitruvius iterum et Frontinus a Iocundo revisi repurgatique quantum ex collatione licuit.

(Florentiae, sumptibus Philippi de Giunta florentini, 1513 mense octobri)

In 8° piccolo; (4), 187, 34, (24) cc. Elegante legatura novecentesca in piena pelle amaranto con titolo, autore, luogo ed anno di stampo ai tasselli. Dorso a 5 nervi. Filetto in oro ai tagli dei piatti. Tagli riccamente dorati. Ricchissima cornice in oro all’interno dei piatti. Piatti foderati con bella carta marmorizzata. Numerose illustrazioni nel testo. Frontespizio con titolo entro ricchissima cornice xilografica. Nello stemma araldico al margine basso del frontespizio, sono state aggiunte sei stelle chiosate a mano. Alcune sottolineature e note di mano cinquecentesca in poche carte. Esemplare con margini esterni non molto ampli ma nel complesso in ottime condizioni di conservazione ed in bella legatura. Prima edizione tascabile e seconda edizione illustrata, dopo la prima del 1511, di una delle opere più importanti della storia dell’architettura, scritta dal grande scrittore ed architetto romano Marco Vitruvio Pollione (Formia, 80 a.C. circa – dopo il 15 a.C. circa) e prima in formato tascabile ed una delle più importanti in assoluto per la correttezza filologica come ben sottolineato anche da Cicognara. L’opera presenta anche l’opera del Frontino che rappresenta la più celebre fonte storica sugli acquedotti romani scritta dal noto politico, funzionario e scrittore romano, Sesto Giulio Frontino (40 circa – 103-104) che fu curator aquarum (sovrintendente agli acquedotti di Roma) nel 97, sotto l’imperatore Nerva e autore anche di un celebre IMG_1299_clipped_rev_1trattato di strategia militare. Vitruvio Pollione, noto semplicemente come Vitruvio, è stato un architetto, ingegnere e scrittore romano del I secolo a.C., il cui contributo più significativo è il trattato “De Architectura.” Quest’opera monumentale, suddivisa in dieci libri, è considerata uno dei testi fondamentali nell’ambito dell’architettura e dell’ingegneria, influenzando generazioni di professionisti attraverso i secoli. Vitruvio Pollione nacque probabilmente a Formia, Italia, attorno al 80 a.C. Poco si sa della sua vita, ma la sua erudizione e la sua competenza in diverse discipline, inclusi l’ingegneria, la matematica e la filosofia, sono evidenti nel suo trattato “De Architectura.” Vitruvio non era solo un teorico, ma anche un praticante, avendo svolto un ruolo importante come ingegnere militare sotto Giulio Cesare e Ottaviano Augusto. Il capolavoro di Vitruvio, “De Architectura,” è una sintesi di conoscenze classiche greche e romane sulla costruzione e l’organizzazione dello spazio. Il trattato copre una vasta gamma di argomenti, tra cui l’urbanistica, la progettazione degli edifici, l’ingegneria idraulica e la scelta dei materiali da costruzione. Vitruvio sottolinea la necessità per l’architetto di possedere una conoscenza completa delle arti liberali, abbracciando discipline come la geometria, l’astronomia e la filosofia, allo scopo di progettare edifici armoniosi e funzionali. Uno dei concetti fondamentali esposti da Vitruvio è il famoso “firmitas, utilitas, venustas” – la triade di solidità, utilità ed eleganza. Egli sostiene che un edificio dovrebbe essere costruito con una solida struttura, servire alla sua funzione in modo efficiente e possedere una bellezza estetica. Questo principio trascende il tempo e cIMG_1301_clipped_rev_1ontinua a influenzare il pensiero architettonico contemporaneo. Il trattato di Vitruvio contiene anche dettagliate descrizioni di diverse tipologie di edifici, come templi, teatri, basiliche e residenze private. Ogni capitolo offre un’analisi approfondita degli elementi architettonici, dai fondamenti strutturali alle proporzioni armoniche, fornendo un manuale esaustivo per gli architetti dell’antichità e oltre. L’eredità di Vitruvio si è perpetuata attraverso i secoli, con il Rinascimento europeo che riscoprì il suo trattato, influenzando artisti e architetti come Leon Battista Alberti e Andrea Palladio. Nel corso del tempo, “De Architectura” è diventato un testo canonico nelle scuole di architettura di tutto il mondo, costituendo una base per la comprensione dei principi fondamentali dell’architettura classica. In conclusione, Vitruvio Pollione è un gigante intellettuale il cui impatto sull’architettura e sull’ingegneria è incommensurabile. Il suo trattato, “De Architectura,” è un faro che ha illuminato il percorso di numerosi professionisti nel corso dei secoli, offrendo una guida senza tempo per la progettazione e la costruzione di ambienti armoniosi e funzionali. La sua eredità persiste nel cuore della teoria architettonica moderna, testimoniando la duratura importanza di Vitruvio nella storia dell’architettura. Prima edizione tascabile di uno dei più importanti testi di architettura mai scritti. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Brunet V, 1327; Berlin Kat. 1799; Adams V-903; Decia, n. 45; Sander 7695; Fowler, 394 (esemplare mutilo); Cicognara 697; ICCU IT\ICCU\VIAE\000227.

4.400 euro

8) ARCADIA AMORE LETTERATURA ITALIANA PRIME EDIZIONI POESIA PASTORALE UTOPIA POESIA RARITA’ BIBLIOGRAFICHE

IMG_1325_clipped_rev_1  IMG_1327_clipped_rev_1IMG_1328_clipped_rev_1

IMG_1323_clipped_rev_1Balestrieri Pietro Giovanni,

L’Arcade favola boschereccia di Piergiovanni Balestrieri nobile Parmigiano dedicata a Sua Maestà Christianissima Luigi Decimo Quarto Re di Francia, e di Navarra.

In Parma, Per Giuseppe Rossetti, 1712.

In 4°; XI, (1), 162 pp. e 7 c. di tav. firmate da Giuseppe Pini. Legatura novecentesca in stile settecentesco in mezza pelle spugnata con piatti foderati con carta marmorizzata. Dorso a 5 nervi. Titolo e autore su fascetta in oro al dorso. Fregi in oro ai tasselli. Un forellino di tarlo alla prima tavola, ininfluente. Una macchia di grasso al margine interno bianco di carta VII, prestampa dato che esso si trova solo su questa carta 6 carte leggerissimamente brunite a causa della qualità della carta. Uno strappetto al margine superiore bianco di carta G4 senza perdita di carta. Nel complesso esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Prima rarissima edizione, una seconda uscì l’anno seguente, di questa celeberrima opera del noto abate e letteratoIMG_1326_clipped_rev_1 parmigiano, Giovanni Pietro Balestrieri (Parma, 1683-post 1750). Alla fine del volume è presente il curiosissimo scritto di Balestrieri ”Protesta dell’Autore a chi ha letto” nella quale l’autore” difende la sua opera dalle possibili critiche sperando che essa sia gradita a Luigi X al quale è dedicata. L’opera qui presentata rappresenta il capolavoro di Balestrieri. In essa l’autore, ispirandosi al tema classico dell’Arcadia di Sannazzaro e dell’amore di Arcade e Serpillo per Filli crea un’opera dove dosa con estrema maestria ed equilibrio i versi sciolti ottenendo un risultato che viene considerato ancora oggi, di estrema finezza. In questo mondo idealizzato ambientato in Arcadia, pastori e ninfe vagano in un paesaggio idilliaco, discutendo di amore, virtù e filosofia. Questa prima edizione venne distrutta quasi completamente subito dopo la sua stampa, in quanto presentava alcuni errori. E’ cosi che questa primissima edizione del 1712 è di una rarità mitica. Balestrieri durante la sua vita pubblicò diverse opere encomiastiche e anche teatrali. Ad esempio, la sua favola pescatoria Antimenide ebbe notevole successo e fu anche l’ultima opera rappresentata nel Teatro Nuovo di Piacenza. A rendere celebre quest’opera sono anche le 7 bellissime tavole di Giuseppe Pini, celeberrimo incisore di corte di Farnese. Rif. Bibl.: ICCU IT\ICCU\PARE\065424; Memorie degli scrittori e letterati parmigiani raccolte dal padre Ireneo Affò e continuate da Angelo Pezzana, Parma, 1833, vol. 7 p. 96-97.

1.300 euro

9) VERNACOLO POESIA PAVANA POESIA BURLESCA STAMPATORI POESIA DIALETTALE PADOVA VICENZA VENEZIA VENETO RARITA’ BIBLIOGRAFICA

IMG_1289_clipped_rev_1  Regonò Tuogno (Ragona Antonio),

Sonagitti, smaregale e canzon in lalde del lostrissimo segnor Marc’Antuogno Mechiele degnetissemo poesto de Chioza. Arcuolti da Tuogno Regono dalla Guizza de Vigian,

In Paua, per Lenzo di Pasquitti, 1598 ([Padova : Lorenzo Pasquato]).

In 4° piccolo; (40) cc. Legatura settecentesca in mezza-pergamena-cartoncino semi-floscio con titolo manoscritto da mano settecentesca al dorso. I fogli bianchi che si trovavano all’inizio ed alla fine del volume, sono stati applicati direttamente ai piatti. Un leggerissimo alone al margine basso del volume, ininfluente e praticamente invisibile. Antica nota ottocentesca all’ultima carta bianca con la data (1883) e il libraio dal quale fu acquistato il volume. Esemplare leggermente brunito e lento e nel complesso, esemplare in buone condizioni di conservazione. Marche tipografiche alla prima e ultima carta con Grifone che regge con l’artiglio una pietra alla quale è incatenato un globo alato e motto “Virtute duce comite fortuna” all’ultima carta bianca ed in fine Minerva in piedi tiene con la mano sinistra lo scudo e con la destra l’asta sormontata dalla civetta e motto al frontespizio “Nil invita Minerva” (alcuni esemplari, presentano le due marche tipografiche invertite come posizione). Rara edizione, quattro soli esemplari censiti in ICCU, di questa raccolta di componimenti satirici e burleschi cinquecenteschi in vernacolo veneto vicentino-padovano. Dedica al podestà di Chioggia al quale è dedicato, anche un componimento. Nella raccolta si trovano altri collegamenti con Chioggia ad esempio il componimento “El Salbego à i Chiozotti”, mentre il componimento “De Bertevello Scarpelotto a Tuogno Regonò” è considerato come uno dei più riusciti di poesia pavana del cinquecento. I componimenti sono, probabilmente, opera del noto viaggiatore, commerciante vicentino, Anton Maria Ragona (Vicenza 1547 – 1591). Vi sono studiosi che identificano Tuogno Reganò come Alfonso e Sebastiano Ragona ma la maggior parte è condcorda che il Tuogno e l’Antonio Ragona, grande amico di Pigafetta, siano la stessa persona. Vicino agli ambienti mercantili vicentini, nel momento di massimo sviluppo dei traffici mercantili cittadini, grazie al fatto di aver sposato la figlia di un ricchissimo mercante portoghese di nome Gaspare Ribeira, si trovò a presentarsi davanti all’Inquisizione quando suo cognato venne sospettato di giudaismo. Cugino e collaboratore di Vincenzo Scroffa fu a lungo al suo servizio e questo gli permise di viaggiare in lungo ed in largo per l’Italia e l’Europa. “Scrive Rita Mazzei nella voce dedicata a Ragona nel Dizionario Biografico degli Italiani, (Treccani, Volume 86, 2016): “Per l’esperienza maturata fin dagli anni giovanili al servizio di Scroffa, questi il 3 marzo 1582 a nome della moglie Violante gli conferì la procura per recuperare «quaslibet summas et quantitates denariorum, rerum, mercium et bonorum cuiusvis generis a quibuscumque personis […] extra […] civitatem Venetiarum tam in partibus Galie et Hyspaniarum ac Regni Portusgalli quam alibi» (Archivio di Stato di Venezia, Notarile, Atti, reg. 6527, cc. 72v-73v), e in particolare per ottenere il pagamento dell’ingente debito accumulato da Francesco Giraldi, già ambasciatore a Londra del re del Portogallo. Poco dopo partì da Vicenza in compagnia di Filippo Pigafetta e, passando da Milano e da IMG_1288_clipped_rev_1Torino, andò in Francia attraverso il classico percorso del Moncenisio. Dopo la sosta di una settimana a Lione, dove giunse proprio in tempo di fiera e poté sbrigare gli affari che aveva per le mani, come si desume dal diario, successive tappe furono Orléans, Parigi, Rouen e infine Dieppe. Lì si imbarcò per l’Inghilterra e fece sosta a Londra, allora colpita dalla peste. Nella capitale inglese, come del resto nel corso di tutto il lungo viaggio, ebbe modo di incontrare molti italiani. A Londra conobbe sir Horatio Pallavicino, noto uomo d’affari genovese che era passato alla Riforma, e il fuoriuscito fiorentino Pietro Capponi. Il mercante vicentino Gaspare Gatti si mostrò ospite premurosissimo dei due concittadini. Ragona e Pigafetta fecero ritorno in Francia, a Calais, e passando attraverso Amiens, Parigi, Bordeaux e Bayonne giunsero in Spagna viaggiando fino a Burgos in compagnia di Francesco Gonzaga, il generale dei francescani conosciuto a Parigi. In seguito Pigafetta rientrò a Vicenza in compagnia dell’ambasciatore Matteo Zane, mentre Ragona si imbarcò a Cadice alla volta di Lisbona, dove giunse dopo cinque giorni di «felicissima navigatione» (Demo, 2012, p. 110 n. 12)”. Ricoprì un ruolo importante in diverse trattative commerciali fra la Repubblica di Venezia e la corona del Portogallo, grazie alla conoscenza della lingua portoghese ed alle sue abilità commerciali. Opera assai rara di poesia vernacolare cinquecentesca. Rif. Bib.: IT\ICCU\PUVE\017213; per l’autore si veda anche “Bandini, La letteratura in dialetto, in Storia di Vicenza 3/2, Neri Pozza 1990”.IMG_1290_clipped_rev_1

10) MISTICISMO MISTICA CRISTIANA STAMPATORI VENEZIA FRANCESCANI MISTICA FRANCESCANA

IMG_1309_clipped_rev_1IMG_1308_clipped_rev_1

IMG_1306_clipped_rev_1Herp Hendrik,

Specchio della perfettione humana opera deuotissima e necessaria ad ogni fidel christiano historiata,

In Venetia, (per Bartholomeo detto l’Imperadore, et Francesco Venetiano suo genero, 1546).

In 8° piccolo; 122, (2) cc. Legatura coeva in piena pergamena molle con titolo manoscritto al dorso da mano coeva. Legatura staccata dal testo e per il resto esemplare in ottime condizioni di conservazione. Nota manoscritta della prima metà del novecento che ripercorre la storia editoriale delle stampe veneziane di quest’opera. Nota di possesso privata antica al frontespizio. Quarta rara edizione italiana, la prima fu edita dallo Zopino del 1522 che presenta tre magnifiche illustrazioni xilografiche a piena pagina diverse, però, da quelle apparse nell’edizione dello Zopino, di una delle più celebri opere di mistica cristiana scritta dal celebre monaco francescano e mistico, Hendrik Herp morto nel 1477. Herp si distinse per la sua profonda spiritualità e la sua opera notevole, “Speculum Humanae Salvationis” (“Lo Specchio della Salvezza Umana”). Nato intorno al 1400 nella città di Bois-le-Duc nei Paesi Bassi, la vita di Herp fu permeata da un fervente desiderio di intimità con Dio e dall’aspirazione a guidare gli altri sulla via della contemplazione mistica. “Speculum Humanae Salvationis,” scritto tra il 1430 e il 1435, rappresenta un compendio di spiritualità cristiana e un testo mistico che ha influenzato generazioni di devoti nel corso dei secoli. L’opera è strutturata come un dialogo tra l’anima e il corpo, guidando il lettore attraverso una profonda riflessione sulla vita spirituale, la redenzione e la connessione con la divinità. Il testo di Herp si concentra sull’idea della salvezza umana attraverso la contemplazione e la riflessione interiore. Lo “Speculum” esplora la via mistica attraverso la meditazione sui misteri della fede cristiana e la contemplazione della vita di Cristo. Hendrik Herp guida il lettore in un viaggio spirituale, incoraggiando la ricerca di una relazione personale con Dio attraverso la preghiera, la meditazione e la pratica contemplativa. Herp sottolinea l’importanza della vita interiore e della IMG_1307_clipped_rev_1conoscenza diretta di Dio come chiave per la salvezza. La sua opera offre una guida pratica per coloro che cercano di vivere una vita più vicina al divino, affrontando temi come l’umiltà, la compassione e la consapevolezza della propria natura peccaminosa. Un elemento distintivo dello “Speculum Humanae Salvationis” è la sua combinazione di testo e immagini. Il manoscritto include miniature che illustrano le scene bibliche e i principali momenti della vita di Cristo, fornendo un supporto visivo alla meditazione e accentuando l’esperienza contemplativa del lettore. L’eredità di Hendrik Herp si riflette nella duratura influenza del suo lavoro sulla mistica cristiana. La sua opera continua ad essere studiata e apprezzata per la sua profondità teologica e il suo approccio pratico alla spiritualità. Le sue idee sulla contemplazione mistica hanno ispirato molti altri mistici e teologi nel corso dei secoli, contribuendo alla ricchezza della tradizione spirituale cristiana. In conclusione, Hendrik Herp è una figura affascinante e significativa nella storia della mistica cristiana. La sua opera “Speculum Humanae Salvationis” è un tesoro di saggezza mistica che ha trasceso il suo tempo, offrendo un percorso di contemplazione e ricerca spirituale ancora rilevante oggi. Il suo contributo alla tradizione mistica testimonia la universalità dell’aspirazione umana alla connessione con il divino e alla ricerca della salvezza attraverso l’interiorità. Rara edizione, in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: De Troeyer 224; Census 22798; L. Verschueren, Hendrik Herp I, p. 108, nr. 18; cf. T. Mertens (ed.), ‘Een mystieke summa uit de vijftiende eeuw: de prologen op de “Spiegel der volcomenheit” van Hendrik Herp, in: De onbereikbaarheid van de geliefde: pareltjes van Nederlandse en Rijnlandse mystiek (Leuven, 2000), pp. 47-65; ICCU IT\ICCU\RMLE\002598.

1.400 euro

11) MEDICINA CHIRURGIA ARMI DA FUOCO FUCILI SURGERY MEDICINE RARITA’ BIBLIOGRAFICA

 IMG_1284_clipped_rev_1IMG_1285_clipped_rev_1IMG_1286_clipped_rev_1

IMG_1282_clipped_rev_1Botallo Leonardo,

De curandis vulneribus sclopettorum, authore Leonardo Botallo Astense medico.

Venetiis, apud Franciscum Rampazetum,(Venetiis, apud Franciscum Rampazetum, 1564)

In 8°; 67, (1) pp. In fondo al volume sono conserrvate 10 carte bianche per eventuali appunti. Bella legatura di inizio ottocento in mezza pergamena con titolo, autore e ricchissimi fregi in oro al dorso su fascetta rossa e direttamente sulla pergamena. Piatti foderati con carta marmorizzata coeva. Antica nota di possesso privato al frontespizio. Marca tipografica xilografica al frontespizio con due amorini sulle nuvole tengono in alto due corone d’alloro e motto “Et animo et corpori”. Diverse illustrazioni nel testo con immagini di strumenti chirurgici. Seconda edizione, rara quanto la prima del 1560, fu studente a Pavia dove seguì le lezioni di Giovan Battista Carcano, del Frisimella, del Trincavella e del Ticinese e con quest’ultimo si laureò. Mentre seguiva le lezioni a Pavia, era solito recarsi a Padova per seguire le lezioni di Gabriele Falloppio. Divenuto medico chirurgo delle truppe francesi, ebbe l’occasione di vedere ed operare al fronte, numerose ferite da arma da fuoco tanto da divenire uno dei principali esperti in materia. Partendo dagli studi di Ambroise Paré, Botallo iniziò a metterli in pratica sul campo, arrivando ad ideare diversi tipi di interventi chirurgicIMG_1283_clipped_rev_1i d’emergenza. Da queste sue esperienze trasse le informazioni che avrebbero poi dato vita alla sua opera più importante il “De curandis vulneribus”. Botallo, grazie alla sua esperienza diretta sul campo, fu in grado di sfatare diversi errori comuni della medicina dell’epoca, prima delle quali che le ferite da arma da fuoco fossero velenose. Di basilare importanza è anche il capitolo dell’opera nella quale Botallo descrive la tecnica per la trapanazione del cranio in seguito a ferite. Lo stesso anno nel quale pubblicò la sua opera principale, 1560, fu Botallo fu chiamato a corte da Caterina de’ Medici per che gli conferì la prestigiosa carica di archiatra. Botallo fu anche autore di altre importanti opere mediche come . A lui ad esempio, viene attribuita la scoperta del dotto arterioso che mette in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta, e la cui pervietà persistente nell’adulto può determinare la mescolanza del sangue venoso con l’arterioso e che è oggi chiamato, appunto, del “dotto di Botallo”. “Based partly on earlier, similar treatises and partly on Botallo’s own experiences as a military surgeon, the work is notable chiefly for its support of the opinion, first advocated in print by Ambroise Pare’ in 1545, that gunshot wounds were not envenomed and ought to receive mild rather than harsh treatment. It was also concerned with the neurological effects of cranial injuries and the indications for treatment. The work was frequently and widely reprinted.” (DSB II, pages 336-337). Esemplare in buone condizioni di conservazione. Seconda edizione assai rara di una delle opere principali sulla storia della cura delle ferite da arma da fuoco. Rif. Bibl.: IT\ICCU\CNCE\007243.

2.900 euro

12) STORIA ROMANA STORIOGRAFIA PRIME EDIZIONI LINGUA VOLGARE ILLUSTRATI

 IMG_1291_clipped_rev_1

IMG_1292_clipped_rev_1Dione Cassio Cocceiano,

Dione historico delle guerre & fatti de romani. Tradotto di greco in lingua vulgare, per m. Nicolò Leoniceno. Con le sue figure a ogni libro, opera nuovamente venuta in luce, ne più in lingua alcuna stampata.

Venice, Per Nicolo d’Aristotile di Ferrara detto Zoppino, 1533

In 4°; (6), CCLXXXII cc. Legatura di fine seicento in piena pelle maculata con dorso a 5 nervi e titolo e ricchi fregi ai tasselli. Un piccolo strappetto al margine alto interno di carta CX, senza perdita di carta. Qualche lieve strofinatura e per il resto, nel complesso, esemplare in buone condizioni di conservazione. Un ritratto xilografico dell’autore e 22 illustrazioni xilografiche n.t. Frontespizio e alcune ill. xilografiche infra testo sottoscritte dalle iniziali o dal monogramma di Matteo Pagano: “m”, “MTP F”, “m.f.” e “m.p.f.”. La cornice del frontespizio reca nel margine sinistro le iniziali “D O”, lungo il margine destro le iniziali del tipografo “N. Z.” e lungo il margine inferiore l’iniziale “G.”. Prima edizione in lingua volgare della più importante opera del celebre storico e politico romano, di lingua greca, Lucio Cassio Dione Cocceiano (in latino: Lucius Claudius Cassius Dio Cocceianus Nicea, 155 – Nicea, 235). Figlio di un senatore romano, si legge nella voce a Dione dedicata sull’Enciclopedia Treccani “Di nobile famiglia della Bitinia (a cui apparteneva Dione Crisostomo che per primo portò il cognome di Cocceiano), figlio di Cassio Aproniano, alto funzionario dell’impero, fu educato a Roma dove presto divenne senatore. Amico di Pertinace, poi di Settimio Severo, raggiunse in breve i più alti onori: pretore (194), console, proconsole di Africa e governatore della Dalmazia e della Pannonia superiore, fu poi (229) console ordinario insieme con l’imperatore Alessandro Severo. Ma non finì IMG_1295_clipped_rev_1in Roma l’anno di consolato, poiché tornò in Bitinia”. La sua opera più importante è sicuramente questa voluminosa storia romana divisa in 80 libri. L’opera è divisa in decadi partendo dalla venuta di Enea, arriva al 229 anno del suo secondo consolato. Come fonti, Dione prese le opere di Tacito e Livio anche se lo stile narrativo è molto simile a quello di Tucidide. L’opera è scritta in lingua greca. Dione scrisse l’opera in 80 libri ma ne sono giunti fino a noi molti meno. Dei primi trentasei libri, in particolare ci sono rimasti solo frammenti e almeno, due parti più considerevoli, una nel trentacinquesimo libro, sulla guerra di Lucullo contro Mitridate e una nel trentaseiesimo, sulla guerra contro i pirati e la spedizione di Pompeo Magno contro il re del Ponto. Sono invece completi, quasi in ogni parte, i libri che seguono fino al 54 compreso. Questa parte contiene il periodo dal 65 a.C. al 12 a.C. dalla campagna orientale di Pompeo, si prosegue poi con la morte di Mitridate, quella di Marco Vespasiano Agrippa. Il libro 55, invece, è conservato solo in piccola parte. Dal 56 al 60 abbiamo i libri completi (questi vanno dal 9 al 54, in essi è descritta la sconfitta di Varo in Germania fino alla morte di Claudio. Seguono poi 20 libri conservati solo in piccolissime parti e sono oggi conosciuti, anche per un breve compendio che ne ha fatto il monaco Giovanni Xifilino nel XI secolo che prende, appunto in considerazione, l’opera di Dione dal capitolo 35 al capitolo 80. L’ottantesimo ed ultimo libro, giunto fino a noi, comprende il periodo da 222 al 229, durante il principato di Alessandro Severo. Esemplare in buone-ottime condizione di conservazione e non comune. Rif. Bibl.: Edit16 CNCE 17205; Moss I, 407; Adams D511; Graesse, II, 34; Sander 2436.IMG_1293_clipped_rev_1

2.500 euro

13) OCCULTISMO PHYSIOGNOMIAFISIOGNOMIA PHYSIOGNOMY ESOTERISMO OCCULTISM VENEZIA RARITA’ BIBLIOGRAFICA

 IMG_1310_clipped_rev_1

IMG_1311_clipped_rev_1Pietro d’Abano,

Decisiones physionomiae praestantissimi viri ac sapientissimi philosophi Petri de Abbano siue apponi ciuis Patauini. In ciuitate Parisiensi scriptae anno a natiuitate domini nostri. 1435. Pisiensi studio edito, nuperrimae uero a Blondo medico in altissimis speleis compertae in que lucem productae in utilitatem mortalium,

(Venezia), sub insigne Apollinis, 1548, (Venetiis : per Cominum de Tridino Montisferrati, 1548)

In 8°; (2), 38 cc. Legatura settecentesca in cartoncino semirigido. Grande sole xilografico al frontespizio con motto “Splendores Mei Virtutis Testimonium”. Qualche leggero alone in alcune carte, una piccolissima mancanza di carta nelle ultime 8 carte, ininfluente. Nel complesso esemplare in discrete-buone condizioni di conservazione. Edizione rarissima di quest’opera che raccoglie gli scritti fisiognomici del celebre filosofo, medico, occultista, astrologo originario di Abano, Pietro d’Abano, latinizzato in Petrus de Abano o Petrus Patavinus (Abano, 1250 – Abano, 1316) che fu insegnante di insegnante di medicina, filosofia e astrologia all’Università di Parigi e dal 1306 all’Università di Padova. Pietro d’Abano emerse come una figura intrigante nella storia del pensiero medievale. Tra i suoi numerosi contributi, il trattato “Conciliator Differentiarum,” noto anche come “De Physiognomia,” rappresenta una pietra miliare nell’esplorazione della fisiognomica, l’antica arte di interpretare il carattere e le qualità personali attraverso l’osservazioneIMG_1312_clipped_rev_1 dei lineamenti del viso. Nato a Abano Terme, Italia, intorno al 1250, Pietro d’Abano visse in un periodo in cui la filosofia, la medicina e l’occultismo si intrecciavano in un affascinante mosaico di conoscenza. La sua opera sulla fisiognomica si inserisce in questo contesto, rappresentando un tentativo di comprendere la psiche umana attraverso l’analisi dei tratti fisici. Il trattato di d’Abano, redatto in latino e completato intorno al 1303, si propone di conciliare e razionalizzare le diverse tradizioni IMG_1313_clipped_rev_1di fisiognomica esistenti nel mondo antico e medievale. L’autore affronta con meticolosità il tema, delineando teorie e principi che guidano l’osservatore nella lettura dei segni facciali. La fisiognomica di Pietro d’Abano si basa su un’analisi dettagliata di varie parti del viso, compresi occhi, naso, bocca e fronte. Egli suggerisce che la forma e le proporzioni di ciascuna di queste caratteristiche fisiche possono rivelare tratti distintivi della personalità e predisposizioni individuali. Ad esempio, occhi luminosi potrebbero indicare intelligenza e spirito vivace, mentre una fronte ampia potrebbe suggerire saggezza e profondità di pensiero. D’Abano collega la sua fisiognomica anche all’astrologia, evidenziando l’influenza dei pianeti e dei segni zodiacali sulla conformazione del viso e sul temperamento di una persona. Questo legame tra fisiognomica e astrologia riflette la mentalità del periodo, in cui la scienza e l’occultismo erano strettamente intrecciati. L’eredità di Pietro d’Abano nella storia della fisiognomica è innegabile. Rarissima edizione veneziana. Rif. Bibl.: IT\ICCU\VEAE\039010.

14) MATEMATICA ASTRONOMIA ARCHEOLOGIA NUMISMATICA GEMMOLOGIA PIETRE PREZIOSE ETRUSCHI ETRUSCOLOGIA LINGUISTICA LINGUA EBRAICA EBREI ERCOLANO

 IMG_1441_clipped_rev_1IMG_1443_clipped_rev_1IMG_1446_clipped_rev_1IMG_1445_clipped_rev_1IMG_1444_clipped_rev_1IMG_1447_clipped_rev_1IMG_1448_clipped_rev_1

IMG_1439_clipped_rev_1Aa. Vv. (a cura di Antonio Francesco Gori),

Symbolae litterariae opuscula varia philologica scientifica antiquaria signa lapides numismata gemmas et monumenta Medii Aevi nunc primum edita complectentes volumen Primum – Decimum

Florentiae, ex Imperiali Typographio, 1748-1753

In 8°; 10 tomi: XXXII, 223, (1) pp. e (2) c. di tav. ripieg.; XXX, 223, (1) pp., (2) c. di tav. di cui 1 ripieg.; XVIII, 246 p., (4) c. più volte ripieg.; XVI, 207, (1) pp., (3) c. di tav. ripieg.; XVI, 40, 72 pp., (9) c. di tav. ripieg.; XVI, 208 pp., (4) c. di tav. ripieg.; XX, 160 pp., (6) c. di tav. ripieg.; XXIV, 206, (2) pp., (1) c. di tav. ripieg.; XVI, 248, (2) pp., (3) c. di tav. di cui 1 ripieg.; XII, 124 pp., (7) carte di tav. ripieg. Qui è presente un totale di 41 c. di tav. Esistono esemplari con numero di tavole differenti e con differenze anche all’interno dei volumi. Varie tavole anche all’interno del testo. Prima edizione, una seconda uscì a partire dal 1751 di questa importante opera che raccoglie in prima edizione, diversi importanti articoli. Delle tavole 8 riguardano la tavola piacentina, diverse la numismatica, alcune sono a carattere matematico. Testatine in rame ed in legno, nummi, sigilli, simboli, vignetta ai frontwspizi, fregi e capolettera ornati. Legature originali in cartoncino d’attesa, un volume presenta una mancanza di brossura al dorso. Qualche lievissimo alone al margine interno delle prime carte di alcuni volumi, ininfluente, qualche volume un po’ lento ma esemplare in barbe e nel complesso, in ottime condizioni di conservazione, stampato su carta forte, di ottima qualità. Edizione originale assai rara, ancor più rara da reperirsi completa di tutti e 10 i volumi, di quest’opera curata dal celebre etruscologo, gemmologo, esperto di pietre antiche e d’arte Anton Francesco Gori (Firenze, 9 novembre 1691 – Firenze, 20 gennaio 1757). Fra gli argomenti trattati: numismatica, archeologia, storia, arte, scienze ecc. Antonio Francesco Gori, nato nel 1691 a Pistoia, Italia, è stato unaIMG_1440_clipped_rev_1 figura di spicco nel XVIII secolo, noto per i suoi contributi significativi nel campo della cultura e della scienza. La sua vita straordinaria è stata segnata da una fervente passione per l’apprendimento e la promozione della conoscenza. Gori ha dimostrato fin da giovane un eccezionale interesse per gli studi umanistici, dimostrando un’attitudine precoce verso la ricerca e la curiosità intellettuale. Ha studiato presso l’Università di Pisa, dove ha sviluppato una solida base nelle discipline umanistiche, dalla filosofia alla storia, dalla letteratura all’arte. Uno dei contributi più significativi di Gori è stato nel campo dell’archeologia. Si è dedicato all’esplorazione e allo studio delle antichità, accumulando una vasta conoscenza delle civiltà passate. Gori ha svolto scavi archeologici in varie regioni italiane, contribuendo alla scoperta e alla preservazione di reperti storici che avrebbero arricchito la comprensione del passato. La sua opera più celebre è “Thesaurus Veterum Diptychorum,” un lavoro monumentale in cui Gori ha catalogato e descritto antiche tavolette di bronzo e d’avorio. Questa pubblicazione non solo ha evidenziato la sua erudizione in campo archeologico, ma ha anche fornito un importante contributo alla conservazione del patrimonio culturale italiano. Oltre all’archeologia, Gori si è distinto come studioso della numismatica, la scienza che studia le monete e le medaglie. Ha prodotto opere di riferimento nel campo, contribuendo alla comprensione della storia economica attraverso l’analisi delle monete antiche. Il suo impegno in questo settore ha gettato le basi per ulteriori ricerche e ha influenzato generazioni di numismatici successivi. La passione di Gori per la conoscenza si estendeva anche alla storia della scienza. Ha scritto opere che esplorano il contributo degli antichi alla conoscenza scientifica, dimostrando la sua convinzione che la comprensione del passato sia fondamentale per il progresso futuro. La figura di Antonio Francesco Gori non è limitata alla sua attività accademica; è stato anche un mecenate delle arti, sostenendo artisti e architetti emergenti della sua epoca. Il suo impegno per la promozione della cultura e della scienza è stato rIMG_1442_clipped_rev_1iconosciuto e apprezzato durante la sua vita e ha lasciato un’impronta duratura nelle discipline che ha abbracciato. Morì nel 1757. All’interno dell’opera qui presentata sono presenti molti articoli dello stesso Gori, fra i quali si possono ricordare: Admiranda antiquitatum Herculanensium descripta et illustrata, che occupa quasi interamente il 1 vol.; la descrizione del Museo etrusco di Cortona, cui e’ dedicato il vol. 8, con preziose notizie su monete, gemme, iscriz., ecc.; un capitolo tratta degli uomini illustri di Cortona. Fra gli altri articoli si possono citare inoltre dissertazioni di G.B. Passeri (De nummis etruscis Paestanorum; De hebraismo aegyptiorum; Lexicon aegyptio-hebraicum nempe vocum aegyptiarum, quae ex hebraica lingua derivantur; De hellenismo etruscorum); F.A. Zaccaria (Lettere sopra alcune antichita’ di Pisa, di notevole interesse per la storia della citta); L.A. Muratori (esposizione della Tavola Traiana rinvenuta nel territorio piacentino); E. Froelich, di cui il 7 vol. contiene le importanti Animadversiones in quosdam numos veteres urbium, nella 2 ediz. rived., con tavv. numismatiche; D. Giorgi, A. Costadoni, P.M. Paciaudi, G. Belgrado, E. Corsini, D.M. Manni, A.M. Lupi, et Alii. Il 10 vol. è interamente occupato da dissertazioni scientifiche (matematica e astronomia) con un interessante articolo di Ximenes dedicato all’Osservazione della’Aurora Boreale. Gli autori sono: F.M. Zanotti, V. Riccati, G. Casali, L. Ximenes, F.M. De’ Regi, ecc. Rif. Bibl.: Cicognara, 3349 (solo i primi tre volumi); Brunet, II, 1669 (esempl. completo come il presente); IT\ICCU\UBOE\001712.

1.100

15) LETTERATURA INGLESE PRIME EDIZIONI ITALIANE PRIMA EDIZIONE CLASSICI DELLA LETTERATURA ROMANZI PER L’INFANZIA

IMG_1279_clipped_rev_1

IMG_1280_clipped_rev_1Pamela Lyndon Travers,

Mary Poppins di P. L. Travers, Illustrato da Mary Shepard, Traduzione di Letizia Bompiani.

Milano, Editore Valentino Bompiani, 1936

In 4°; (8), 214, (2) pp. Legatura editoriale in cartoncino semi-floscio con sopraccoperta editoriale rossa illustrata da disegni animati in bianco. Qualche piccolo strappetto e mancanza alla sopraccoperta e nel complesso esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. L’opera presenta le bellissime tavole della grande illustratrice britannica, Mary Shepard, nome completo Mary Eleanor Jessie Knox Shepard (Surrey, 25 dicembre 1909 – Londra, 4 settembre 2000) che con Mary Poppins raggiunse il livello più alto della sua arte creando l’iconografia di personaggi che sarebbero entrati nell’immaginario e nella storia della letteratura mondiale. Rarissima prima edizione italiana, finita di stampare il 24 dicembre del 1935 (al frontespizio viene riportata la data 1936, della più famosa opera della grande scrittrice e giornalista australiana di nascita ma inglese d’adozione, Pamela Lyndon Travers, pseudonimo di Helen Lyndon Goff (Maryborough, 9 agosto 1899 – Londra, 23 aprile 1996). Travers è, infatti, soprattutto conosciuta per la sua creazione più iconica, Mary Poppins. La sua vita è stata un viaggio affascinante tra continenti e culture, plasmato dall’amore per la scrittura e dallaIMG_1281_clipped_rev_1 ricerca della magia nella quotidianità. Travers iniziò la sua carriera scrivendo articoli e recensioni per giornali e riviste, guadagnandosi gradualmente rispetto nel mondo letterario. Tuttavia, è stato nel 1934 che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della letteratura per l’infanzia con la pubblicazione di “Mary Poppins.” Questo personaggio, una tata magica e straordinaria, ha catturato l’immaginazione di generazioni di lettori giovani e adulti. Il successo di Mary Poppins ha portato a una serie di otto libri, con Travers che ha continuato a esplorare il mondo fantastico della sua incredibile tata. La sua prosa, intrisa di poesia e magia, ha dimostrato la sua abilità nel creare storie che superano il limite tra il reale e l’immaginario. La scrittrice, tuttavia, non è stata sempre entusiasta delle adattamenti cinematografici basati sui suoi libri. Nel 1964, Mary Poppins è diventata un’icona cinematografica grazie al film della Disney con Julie Andrews nel ruolo principale. Nonostante le divergenze tra Travers e la Disney, il film ha conquistato il cuore del pubblico di tutto il mondo. Travers è rimasta una figura eccentrica e sfuggente nel corso della sua vita, evitando spesso l’attenzione mediatica. Ha continuato a scrivere e a dedicarsi alle sue passioni, ma il suo contributo più duraturo resta l’eredità di Mary Poppins, un personaggio che ha ispirato la creatività e la fantasia in milioni di persone in tutto il mondo. Pamela Lyndon Travers è scomparsa il 23 aprile 1996, ma la sua eredità continua a vivere attraverso la magia intramontabile di Mary Poppins, un’icona letteraria che incanta le generazioni con il suo spirito unico e il suo bagaglio di meraviglie. Opera rara, completa ed in buone-ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: IT\ICCU\CUB\0643184.

350 euro

16) CLASSICI DELLA LETTERATURA PRIME EDIZONI LETTERATURA INGLESE RARITA’ BIBLIOGRAFICA

 IMG_1372_clipped_rev_2

IMG_1370_clipped_rev_1Austen Jane,

Orgoglio e prevenzione traduzione di Giulio Caprin,

Verona, A. Mondadori Editore, 1932

In 12° (17×10,5 cm); 523, (7) pp. e una c. di tav. in antiporta, protetta da velina, con ritratto di Jane Austen. Legatura editoriale in piena tela verde con titolo e fregi in oro al dorso (leggermente sbiadito). Al piatto anteriore stemma della Mondandori in oro. Il volume è conservato nella rara scatola editoriale verde maculata in oro. All’interno, una piccola perdita diIMG_1371_clipped_rev_1 carta al margine esterno bianco di pagina 265 dovuto ad un errato taglio della carta ma nel complesso, esemplare in ottime condizioni di conservazione con le dorature ancora molto vivide ed il verde della tela ben accesso. Prima rarissima edizione italiana, della primissima opera di Jane Austen pubblicata in italiano. Uno dei capolavori, forse il più famoso, della grande autrice inglese Jane Austen. Nello stesso anno uscì una seconda edizione che riporta proprio la scritta “seconda edizione”. L’opera, dopo le prime due edizioni, mutò in italiano in “Orgoglio e Pregiudizio”. Pochi sanno che nonostante la Austen fosse considerata in Inghilterra già nella seconda metà dell’ottocento, un classico, in Italia nessuna sua opera venne tradotta prima del 1932 quando la Mondadori pubbliccò un’edizione di “Pride and Prejudice” con il titolo “Orgoglio e Prevenzione” (una terza edizione, probabilmente pirata uscì nel 1934 per la A. B. C. di Torino). Questa edizione della Mondadori, vuoi anche per il nuovo clima anglofobo incentivato dal Regime Fascista, non ebbe particolare successo. Passarono 18 anni e con la fine della Guerra e la grande presenza e l’affetto suscitato delle truppe inglesi in Italia, lentamente, la Austen, iniziò ad essere apprezzata anche in Italia, tanto che nel 1945, uscirono, Persuasione, Sensibilità e buon senso e Emma (in due edizioni nello stesso anno e a breve distanza l’una dall’altra, una della Caravella e una di Ultra che sono da considerarsi ambedue come prime edizioni). E’ nei primi anni 50’ che esplose una vera e propria mania per l’opera della Austen con nuove edizioni (la Mondadori pubblicò un’edizione anastatica di Orgoglio e Pregiudizio già nel 1950 in grande tiratura). Questa prima edizione di “Orgoglio e Pregiudizio” è rarissima e ancor più rara a trovarsi completa della sua scatola editoriale ed in buone-ottime condizioni di conservazione.

750 euro

17) PRIME EDIZIONI ITALIANE RARITA’ BIBLIOGRAFICA LETTERATURA INGLESE CLASSICI DELLA LETTERATURA

IMG_1369_clipped_rev_1Austen Jane,

Emma a cura di Mario Casalino, dalla edizione originale inglese del 1816

Roma, Ultra, 1945

In 8°; 496, (4) pp. Brossura editoriale in cartoncino grigio con titolo in bianco e nero al piatto anteriore. Una piccolissima mancanza di carta al margine inferiore del dorso. Qualche carta leggermente brunita a causa della pessima qualità della carta utilizzata come tipico della Roma che risentiva dei fatti bellici e della situazione di estrema difficoltà. Nel complesso esemplare in buone condizioni di conservazione. Prima rarissima traduzione italiana della più rara fra le prime traduzioni italiane di Jane Austen. Nel 1945 uscirono due versioni di Emma una della Ultra e una della Caravella considerate a pieno titolo prime edizioni. Seppur ambedue le opere sono assai rare, quella edita da Ultra è senza dubbio, la più rara fra le prime edizioni italiane di Jane Austen, a tale rarità si avvicina solo, l’edizione de “La Caravella” completa della sua sopraccoperta. Emma fu pubblicata dall’autrice nel 1816 in forma anonima. Come la maggior parte dei romanzi di Jane Austen pubblicati prima degli anni 50’, il volume risulta rarissimo ma questo di Ultra è di una rarità mitica. I romanzi di Jane Austen, in Italia, rimasero sconosciuti e non tradotti, fino a quando Mondadori decise di pubblicare nel 1932, con la traduzione di Giulio Caprin, Orgoglio e Pregiudizio. Il volume non ebbe particolare successo tanto che si dovette aspettare il 1945, quando il clima culturale mutato e la presenza sul territorio italiano di una forte componente anglofona, riportò in auge il nome della Austen. Nel 1945 alcune case editrici minori ma dallo spiccato spirito editoriale come appunto l’Astrea, la Denti, Tariffi (che nel 1945 ripubblicò Orgoglio e Pregiudizio con il titolo definitivo italiano con il quale oggi è conosciuto), Ultra e La Caravella, decisero la pubblicazione di alcuni altri scritti della Austen che però, per le ristrettezze economiche e di materiali di quegli anni, furono editi in un numero assai ridotto di copie. Bisogna aspettare fino ai primi anni 70’ per vedere, in un crescendo inarrestabile, la fama di Jane Austen aumentare a dismisura e i suoi romanzi essere apprezzati, non più solo come romanzi d’amore ma come veri e propri capolavori della letteratura mondiale, fino a trasformare la loro autrice una delle più apprezzate, acclamate e ristampate autrici in Italia. Proprio per questo lento successo dell’autrice inglese, alcune sue opere furono tradotte per la prima volta ben dopo il 1950. Bisogna ad esempio aspettare il 1959 per vedere la prima uscita di “L’abbazia di Northanger” o il 1961 per la prima edizione italiana di “Mansfield Park” e anche queste prime ma tarde, edizioni italiane risultano, oggi, rare a reperirsi. Questa prima edizione italiana di “Emma” si presenta nella traduzione di Mario Casalino. La più rara prima edizione italiana di Jane Austen.

390 euro

18) DESIGN PRIME EDIZIONI LETTERATURA ARTE CONTEMPORANEA AVANGUARDIE

IMG_1434_clipped_rev_1

IMG_1437_clipped_rev_1Munari Bruno,

Ricostruzione teorica di un oggetto immaginario non in vendita da Danese.

Milano, Danese, 1968.

Pubblicato dalla Danese fuori commercio in occasione del decimo anno di attività 1958 – 1968. Rarissimo esemplare, non piegato a “leporello” come quelli distribuiti dalla Danese in quanto, probabilmente, trattasi di esemplare a manifesto realizzato per prova. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Bruno Munari, nato il 24 ottobre 1907 a Milano, Italia, fu un poliedrico artista, designer, sperimentatore visuale e scrittore. La sua influenza si estende attraverso diverse discipline, e la sua vita è stata un costante esplorare e sfidare i confini dell’arte e del design. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, Munari iniziò la sua carriera negli anni ’30 come pittore e scultore, affiliandosi al movimento futurista. Tuttavia, presto abbandonò le espressioni artistiche tradizionali per abbracciare un approccio più sperimentale e multidisciplinare. Durante gli anni ’40, Munari divenne una figura chiave nel campo del design grafico e industriale, lavorando con importanti aziende italiane come Olivetti e la Rinascente. Il suo approccio innovativo e la sua attenzione alla funzionalità e all’estetica contribuirono a definire il design italiano del dopoguerra. Uno dei suoi IMG_1435_clipped_rev_1contributi più significativi è il “Manifesto per la Macchina Scritturale,” pubblicato nel 1942. In questo testo, Munari anticipò l’avvento delle macchine per scrivere e dei computer, sottolineando la necessità di adattare il design degli strumenti di scrittura alla nuova era tecnologica. Munari è stato un pioniere nella sperimentazione con nuovi materiali e tecnologie. Nel 1950, insieme a Enzo Mari e altri artisti, fondò l’Agence de Recherche pour la Technique Artistique (ARTA), un laboratorio per esplorare le potenzialità creative dei materiali moderni. Questo approccio sperimentale e ludico si riflette anche nei suoi libri per bambini, come “Il Libro illeggibile” (1949), in cui esplora la forma e la funzione del libro in modi inusuali. La sua passione per l’educazione e la divulgazione artistica lo portò a ideare i “libri illeggibili” e le “macchine inutili,” dispositivi astratti e interattivi che sfidano la percezione e stimolano la creatività. Munari credeva fortemente che l’arte e il design dovessero essere accessibili a tutti e che il processo creativo fosse un gioco aperto a chiunque. Nel corso della sua carriera, Munari ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Compasso d’Oro per il design industriale. In conclusione, Bruno Munari è stato un innovatore eclettico che ha attraversato con successo i confini tra l’arte, il design e l’educazione. La sua capacità di anticipare le tendenze future, il suo spirito sperimentale e il suo impegno per rendere l’arte accessibile a tutti hanno reso la sua opera duratura e influente nel panorama artistico e del design del XX secolo. Assai raro.

980 euro

19) DESIGN PRIME EDIZIONI LETTERATURA ARTE CONTEMPORANEA AVANGUARDIE

IMG_1433_clipped_rev_1Munari Bruno,

Biglietto di auguri 1961: Bruno Danese,

Milano, Piazza San Fedele, 1961

In oblungo 15,2×60 cm. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Quattro quadrati ripiegati con fori circolari con diametro differente ed appeso un dischetto metallico color oro. Bruno Munari, nato il 24 ottobre 1907 a Milano, Italia, fu un poliedrico artista, designer, sperimentatore visuale e scrittore. La sua influenza si estende attraverso diverse discipline, e la sua vita è stata un costante esplorare e sfidare i confini dell’arte e del design. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, Munari iniziò la sua carriera negli anni ’30 come pittore e scultore, affiliandosi al movimento futurista. Tuttavia, presto abbandonò le espressioni artistiche tradizionali per abbracciare un approccio più sperimentale e multidisciplinare. Durante gli anni ’40, Munari divenne una figura chiave nel campo del design grafico e industriale, lavorando con importanti aziende italiane come Olivetti e la Rinascente. Il suo approccio innovativo e la sua attenzione alla funzionalità e all’estetica contribuirono a definire il design italiano del dopoguerra. Uno dei suoi contributi più significativi è il “Manifesto per la Macchina Scritturale,” pubblicato nel 1942. In questo testo, Munari anticipò l’avvento delle macchine per scrivere e dei computer, sottolineando la necessità di adattare il design degli strumenti di scrittura alla nuova era tecnologica. Munari è stato un pioniere nella sperimentazione con nuovi materiali e tecnologie. Nel 1950, insieme a Enzo Mari e altri artisti, fondò l’Agence de Recherche pour la Technique Artistique (ARTA), un laboratorio per esplorare le potenzialità creative dei materiali moderni. Questo approccio sperimentale e ludico si riflette anche nei suoi libri per bambini, come “Il Libro illeggibile” (1949), in cui esplora la forma e la funzione del libro in modi inusuali. La sua passione per l’educazione e la divulgazione artistica lo portò a ideare i “libri illeggibili” e le “macchine inutili,” dispositivi astratti e interattivi che sfidano la percezione e stimolano la creatività. Munari credeva fortemente che l’arte e il design dovessero essere accessibili a tutti e che il processo creativo fosse un gioco aperto a chiunque. Nel corso della sua carriera, Munari ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Compasso d’Oro per il design industriale. In conclusione, Bruno Munari è stato un innovatore eclettico che ha attraversato con successo i confini tra l’arte, il design e l’educazione. La sua capacità di anticipare le tendenze future, il suo spirito sperimentale e il suo impegno per rendere l’arte accessibile a tutti hanno reso la sua opera duratura e influente nel panorama artistico e del design del XX secolo. Le sculture da viaggio di Bruno Munari, nate nel 1951, sculture pieghevoli nel 1958, prime sculture da viaggio in carta, lavori nati dalla voglia di creare biglietti di auguri di Natale e trasformati in vere e proprie strutture da montare con tanto di istruzioni dell’artista. Elementi capaci di dialogare con lo spazio circostante attraverso luci, forme e ombre, tanto affascinanti da essere riprodotti successivamente in versione più tradizionale. Le sculture da viaggio sono nate “per avere con sé, o per portare in una camera anonima d’albergo, un elemento della propria cultura. Munari così, sdrammatizza il valore dell’arte e in particolare della scultura, rendendola trasportabile e, nello stesso tempo, apre una riflessione profonda sull’importanza della cultura e dell’arte nella società: la scultura come elemento familiare che si carica di significati, di memoria, un punto di riferimento verso le proprie abitudini, le proprie conoscenze. Raro.

850 euro

20) SANTA TERESA ICONOGRAFIA PRIME EDIZIONI ILLUSTRATORI MIRACOLI MISTICISMO MISTICI DONNE SUORE

IMG_1368_clipped_rev_1IMG_1367_clipped_rev_1

IMG_1364_clipped_rev_1Van Westerhout Arnold,

Vita effigiata della Serafica Vergine S. Teresa di Gesu’ fondatrice dell’Ordine Carmelitano Scalzo dedicata all’Ill.ma et Eccellentissima Sig.ra la Sig.ra D. Ipolita Ludovisi Principessa di Piombino.

S. l., Van Westerhout, 1716.

In 4° (26×19,5 cm); (4), LXVII, (1 b.) cc. di tav. Legatura coeva in mezza-pelle scura con filetti e fregi in oro al dorso. Piatti foderati con carta marmorizzata coeva. Tagli rossi. Esemplare in buone condizioni di conservazione ad ampli margini. Prima edizione. Frontespizio, lettera dedicatoria, ritratto di Giovanni dalla Croce, ritratto di Santa Teresa più 67 tavole, il tutto inciso in rame. Importante opera incisoria del celeberrimo incisore e pittore originario di Anversa, Arnold van Westerhout or Arnoldo van Westerhout (Antwerp, 21 February 1651 – Rome, 18 April 1725), sulla vita di Santa Teresa fondatrice dell’Ordine delle Carmelitane Scalze. La sua carriera artistica fu segnata da una straordinaria abilità tecnica nell’arte dell’incisione e da una vasta produzione di opere che spaziavano dalla ritrattistica alle illustrazioni botaniche fino alle serie tematiche. Van Westerhout iniziò la sua formazione artistica ad Amsterdam, un importante centro culturale e artistico dell’epoca. La città olandese fornì al giovane artista l’opportunità di entrare in contatto con la ricca tradizione artistica locale, influenzata dalle opere dei grandi maestri del secolo d’oro olandese. La sua abilità nel disegno e il suo interesse per l’arte dell’incisione emersero precocemente durante gli anni di apprendistato. La prima menzione documentata della sua carriera risale al 1674, quando Van Westerhout divenne membro della Corporazione di San Luca ad Amsterdam, un’associazione di artisti. Questa affiliazione fornì a Van Westerhout una piattaforma per entrare a far parte della comunità artistica locale, incontrare colleghi e condividere idee con altri maestri incisori dell’epoca. La sua abilità tecnica nell’arte dell’incisione gli valse presto una crescente reputazione. Van Westerhout si specializzò in diverse tecniche di incisione, tra cui l’acquaforte e il bulino, dimostrando unaIMG_1365_clipped_rev_1 padronanza eccezionale nell’uso di strumenti specializzati per creare dettagli finemente incisi nelle sue opere. Una delle aree in cui Van Westerhout eccelse fu la ritrattistica incisa. Creò una serie di incisioni ritraenti figure di spicco dell’epoca, inclusi artisti, uomini di lettere e nobili. I suoi ritratti si distinsero per la loro precisione anatomica e per la capacità di catturare l’essenza e la personalità dei soggetti. La raffinatezza tecnica delle sue opere lo rese una scelta popolare tra coloro che desideravano ritratti incisi di alta qualità. Tuttavia, la fama di Van Westerhout si consolidò principalmente attraverso la sua notevole produzione di illustrazioni botaniche. Collaborò con importanti botanici e scienziati dell’epoca, tra cui Herman Boerhaave, contribuendo con le sue incisioni a pubblicazioni scientifiche e opere di divulgazione. Le sue rappresentazioni di piante erano caratterizzate da un dettaglio minuzioso e da una fedeltà scientifica, dimostrando una profonda comprensione della botanica. Uno dei progetti più significativi di Van Westerhout fu la collaborazione con il botanico Johann Jacob Dillenius per l’opera “Hortus Elthamensis”, pubblicata nel 1732. Questo lavoro conteneva una serie di incisioni botaniche di alta qualità, molte delle quali erano opera di Van Westerhout. Le illustrazioni erano accompagnate da dettagliate descrizioni scientifiche delle piante, sottolineando la sinergia tra arte e scienza nella sua produzione. La sua influenza si estese ben oltre i confini olandesi, contribuendo a consolidare la reputazione dell’Olanda come centro di eccellenza nelle arti grafiche. Van Westerhout non solo contribuì all’evoluzione dell’arte incisoria, ma anche alla diffusione della conoscenza botanica attraverso le sue illustrazioni dettagliate e accurate. Arnold van Westerhout morì nel 1725, ma la sua eredità artistica e scientifica ha resistito nel tempo. Fin dal 1679 si trasferì a Venezia dove lavorò con Giovanni Palazzi (1640–1703) in collaborazione con i suoi colleghi incisori di Anversa Pieter van Sickeleers e Cornelis van Merlen. Ma è con il suo trasferimento a Roma nel 1681 che ottenne un notevole successo, divenendo in pochi anni uno dei più importanti e ricercati incisori d’Europa. L’opera ripercorre la vita ed i miracoli di Santa Teresa di IMG_1366_clipped_rev_1 (1)Gesù, conosciuta anche come Santa Teresa d’Avila, è stata una monaca carmelitana, mistica e riformatrice spagnola del XVI secolo. Nata il 28 marzo 1515 a Gotarrendura, Spagna, con il nome di Teresa Sánchez de Cepeda y Ahumada, mostrò fin da giovane una profonda devozione religiosa. Entrata nel monastero carmelitano di Santa Maria della Grazia a 20 anni, Teresa presto iniziò a sperimentare visioni mistiche e estasi divine. Nel tentativo di riformare l’ordine carmelitano, fondò il monastero di San Giuseppe ad Avila nel 1562. La sua visione era quella di ritornare alla pratica ascetica e contemplativa originaria del Carmelo. Santa Teresa scrisse numerose opere spirituali, tra cui il suo celebre “Autobiografia”, in cui descrisse le sue esperienze mistiche e la sua profonda unione con Dio. Fu anche autrice di capolavori come “Il Castello Interiore” e “Il Cammino di Perfezione”, opere che riflettono il suo impegno per la preghiera e la vita spirituale. La vita di Santa Teresa è stata caratterizzata da numerosi miracoli attribuiti alla sua intercessione divina. Si dice che abbia compiuto miracoli di guarigione, di “resuscitazione” e bilocazione. In uno degli episodi più noti, avrebbe guarito miracolosamente una suora gravemente malata con un solo segno di croce. Canonizzata nel 1622, Santa Teresa di Gesù è stata dichiarata Dottore della Chiesa nel 1970 da Papa Paolo VI. Il suo contributo alla spiritualità cristiana e la sua eredità mistica continuano a influenzare milioni di persone in tutto il mondo, con numerosi fedeli che la venerano come patrona dei malati e degli studiosi. La festa di Santa Teresa è celebrata il 15 ottobre, un giorno in cui la Chiesa cattolica commemora la sua vita e i suoi insegnamenti. Ottimo esemplare con buoni margini. Rif. Bib.: esemplare identico a quello digitalizzato della Sheridan Libraries; Le Blanc e Nagler riportano solo una serie di 52 fogli.IMG_1363_clipped_rev_1

1.500 euro

21) FARMACIA FARMACOPEA VELENI TERIACA THERIACA ANIMALI VELENOSI MEDICINA GRECO COLOFONE

 IMG_1260_clipped_rev_1

IMG_1259_clipped_rev_1Nicander Colophonius, Eutecnius,

Nikandrou Theriaka kai Alexipharmaka Nicandri Theriaca et Alexipharmaca. Ioannes Gorrhaeus Latinis versibus reddidit Italicis vero qui nunc primum in lucem prodeunt Ant. Mar. Salvinius. Accedunt variantes codicum lectiones, selectae adnotationes, et Graeca EutecnI Sophistae Metaphrasis ex codicibus Mediceae, & Vindobon. Bibliothecae descripta ac nondum edita curante Ang. Mar. Bandinio I.V.D. S.C.M. Regio Mediceae Bibliothecae et pub. Marucellianae praefecto.

Firenze, ex Officina Mouckiana, 1764 (Impressum Florentiae, quam diligentissime in aedibus Mouckianis anno 1764. die 7. mensis septembris in pervigilio nativitatis Deiparae feliciter)

In 8°; (8), 376, (2) pp. Legatura coeva in piena pelle maculata con dorso a 5 nervi e titolo e ricchi fregi in oro al dorso. Qualche mancanza di pelle ma legatura salda e all’interno opera in ottime condizioni di conservazione. Tagli Rossi. Questa è la prima edizione con il testo in greco, latino e italiano di due dei più celebri scritti poeta greco Nicander Colophonius (Nicandro di Colofone, città anticamente situata tra Efeso e Smirne, ca. 250-170 a.C.), Theriaka e Alexipharmaka. Nicandro di Colofone, un antico poeta e medico greco, ha contribuito significativamente al mondo della medicina con la sua opera dedicata alla “therica”. La “therica” era una composizione farmacologica complessa, ampiamente utilizzata nell’antichità per affrontare avvelenamenti da serpenti e altre malattie. L’opera di Nicandro, rinomata per la sua completezza e precisione, rappresenta una pietra miliare nella storia della medicina greca. Il trattato di Nicandro sulla “therica” è un documento prezioso che offre un’analisi approfondita delle erbe e degli ingredienti utilizzati nella preparazione di questa medicina. Egli fornisce dettagli sullIMG_1258_clipped_rev_1e proprietà medicinali di ogni componente, offrendo una guida esaustiva per i medici dell’epoca. La sua attenzione ai dettagli testimonia una profonda conoscenza delle erbe e delle sostanze chimiche disponibili nell’antichità, dimostrando la sua competenza sia come medico che come studioso. Nicandro non si limita a fornire istruzioni sulla preparazione della “therica”, ma esplora anche il suo uso e la sua efficacia nel trattamento di varie condizioni mediche. La sua opera riflette la comprensione sofisticata della relazione tra piante medicinali e salute umana, anticipando concetti che sono stati sviluppati e raffinati nei secoli successivi. Inoltre, l’opera di Nicandro ha lasciato un’impronta duratura sulla tradizione medica greca e successivamente sulla medicina romana. Le sue raccomandazioni erano spesso citate e seguite da altri medici dell’epoca, testimoniando l’influenza duratura della sua opera. In conclusione, l’opera di Nicandro di Colofone dedicata alla “therica” rappresenta un contributo fondamentale alla storia della medicina antica. La sua meticolosa analisi delle erbe e delle sostanze utilizzate nella preparazione di questa medicina riflette la sua profonda competenza e influenza duratura sulla pratica medica dell’antichità. La seconda opera trattata è ‘”Alexipharmaka” di Nicandro di Colofone. Essa è un trattato antico che affronta il tema degli antidoti contro i veleni. Quest’opera, composta nel II secolo a.C., offre una guida preziosa contro le minacce di avvelenamento, un timore diffuso in un’epoca in cui la conoscenza delle sostanze tossiche era limitata. Nicandro, medico e poeta, combina saggezza medica con l’eleganza poetica, fornendo consigli pratici e descrivendo rimedi provenienti da piante e sostanze naturali. L'”Alexipharmaka” è una testimonianza della sofisticata comprensione medica dell’antichità, offrendo uno sguardo affascinante sulle strategie per affrontare i pericoli avvelenati del passato. Rif. Bibl.: IT\ICCU\UBOE\008704.

250 euro

22) RINASCIMENTO NEOPLATONISMO MOVIMENTO NEOPLATONICO MISTICISMO AMORE STILNOVO CAVALCANTI FIRENZE PRIME EDIZIONI RARITA’ BIBLIOGRAFICA DONNE

IMG_0356_clipped_rev_1Paolo del Rosso,

Comento sopra la canzone di Guido Cavalcanti. Di f. Paolo del Rosso cavaliere de la religione di S. Gio. Battista & accademico fiorentino.

In Fiorenza, appresso Bartolomeo Sermartelli, 1568 (In Fiorenza, appresso Bartolomeo Sermartelli, 1568)

In 12°; 167 (ma 157), (1 b.) pp. Legatura seicentesca in piena pergamena semi-floscia parlata al dorso da bella grafia. Un tarletto al margine interno bianco delle prime due carte, ininfluente. Antica nota di possesso settecentesca all’ultima carta “G. Ciaccheri” (forse Giuseppe Ciaccheri). Antica nota ottocentesca al recto della carta di sguardia con la data ed il luogo di acquisto del volume “gno 23 febbr. 1884. Dal Franchi”. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Al frontespizio impresa tipogr. con tartaruga che porta sul dorso una vela con giglio fiorentino e motto ”festina lente”. L’opera si apre con la dedica a Cosimo de Medici. Segue poi, su tre facciate la celeberrima composizione di Guido Cavalcanti “Donna mi prega”. In fine sono presenti le lettere del commentatore ad Alessandro Nasi, G. B. Deti, G. A. Adimari ed il discusso e controverso sonetto di Guido Orlandi ”in nome d’una Donna”. L’opera qui presentata è la prima rara edizione di uno dei commenti più celebri del componimento stilnovista e neoplatonista di Guido Cavalcanti “Donna mi prega”, scritto dal grande letterato e traduttore fiorentino, Paolo Del Rosso (Firenze, 1505 – Firenze, 13 gennaio 1569). “Donna mi prega” di Guido Cavalcanti, è uno dei capolavori poetici del Rinascimento italiano, un componimento che si distingue per la sua profonda riflessione sull’amore e sulla condizione umana. Scritta nel XIII secolo, questa poesia è considerata una dei massimi risultati del movimento stilnovista, per la ricerca di nuove espressioni poetiche atte ad esprimere i complessi sentimenti legati all’amore. Cavalcanti, poeta fiorentino e amico di Dante Alighieri, contribuì in modo significativo a questo movimento, lasciando un’impronta indelebile nella storia della letteratura italiana. “Donna mi prega” è una poesia ricca di IMG_0357_clipped_rev_1significato simbolico tanto da essere stata amata dai neoplatonisti.. Il poeta si rivolge a Dio, descrivendo il dialogo tra l’anima e la divinità. Il tema centrale è l’amore, ma non l’amore terreno tra uomo e donna; piuttosto, l’amore spirituale e la ricerca della salvezza dell’anima. Il poeta, attraverso le parole della donna, si pone di fronte alle profondità dell’esistenza umana e cerca di comprendere il significato ultimo dell’amore divino. La donna che prega il poeta è un simbolo dell’anima in cerca di orientamento e salvezza. Il poeta, a sua volta, rappresenta l’uomo in cerca di risposte agli interrogativi fondamentali della vita. La donna si rivolge a Dio con una preghiera, esprimendo il desiderio di raggiungere la salvezza attraverso l’amore divino. Cavalcanti trasmette la tensione tra il divino e l’umano, mettendo in luce la complessità dell’esperienza spirituale. La poesia esprime il desiderio dell’amante di essere guidato dalla sua donna, non solo nell’amore terreno, ma anche verso una comprensione più elevata della realtà. Il neoplatonismo, influenzato dalle idee di Platone, sosteneva che il mondo sensibile riflettesse solo un’ombra dell’assoluto, e che attraverso l’amore e la contemplazione, l’anima potesse elevarsi verso il divino. In “Donna mi prega”, l’amore cortese diventa il veicolo attraverso il quale l’anima può aspirare a una connessione più profonda e spirituale. La donna nell’opera rappresenta l’oggetto dell’amore e la guida verso la conoscenza superiore. La lirica riflette la tensione tra la bellezza terrena e la ricerca di un significato più alto, collegando il sentimento amoroso alla filosofia neoplatonica dell’ascensione dell’anima verso la verità eterna. Questa fusione di amore e filosofia caratterizza la poesia di Cavalcanti, evidenziando il suo contributo alla tradizione neoplatonica nel contesto della letteratura italiana. La poesia è scritta in una forma metrica rigorosa, con rime incrociate e una struttura ben definita, tipica dello stile poetico dell’epoca. Questa precisione formale aggiunge una dimensione di bellezza e armonia alla poesia, enfatizzando la serietà del tema trattato. La lingua utilizzata da Cavalcanti è elevata e ricercata, conferendo alla poesia un tono solenne e mistico. Uno degli elementi più affascinanti di “Donna mi prega” è la complessità delle emozioni espresse dal poeta. Da un lato, c’è la tensione e l’angoscia di fronte alle profondità dell’esperienza umana e spirituale; dall’altro, c’è la speranza e la ricerca di una comprensione più profonda del divino. Questa dualità si riflette nelle parole della donna, che IMG_0358_clipped_rev_1esprimono un desiderio di amore e redenzione, ma anche una consapevolezza della fragilità umana. Nell’articolo scritto da Simona Foà dedicato a Paolo Del Rosso nel Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 38 (Treccani 1990) si legge: “In questi anni in Francia un gruppo abbastanza numeroso di Fiorentini, anche in questo caso per la – maggior parte esuli dai tempi di Alessandro de’ Medici, aveva formato una colonia piuttosto importante, sia politicamente sia culturalmente. Fra le figure principali di questo gruppo vi erano i due figli di Filippo Strozzi, Piero e Leone, al servizio dei quale si pose il Del Rosso. Leone, che era divenuto nel 1536 capitano delle galee dell’Ordine gerosolimitano di Malta, era passato alla morte del padre al servizio del re di Francia. Non si hanno documenti che attestino la data precisa dell’inizio dei rapporti fra Leone e il D., ma possiamo situarla all’incirca intorno agli anni 1542-43. Al seguito dello Strozzi, il D. divenne cavaliere gerosolimitano e viaggiò, fra gli anni 1546 e 1552, più volte attraverso il Mediterraneo, combattendo anche contro i Turchi. Sono del 1548 un gruppo di lettere conservate presso l’Archivio di Stato di Firenze, scritte a Marsiglia, attraverso le quali viene chiarito in maniera abbastanza precisa il tipo di rapporti che intercorrevano fra il D. e lo Strozzi. In esse il D. nomina quest’ultimo suo “patrono”, e per lui si interessa ad una fornitura di armi che sarebbe dovuta giungere da Antonio da Gagliano residente a Lione, a cui sono indirizzate le lettere. Negli anni fra il 1546 e il 1552 interruppe probabilmente l’attività di scrittore, a parte la produzione di alcune poesie occasionali, per dedicarsi ai viaggi ed alle imprese militari al seguito dei cavalieri gerosolimitani: “…essendo stato per Mare per terra più volte per tutta Italia la Francia la Spagna, l’Inghilterra l’Iscozia il Portogallo Costantinopoli, e quasi in tutte le parti d’Oriente, e d’Occidente…” ricorda Ilario Zampalochi nella “Lettera consolatoria … mentre si ritrovava in carcere”. Fu proprio alla fine di uno di questi viaggi per mare sulle galee degli Strozzi che, a Trapani, fu fatto prigioniero non si sa bene per quale motivo. Rimesso quasi subito in libertà, giunse a Roma nell’anno seguente “per negotij et legationi honorate et importanti alla vostra Religione Hierosolimitana” (ibid.). Cosimo, che lo conosceva come nemico del suo governo e come segretario della famiglia Strozzi, ritenne giunto il momento di farlo prigioniero. Sfruttando la IMG_0359_clipped_rev_1debolezza del papa Giulio III nei suoi confronti, richiese a quest’ultimo la cattura e la consegna nelle mani della giustizia medicea del Del Rosso. Nel luglio 1553 il D. passò da Roma a Firenze e quindi, per alcuni indizi che erano sorti contro di lui riguardo una congiura antimedicea cui avrebbe partecipato, fu condannato a vita a stare rinchiuso nella torre di Pisa. Fino a circa il 1560 dovette patire un regime carcerario piuttosto duro. In seguito, dopo diverse suppliche fatte al duca, poté avere libri e corrispondere con gli amici fuori dal carcere; fino alla fine della detenzione, nel 1566, passò il tempo studiando gli autori toscani e quelli classici. Sempre durante la prigionia scrisse poesie, tradusse i Salmi di Davide, il Trattato dell’anima di Aristotele, e ridusse in terza rima i concetti fondamentali della Fisica di Aristotele. Quest’ultima opera venne pubblicata postuma nel 1578 a Parigi, a cura di lacopo Corbinelli. Dal carcere riuscì comunque a seguire gli avvenimenti più importanti della vita fiorentina, e nel 1564 pubblicò alcuni versi nel volume uscito in occasione, della morte di Michelangelo. Nel gennaio del 1566 venne finalmente liberato per grazia del granduca Cosimo. In questo stesso anno riuscì ad entrare a far parte della più importante e prestigiosa istituzione culturale della città, l’Accademia Fiorentina.”. Prima edizione in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: IT\ICCU\CFIE\000183.

1.600 euro

23) UMANESIMO LETTERATURA ITALIANA PRIME EDIZIONI ARTE VENATORIA CACCIA HUNTING

 IMG_1315_clipped_rev_1

IMG_1314_clipped_rev_1Angeli Pietro,

Petri Angelii Bargaei Poemata omnia, diligenter ab ipso recognita. Quorum catalogorum versa pagina indicabit,

Romae, ex typographia Francisci Zannetti, 1585

In 4°; (16), 124 (i.e. 424) pp. e (16), 179, (1) pp. Legatura seicentesca di recupero in pergamena floscia. Tagli azzurri. Qualche minima macchiolina di foxing in poche carte e nel complesso esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Vignetta calcografica ai due frontespizi con immagine di un cervo sdraiato con un granchio fra i denti, sul terreno altri granchi ed in alto un cartiglio con il motto “Membris agit atra venena”. Testate, iniziali e finalini xilografici e incisione a piena pagina di Aliprando Caprioli a carta 2✝4v. La prima parte contiene il Cynegeticon, vel De venatione, Ixeuticon, vel De auspicio, Epithalamium, Eclogae (Damon, Glyce, Evagee, Varchius), Epistolarum, Carminum. La seconda parte si apre con la lettera dededicatoria dell’autore a Papa Sisto V e ad Enrico III di Francia e Polonia e a sua madre Caterina de’ Medici, segue poi il Syriados. Prima edizione della più bella e completa edizione dell’opera del celebre umanista toscano, Pietro degli Angeli, nome umanistico Pier Angelio Bargeo, (Barga in provincia di Lucca, 22 aprile 1517 – Pisa, 29 febbraio 1596). Studente di giurisprudenza sotto Ugo Boncompagni (il futuro papa Gregorio XIII) a Bologna e lettere con Romolo Quirino Amaseo. Dopo aver prestato servizio presso diverse eminenti personalità come Guillaume Pellicier, ambasciatore del re di Francia, Antonio Polin a Costantinopoli e Alfonso d’Avalos marchese del Vasto, andò ad insegnare latino e greco a Reggio Emilia, fino al 1549 quando si spostò a Pisa, dove fu professore di belle lettere per 17 anni. Nel 1575 ebbe la cattedra di etica e politica di Aristotele a Roma, presso il cardinale Ferdinando de’ Medici. Ottenne, infine, una pensione dal Re di Francia Enrico III al quale anche questa edizione è, in parte, dedicata. Da ricordarsi che tale era la sua fama che Torquato Tasso lo scelse nel 157, insieme ad altri letterati, per avere un parere, sulla sua Gerusalemme Liberata. Poeta diIMG_1317_clipped_rev_1 squisito per finezza e abilità, fu in contatto con la maggior parte dei letterati del suo tempo. Il suoi scritti sull’arte venatoria sono considerati come alcuni dei più riusciti mai scritti. In essi si descrive la caccia in generale, quella con la falconeria, quella con le armi, si descrivano gli animali, i cani al lavoro ed anche i vestiti dei cacciatori. Scrive Alberto Asor-Rosa nella voce dedicata ad Angeli nel “Dizionario Biografico degli Italiani” (Treccani, Volume 3, 1961): “L’identità, o quasi, del soggetto della Siriade con quello della Gerusalemme liberata, la prossimità cronologica della loro composizione, i rapporti intercorsi tra i due poeti, hanno fatto sorgere un problema di priorità, che peraltro si può considerare oggi persuasivamente risolto. La Siriade fu iniziata quando la composizione della Gerusalemme era già molto avanti: è escluso quindi che il Tasso abbia tratto ispirazione da essa; d’altra parte, quando l’A. pose mano al suo poema, la Gerusalemme non era stata ancora divulgata: è probabile quindi che l’idea dell’opera nascesse in maniera originale nella mente dei Bargeo. Le due opere sono dunque indipendenti. […] Tra il 1584 e il 1585 l’A. rivide e corresse il Cynegeticon, l’Ixeuticon,e tutte le sue liriche, dando poi alle stampe la raccolta completa delle sue opere poetiche, esclusi quei versi, soprattutto giovanili, che potessero avere sospetto di lascivie amorose (Poemata Omnia diligenter ab ipso recognita, Romae 1585).”. Ceresoli, 50: “È l’edizione più bella e completa del Bargeo. Le due parti hanno ciascuna il proprio titolo frontespizio. Il poema Syriados, che non ha a che vedere con la caccia, è qui rappresentato dai primi sei libri”. Rif. Bibl.: Adams A1104; Pettas 247; ICCU IT\ICCU\UM1E\009731; Kreysig, 143; Souhart, 13 e 14; Renault e Sassi, 14; Ghidini, 636; Choix, 11670 e 11672; Ceresoli, 50.IMG_1316_clipped_rev_1

1.600 euro

24) LINGUA EBRAICA GRAMMATICA EBRAICA LINGUISTICA LINGUE SEMITICHE SEMITISTICA SEMITIC STUDIES

 

IMG_0346_clipped_rev_1IMG_0347_clipped_rev_1

IMG_0343_clipped_rev_1Cinquarbres Jean,

De re grammatica Hebraeorum opus, in gratiam studiosorum linguae sanctae methodo quàm facilima conscriptum, authore Iohanne Quinquarboreo Aurilacensi, … Tertia & postrema aeditio cum authoris locuplete diligentique recognitione.

Parisiis, apud Martinum Iuuenem, sub insigni D. Christophori, è regione gymnasij Cameracensium, 1556

In 4°; 190, (2) pp. Legatura coeva in pergamena molle. Titolo manoscritto al dorso da abile mano coeva. Piccoli difetti alla pergamena del dorso ma nel complesso, esemplare in ottime condizioni di conservazione. Terza edizione di una delle più celebri grammatiche ebraica del cinquecento scritto dal noto ebraista francese, Jean III (de) Cinquarbres, o Jean (de) Cinq-Arbres, dalIMG_0344_clipped_rev_1 nome latino Johannes Quinquarboreus, nato ad Aurillac intorno al 1514 e morto nel 1587. L’autore fu borsista al collegio Fortet di Parigi, di cui fu poi direttore (fra l’altro tale collegio era stato fondato da un suo antenato). Jean III Cinquarbres studiò lingue orientali con François Vatable e nel 1554 divenne professore di ebraico e siriaco al Royal College (attuale Collegio di Francia), di cui morì decano nel 1587. Nel 1546 compose una grammatica ebraica che ebbe da subito notevole successo, tanto da esseere riedita nel 1549. L’opera ebbe poi numerose riedizioni nel XVI secolo. E’ noto anche per aver pubblicato una traduzione latina del Targum Jonathan di Jonathan ben Uzziel, un’edizione riveduta e commentata della traduzione del Vangelo di Matteo di Sebastian Münster, un’edizione commentata della Tavola sulla grammatica ebraica di Nicolas Clénard e infine una traduzione latina di diversi testi di Avicenna. Questa terza edizione è una delle più rare, assai più rara della prima del 1546 e della seconda del 1549. Rif. Bibl.: IT\ICCU\BVEE\002039.

800 euro

25) POESIA DIALETTALE VERNACOLO PADOVANO PADOVA EDIZIONI RARE LETTERATURA LOCALE ACCADEMICI ACCADEMIA DEGLI INFIAMMATI

IMG_0361_clipped_rev_1 IMG_0362_clipped_rev_1

IMG_0360_clipped_rev_1Maganza Giambattista, Thiene Marco, Rava Agostino,

La prima-Seconda-Terza-Quarta parte, De le rime di Magagnò, Menon, e Begotto in Lingua Rustica Padovana con molte additioni aggiuntovi; corrette, & ristampate. Et Col Primo Canto fi M. Ludovico Ariosto nuovamente Tradotto.

In Venetia, Appresso Giorgio Bizzardo, 1610

In 8° piccolo, quattro parti rilegate in un volume: 72 cc., 76 cc., 80 cc., 127 cc. Legatura coeva in piena pergamena molle. Piccoli difetti. Piccoli forellini al margine esterno delle prime tre carte, ininfluente e per il resto, nel complesso, esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione.IMG_0363_clipped_rev_1 Titolo chiosato al dorso da mano leggermente posteriore. Ogni parte presenta un frontespizio a sé stante. Prima edizione completa delle quattro parti di questa celebre raccolta di componimenti in dialetto padovano. Si legge nella “Biografia degli scrittori padovani”: “Agostino Rapa, prete secolare vicentino, Gio. Battista Maganza, e Bartolommeo Rustichello, concittadino del Rapa, scrissero nel dialetto rustico padovano, e tutti tre nascosero i proprii nomi sotto quelli di Menon il primo, di Magagnò il secondo, e Begotto il terzo. Le loro rime a stampa, che ci restano, vanno unite” (Vedova). Maganza fu poeta e pittore a Venezia, allievo di Tiziano, e membro dell’Accademia degli Infiammati. La prima edizione della sola prima parte di questa raccolta di rime uscì nel 1558 a Padova. Seguirono diverse edizioni delle singole parti. G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, Padova 1832, vol. I, pp. 544-550 (per l’elenco delle edizioni, in particolare pp. 546-550). Questa edizione del 1610 è considerata tra le più corrette e complete ed è assai rara. Una seconda edizione che riprendeva, almeno in parte, questa edizione uscì nel 1620. Rif. Bibl.: ICCU IT\ICCU\TO0E\003544.

1.200 euro

26) ANATOMIA IMBALSAMAZIONE TASSIDERMIA WUNDERKAMMER AUTOBIOGRAFIE PAVIA SCAPIGLIATURA SCAPIGLIATI CONCONI

IMG_0449_clipped_rev_1Gorini Paolo,

Paolo Gorini – Autobiografia,

Roma, Dossi, Pirelli e Levi editori, 1881

In 8° grande; 105, (3) pp. Brossura editoriale illustrata dal celebre pittore ed architetto milanese, Luigi Conconi (Milano, 30 maggio 1852 – Milano, 23 gennaio 1917) fra i massimi esponenti del movimento della Scapigliatura, come da nota manoscritta di Giulio Bariola. Due piccole pecette di rinforzo al margine basso ed alto del dorso, un leggerissimo alone di polvere al margine alto del piatto anteriore e per il resto esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Esemplare appartenuto al noto critico d’arte, docente a Pavia e direttore delle Gallerie Estensi di Modena Giulio Bariola, del quale Federico Zeri scrisse: “Gli uomini intelligenti si dividono in due categorie: quelli che parlano e scrivono, e quelli che parlano soltanto. […] Di ingegni parlanti e poco o nulla scriventi ne ho conosciuto uno, Giulio Bariola”. Oltre agli incarichi istituzionali, Giulio Bariola, fu anche, figura di primo piano del panorama culturale italiano e Socio corrispondente della R. Deputazione di storia patria per le province modenesi (1928-29), Membro effettivo della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena (1928-29), Socio effettivo della R. Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena (1931-32), Socio corrispondente dela R. Deputazione di storia patria per le province emiliane (1932-33). Alcune note bibliografiche dello stesso Bariola al recto del piatto anteriore. Alla fine del volume è posta la bibliografia delle opere del Gorini. Leggere tracce di sporco, qualche lieve difetto ma nel complesso prima rara edizione completa della brossura originale di questa autobiografia del celeberrimo anatomista, matematico ed imbalsamatore italiano, Paolo Gorini (Pavia, 28 gennaio 1813 – Lodi, 2 febbraio 1881). Gorini fu noto per i suoi contributi pionieristici nel campo della conservazione dei corpi. Nato a Lodi, Italia, Gorini dimostrò fin da giovane un eccezionale interesse per la scienza e l’anatomia. Nel corso degli anni, acquisì una reputazione di esperto anatomista, lavorando come docente presso l’Università di Pavia. La sua fama raggiunse l’apice grazie alle sue innovazioni nell’imbalsamazione. Gorini sviluppò tecniche rivoluzionarie che migliorarono notevolmente la conservazione dei corpi, rendendoli più duraturi e realistici. La sua invenzione più famosa fu una soluzione chimica a base di cloruro di zinco, che sostituì i metodi tradizionali di imbalsamazione. Questo contributo alla scienza funeraria lo rese un pioniere nel campo, influenzando pratiche e studi successivi. La sua passione per la ricerca e la conservazione lo portò anche a creare un museo anatomico personale a Lodi, che attirò l’attenzione di studiosi di tutto il mondo. Gorini non solo si distinse per le sue abilità pratiche, ma anche per il suo impegno nell’educazione scientifica. Contribuì alla formazione di numerosi studenti, condividendo la sua conoscenza e il suo entusiasmo per la scienza. Paolo Gorini trascorse gran parte della sua vita dedicandosi alla ricerca anatomica e alla promozione delle sue tecniche di imbalsamazione. Morì nel 1881, ma il suo lascito vive attraverso le pratiche che ha introdotto nel campo dell’imbalsamazione e nei contributi alla comprensione della conservazione anatomica. La sua eredità continua a influenzare l’ambito scientifico e la pratica dell’imbalsamazione ancora oggi. Non comune.

150 euro

27) GIOCHI GIUOCHI GAME PRIME EDIZIONI ILLUSTRATORI FIRENZE TOSCANA

IMG_1358_clipped_rev_1 (1)IMG_1356_clipped_rev_1IMG_1355_clipped_rev_1IMG_1360_clipped_rev_1 (1)IMG_1359_clipped_rev_1IMG_1362_clipped_rev_1

IMG_1361_clipped_rev_1Piattoli Giuseppe,

Giuochi, trattenimenti e feste annue disegnati da Giuseppe Piattoli per Niccolò Pagani e Giuseppe Bardi

Firenze, 1790

In folio oblungo; frontespizio e 20 (di 24 tavole, mancano le tavole 1, 6, 7, 23). Ogni tavola è incorniciata entro bella carta di Varese settecentesca magnificamente acquerellata a colori. Le tavole, ognuna colorata da mano coeva, sono leggermente ed uniformemente ossidate per una probabile continua e duratura esposizione alla luce come sembrano suggerire anche le cornici in carta di Varese. Ogni tavola presenata nel margine inferiore il nome del gioco rappresentato con un divertente proverbio che ne illustra le caratteristiche. Sulla lapide presente al frontespizio si legge “Lieti così della città di Flora passano i figlio in giuoco i più verd’anni, cresce la robustezza, e degli affanni il crudel peso un bel piacer ristora”. Giuseppe Piattoli, nato il 22 settembre 1735 a Reggio Emilia, è stato uno dei più eminenti pittori e incisori italiani del XVIII secolo. La sua vita e la sua carriera artistica sono state caratterizzate da un eccezionale talento, una vasta gamma di competenze artistiche e una profonda influenza sulla scena artistica del suo tempo. Da giovane, Piattoli dimostrò un precoce interesse per l’arte e ricevette la sua formazione presso la locale Accademia di Belle Arti. La sua abilità nel disegno e la sua creatività emergente attirarono l’attenzione dei maestri più anziani, aprendogli le porte ad un mondo artistico in rapida evoluzione. Trascorse alcuni anni a Bologna, una città con un vibrante ambiente artistico, dove fu influenzato dalle opere di artisti come Guido Reni e Francesco Solimena. Il vero punto di svolta nella carriera di Piattoli fu il suo interesse per l’arte incisoria. Durante il periodo trascorso a Bologna, si avvicinò alle tecniche incisorie, apprendendo dai maestri incisori dell’epoca. La sua padronanza della tecnica e la sua sensibilità artistica lo resero presto un maestro nell’arte della xilografia e dell’acquaforte. Le sue incisioni divennero famose per la precisione e la profondità espressive, catturando l’attenzione di collezionisti e critici d’arte. Nel 1762, Piattoli ritornò a Reggio Emilia e aprì uno studio dedicato all’arte incisoria. La sua attività divenne un punto di riferimento per giovani artisti aspiranti, desiderosi di apprendere le complesse tecniche dell’incisione. La sua influenza si estese ben oltre i confini della sua città natale, contribuendo a diffondere l’apprezzamento per l’arte incisoria in tutta Italia. In particolare la vivacità di colori con la quale le sue incisioni venivano presentate ne sancirono il successo. In un’epoca in cui la maggior parte delle stampe erano in bianco e nero, Piattoli si specializzò nella realizzazione di collezioni tematiche di stampe ispirate alla vita di tutti i giorni, spesso in finissima e vivacissima coloritura. Questa innovazione gli valse grande riconoscimento e contribuì a consolidare la sua reputazione come uno dei principali maestri dell’arte incisoria in Europa. Le opere di Giuseppe Piattoli spaziavano da ritratti incisi a vedute di città, da scene mitologiche a composizioni religiose, da scene di vita popolare ai giochi infantili. Una delle sue serie più celebri è proprio la serie che qui presentiamo che descrive i giochi tipici che i fanciulli della toscana erano soliti mettere in atto. Le ambientazioni delle tavole variano dai salotti alle scene campestri ed i personaggi dai popolani alla nobiltà toscana. Piattoli non si limitò solo all’arte incisoria; la sua abilità pittorica gli valse anche una solida reputazione nel mondo della pittura. I suoi dipinti, spesso caratterizzati da uno stile luminoso e ricco di dettagli, venivano apprezzati sia per la loro bellezza visiva che per la loro profondità concettuale. La sua carriera fu segnata da una serie di commissioni prestigiose da parte di nobili e istituzioni culturali. Nel corso degli anni, Piattoli lavorò anche in collaborazione con altri artisti e intellettuali dell’epoca, contribuendo a progetti artistici collettivi e arricchendo il dialogo artistico e culturale del suo tempo. Giuseppe Piattoli morì il 10 marzo 1802 a Reggio Emilia, lasciando un’eredità duratura nel mondo dell’arte. La sua influenza sull’arte incisoria si estese ben oltre la sua vita, e la sua abilità nel fondere tecnica e creatività lo colloca tra i maestri più significativi del XVIII secolo.

10.000 euro

28) ALPI MONTAGNA SVIZZERA ALPINISMO POESIA PRIME EDIZIONI RARITA’ BIBLIOGRAFICHE BERNA

IMG_9854_clipped_rev_1IMG_9853_clipped_rev_1

IMG_9856_clipped_rev_1Haller Albrecht von,

Versuch von Schweizerischen Gedichten. Zweyte vermehrte und veränderte Auflage.

Bern, Niclaus Emanuel Haller, 1734

In 8° (18,5×11,4 cm); (2 antiporta figurata, incisa da J. Grimm che riproduce un paesaggio alpino svizzero ideale ispirato dall’opera di Haller con il suonatore di corno delle Alpi riposato sotto un albero e le cime coperte dai ghiacciai, popolate solo da camosci), (10), (2 il ritratto di Haller inciso da Isaak von Steiger e David Herrliberger), 114, (2 b.), 24, (2) pp. Tutte le copie censite che abbiamo potuto visionare, differiscono dal nostro esemplare per il numero di pagine. Xilografia animata al frontespizio. Testatine e finalini, alcuni animati. Bellissima ed elegante legatura coeva in cartoncino rigido foderato con magnifica carta a motivi floreali in oro e con coloritura a mano in rosso e toni verdi, qualche lieve strappetto e segno del tempo ma nel complesso in buone condizioni di conservazioneTagli spruzzati in rosso. Alla prima carta bianca antica nota di proprietà settecentesca “Sol. Wolphij, 1736, Nunc Conradi Suizeri V. D. M.”. Ritratto di Haller inciso di Isaak von Steiger da David Herrliberger. All’ultima carta bianca, in bellissima grafia antica, una nota bibliografica ed un componimento poetico. Haller finanziò in anticipo la stampa di questa seconda edizione. Nel 1736 commissionò altre due stampe di questa edizione speculando, probabilmente, sul crescente successo del volume e sull’aumento di richieste dello stesso, non a caso, mantenendo, sul frontespizio, la data del 1734 anche per l’edizione del 1736 che però vede aggiunte, prima dell’ultima carta di errata, altri componimenti. L’edizione in nostro possesso dovrebbe essere la prima stampa della seconda edizione vera e propria, notevolmente aumentata rispetto alla prima edizione del 1732. Anche di questa edizione, come della prima, vennero tirate pochissime copie. Una delle seconde tirature della prima edizione vide le 138 pagine di testo numerate con numerazione susseguente e non come nel nostro esemplare con il famoso distacco fra le 114 pagine e le 24 pagine stampate secondo la tradizione bibliografica, a parte. Fra gli esemplari della seconda edizione stampati con nel 1734 vi sono variazione nelle pagine non numerate poste all’inizio ed alla fine del volume ma solitamente, queste differenze sono dovute al fatto di come sono rilegate queste pagine e a come sono valutate le tavole fuori testo, alcune volte contate in numerazione ed altre no. Sembra che in questa edizione, il componimento Sull’origine del male presente dopo pagina 114, sia stato stampato singolarmente a Berna ma che questa parte venne tirata con un tale numero di errori che Haller fu costretto a correggere il testo a mano allegando un foglio a parte, alla fine delle copie. All’inizio del componimento Sull’origine del male è presente una bella testatina animata con una bella veduta di una cascata. All’interno delle ultime 24 pagine con numerazione a se, sono presenti numerose note a matita a lato del testo, nell’ultima carta, come già detto, a china, una nota bibliografica antica ed un componimento poetico in ultima facciata, in lingua tedesca. Albrecht von Haller (Berna, 16 ottobre 1708 – Berna, 12 dicembre 1777) fu uno dei medici più famosi dei suoi tempi ma fu anche un apprezzato poeta. Studiò medicina a Tubingia prima e poi a Leida dove si laureò nel 1727 e fra i suoi colleghi di studio ebbe Johann Christoph Bohl. Grande appassionato di montagna, nel 1728 compì un lungo viaggio attraverso le Alpi insieme al suo amico connazionale e famoso medico e naturalista, Johannes Gessner, durante il quale approfondì dueIMG_9858_clipped_rev_1 delle sue passioni più grandi la poesia e la botanica. Nel 1729 è a Basilea dove segue i corsi di matematica del grande matematico Johann Bernoulli. Lo stesso anno ritorna a Berna dove istituisce il teatro anatomico cittadino. Nel 1732 pubblicò la sua opera poetica più importante, appunto, i suoi Versuch von Schweizerischen nei quali descrive gli ambienti bucolici montani da lui visitati elogiando la vita vissuta in montagna e contrapponendola ai corrotti costumi cittadini arrivando alla sicurezza che solo nella natura alpina si può veramente vedere l’opera divina. La sua carriera medica proseguì poi a Gottinga fino al 1753 dove fondò l’istituto d’anatomia ed il giardino botanico. In seguito si trasferì a Berna dove assunse la carica di intendente del palazzo comunale prima e poi di direttore delle saline e vicebalivo di Aigle. Nel 1764 acquistò il feudo di Goumoens-le-Jux. Il suo nome è legato a diverse scoperte in campo medico ma apprezzatissime, sono ancora oggi, i suoi componimenti dedicati alla montagna. Opera assai rara, in bellissima legatura coeva ed in buone-ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Biblioteca di Monaco, esemplare digitalizzato; Lonchamp 1376; Spiess-Schaad 4.10 (Porträt Steigers) und 7.7 (Frontispiz); vgl. Lundsgaard-Hansen 551 und 552 che descrive due edizioni con numero di pagine differenti; Bibliotheca Halleriana 29 che specifica di come si tratti della prima stampa della seconda edizione, notevolmente aumentata rispetto alla prima edizione del 1732; WG 599,2; Goed. IV/I,24,2b.IMG_9855_clipped_rev_1

480 euro

29) GONZAGA MANTOVA STORIA LOCALE PRIME EDIZIONI LEGATURE CARTA COEVA RARITA’ BIBLIOGRAFICA GAZZULLO

IMG_0465_clipped_rev_1Sacco Cesare,

Vita, e sante attioni dell’ill.mo et rev.mo monsignor f. Francesco Gonzaga vescovo di Mantova, Marchese d’Ostiano, & Principe del Sacro Romano Impero. Brevemente descritta da Cesare Sacco mantovano.

In Mantova, Appresso Aurelio, & Lodovico Osanna Fratelli, Stampatori Ducali, 1624

In 4°; 89 pp. (i.e. 85), (3) pp. e (1) c. di tav. con un ritratto calcografico di Francesco Gonzaga. Magnifica legatura coeva in rara carta coeva a motivi floreali goffrati dorati. Antica firma d’appartenenza seicentesca al margine basso del frontespizio “Felice Bulgarini”, altra antica pecetta di appartenenza privata al recto del frontespizio. Una lunga lettera manoscritta datata 1620 applicata all’interno del piatto anteriore. Prima edizione rara di quest’opera dedicata alla figura del Vescovo di IMG_0466_clipped_rev_1Mantova, Francesco Gonzaga. Francesco Gonzaga nacque nel 1546 a Gazzuolo il 31 luglio 1546. Appartenente alla nobile famiglia Gonzaga, ricevette un’educazione di alto livello che lo preparò per una carriera ecclesiastica. Nell’anno 1593 Francesco fu nominato Vescovo di Mantova. dopo essere stato eletto vescovo di Cefalù nel 1587, assumendo un ruolo di grande importanza nella Chiesa locale. Il suo episcopato fu caratterizzato da una fervente dedizione alla fede e dalla promozione di riforme ecclesiastiche. Durante il suo mandato, si concentrò sull’educazione religiosa, promuovendo la formazione del clero e incentivando la partecipazione attiva dei fedeli alla vita della Chiesa. Francesco Gonzaga si distinse anche per il suo impegno nel promuovere l’arte e la cultura nella diocesi di Mantova. La sua leadership e la sua capacità diplomatica contribuirono a gestire diverse situazioni complesse per il ducato di Mantova, con saggezza e fermezza. Francesco Gonzaga morì a Mantova l’11 marzo del 1620, lasciando dietro di sé un’eredità duratura nella storia della Chiesa di Mantova. La sua memoria è ancorata non solo nei documenti ufficiali della Chiesa, ma anche nelle opere d’arte e nell’architettura che promosse durante il suo episcopato. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Raro. Rif. Bibl.: IT\ICCU\VEAE\005432.

480 euro

30) FILOSOFIA NAPOLI PRIME EDIZIONI SCIENZA DIRITTO PRIME EDIZIONI SCIENZA DIRITTO FILOSOFIA DELLA STORIA

IMG_0468_clipped_rev_1

IMG_0469_clipped_rev_1Vico Giambattista,

Principj di Scienza Nuova di Giambattista Vico. D’intorno alla comune natura delle nazioni. In questa terza impressione dal medesimo autore in un gran numero di luoghi corretta, schiarita, e notabilmente accresciuta. Tomo I – II. [Completo].

Napoli, Stamperia Muziana, a spese Gaetano e Steffano Elia, 1744

In 8° (21×13 cm); (16), 1-376, (2), 379-526 (i. e. 516), (4) pp. 3 tre tav. fuori testo (ritratto di Vico, antiporta e tavola più volte ripiegata). Omesse nella numerazione, come in tutti gli esemplari, le pagine 441-450. Bella legatura coeva in piena pergamena rigida con autore e titolo stampati in oro su fascetta in pelle rossa al dorso (qualche minimo difetto alla fascetta). Tagli leggermente spruzzati. Alcune leggerissime antiche sottolineature a matita rossa in una quindicina di pagine con alcune note, ininfluenti ed interessati. Poche pagina leggermente ed uniformemente bruite a causa della qualità della carta usata dalla Stamperia Muziana ma nel complesso ottimo esemplare, privo di foxing (come tipico di diversi esemplari) o di una brunitura marcata. Opera stampata su ana carta forte. Alla fine del volume, alla carta di sguardia, nota ottocentesca con la data (1897), il luogo e il venditore del volume. Antica nota di posseso privato alla prima carta bianca. Terza edizione ma prima definitiva, di una delle opere più importanti della storia del pensiero filosofico europeo e capolavoro del grande filosofo e giurista napoletano Giambattista Vico (Napoli, 23 giugno 1668 – Senza titolo-16Napoli, 23 gennaio 1744). Questa edizione venne pubblicata postuma dal figlioIMG_0471_clipped_rev_1 Gennaro che aveva sostituito il padre alla cattedra presso l’Università di Napoli, nel 1744, raccogliendo le parti nuove aggiunte all’opera dallo stesso Vico. Il grande filosofo, infatti, fin dalla pubblicazione della prima edizione nel 1725 aveva, fino alla morte, continuato ad integrare e correggere quella che riteneva la sua opera più importante, spesso in risposta a diverse critiche che l’opera stessa aveva suscitato. Scrive Croce riguardo a questa edizione “questa volta, che fu davvero l’ultima, egli non si contentò di stendere le solite correzioni, miglioramenti e aggiunte, ma si die’ a riscrivere da cima a fondo tutta l’opera, salvo poi, in parecchie riprese, e lungo per lo meno un settennio (1736-1743), a consacrarvi un lavorio così intenso di lima che, non bastando l’interlineo e i margini, dove’ ricorrere talora anche a foglietti intercalati. Nel codice che ci ha serbato l’autografo di codesta redazione definitiva [.] è da riconoscere quello adoperato nella stampa dell’edizione IMG_0470_clipped_rev_1del 1744″ (Bibliografia vichiana, I, 52) . Su questa terza edizione si baseranno tutte le riedizioni susseguenti. Compito della ‘scienza nuova’ sarà quello di indagare la storia alla ricerca di quei principi costanti che, secondo una concezione per certi versi platonizzante, fanno presupporre nell’azione storica l’esistenza di leggi che ne siano a fondamento com’è per tutte le altre scienze: ” Poiché questo mondo di nazioni egli è stato fatto dagli uomini, vediamo in quali cose hanno con perpetuità convenuto e tuttavia vi convengono tutti gli uomini; poiché tali cose ne potranno dare i principi universali ed eterni, quali devon essere d’ogni scienza, sopra i quali tutte sursero e tutte vi si conservano le nazioni ” (Giambattista Vico Ibidem, libro I, sez. 3). La storia quindi, come tutte le scienze, presenta delle leggi, dei principi universali, di un valore ideale di tipo platonico, che si ripetono costantemente allo stesso modo e che costituiscono il punto di riferimento per la nascita e il mantenimento delle nazioni. Edizione non comune a trovarsi in queste buone-ottime condizioni di conservazione ed in bella ed elegante legatura coeva. Cfr.: Gamba, 2493; Brunet, V, 1176; Graesse, VII, 298; B. Croce – F. Nicolini, Bibliografia vichiana, Napoli 1947, I° vol. p. 53.IMG_0472_clipped_rev_1

2.100 euro

31) LEGATURA ALMANACCHI ASTRONOMIA GUIDE RARITA’ BIBLIOGRAFICA

IMG_0424_clipped_rev_1IMG_0427_clipped_rev_1

IMG_0426_clipped_rev_1L’Almanacchista Istruito,

Milano, Presso Omobono Manini, 1836

In 12°; XI, 108 pp. e 7 c. di tav. fuori testo. Bella legatura romantica in cartoncino rigido verde mare con custodia dello stesso tipo. Ricchissimi fregi in oro in rilievo ai piatti e al dorso. Tagli riccamente dorati. Prima ed unica rarissima edizione di questa guida per l’almanacchista edito a Milano, in 800 esemplari nel 1836 (come da bibliografia). 4 belle tavole incise da Biasioli, Bonatti, Pedrazzi, ec. Bell’almanacco nelle ultime tre carte con i mesi dell’anno e alcune belle vignette legate allaIMG_0425_clipped_rev_1 stagione, in formato grande questo sarebbe stato messo in vendita presso Carlo Ganadelli Galleria Decristoforis. L’opera descrive il modo corretto per utilizzare e leggere un almanacco. L’opera è divisa in capitoli fra i quali: Che cosa sia Calendario?, Calendario Civile, Correzione Giuliana, Correzione Gregoriana, Ciclo solare, Ciclo Lunare o Numero d’Oro, Ciclo dell’Indizione Romana, Epatta, Lettere Quotidiane, Lettera Domenicale, Feste Mobili, Calendari Lunari Almanacchi, Diversi generi di Almanacchi, Almanacchi Scientifici, Almanacchi letterari, Almanacchi morali, Almanacchi misti, Predizioni, Ornamenti ecc. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Elenco delle Opere Stampate e Pubblicate in Milano e nelle Provincie Lombarde nell’anno 1835, Milano, Dall’I. R, Stamperia, 1835.

120 euro

32) BAROCCO MORTE DEATH SIMBOLISMO SYMBOL ETERNITA’ ETERNITY

IMG_1350_clipped_rev_1  IMG_1352_clipped_rev_1IMG_1351_clipped_rev_1

IMG_1349_clipped_rev_1Drexel Jeremias,

Aeternitatis Prodromus Mortis Nuntius Quem Sanis, Aegrotis, Moribundis, sistit

Colon. Agrippinae, Sumpt. Cornel. ab Egmond, 1630

In 12°; (4 b.), (12), 333, (7) pp. Legatura coeva in piena pergamena. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Tre belle tavole con “memento mori” a piena pagina nel testo. Bell’edizione con tre fini tavole con rappresentazioni allegoriche della morte, di quest’opera, uscita per la prima volta nel 1628, del noto frate gesuita, predicatore e scrittore tedesco, Geremia Dressellio, noto anche come Dresselio, Dreselio, Jeremias Drexelius, Drexelio, Drexel, Drechsel (Augusta, 15 agosto 1581 – Monaco di Baviera, 19 aprile 1638). Nato in una famiglia di artigiani luterani, suo padre era un sarto ed un musico, si convertì presto al cattolicesimo, entrando il 27 luglio del 1598, nell’ordine dei Gesuiti. Drexel studiò filosofia e teologia ad Ingolstadt.IMG_1348_clipped_rev_1 Uomo dai notevoli interessi culturali fu insegnante di retorica ad Augusta, Dillingen e Monaco. In quest’ultima città, in particolare, ricoprì la prestigiosa carica di predicatore di corte del Principe elettore Massimiliano I di Wittelsbach, Duca di Baviera del quale scrisse anche un’apprezzata biografia. Autori di diverse opere, era solito accompagnare il testo, affiancando ad esso raffigurazioni simboliche. La sua opera, sia stilisticamente che iconograficamente, è impregnata dalla cultura barocca imperante all’epoca. Drexel fu uno degli scrittori ascetici più celebri del suo tempo. Questo trattato riguarda varie rappresentazioni dell’eternità e del rapporto dell’uomo con la morte. Il frontespizio, animato, mostra la Duchessa di Baviera di fronte alla Morte. Seguono tre illustrazioni nel testo a piena pagina. Nella prima la Triste Mietitrice si torva in attesa sotto un albero frondoso, con un accampamento militare sullo sfondo (primavera o estate) ed una clessidra ai suoi piedi. Nella seconda tavola la Morte è sotto un albero con solo un poche foglie rimaste, la vendemmia sullo sfondo a richiamare l’autunno. Nell’ultima tavola la Morte si appresta ad abbattere un albero spoglio, chiaramente inserito in una ambiente invernale. Rif. Bibl.: IT\ICCU\BA1E\004048; Dünnhaupt II, 1394, 12.7.

480 euro

33) CRIMINOLOGIA ANTROPOLOGIA CRIMINALE WUNDERKAMMER PRIME EDIZIONI PSICHIATRIA FISIOGNOMICA

IMG_1341_clipped_rev_1  IMG_1347_clipped_rev_1IMG_1346_clipped_rev_1IMG_1343_clipped_rev_1

IMG_1344_clipped_rev_1Lombroso Cesare,

L’uomo delinquente, in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza ed alla psichiatria, Quinta edizione, Volume Primo, Secondo, Terzo ed Atlante.

Torino, Fratelli Bocca Editori, 1896-1897

In 4°; 4 tomi: XXXV, (1), 652 pp. con 19 illustrazioni nel testo; (4), 576 pp. con 4 illustrazioni nel testo; (4), 677, (1) pp. con 8 illustrazioni nel testo; (2), 26 (in parte in numeri romani), CII cc. e 57, (3) pp. I volumi di testo presentano la rarissima brossura editoriale e il volume di Atlante, la legatura editoriale in piena tela verde con titolo impresso in nero al piatto anteriore ed al dorso. Uno degli esemplari meglio conservati fra quelli mai apparsi sul mercato che si presenta con tutti i volumi di testo, ancora a fogli non tagliati. Quinta edizione e prima definitiva, notevolmente aumentata rispetto alle precedenti del testo considerato il capostipite dell’antropologia criminale, opera del famosissimo, medico, antropologo, filosofo, giurista e criminologo italiano, Marco Ezechia Lombroso, detto Cesare (Verona, 6 novembre 1835 – Torino, 19 ottobre 1909). Nonostante alcune sue teorie sono oggi sorpassate, Lombroso è considerato da molti come il padre della criminologia moderna. Scrive Giuseppe Armocida nella voce dedicata a Lombroso nel Dizionario Biografico degli Italiani edito dalla Treccani (Volume 65 2005): “. A lato degli aspetti strettamente clinici della psichiatria, il L. ne affrontò le imprescindibili implicazioni forensi, soprattutto in relazione alla questione dell’imputabilità (La medicina legale delle alienazioni mentali studiata col metodo sperimentale. Saggio, Padova 1865) e della “follia morale” intesa come disturbo grave del comportamento sociale e devianza scomoda dalle norme caratteristici del delinquente nato (La pazzia morale e il delinquente nato, in Archivio di psichiatria, antropologia criminale e scienze penali per servire allo studio dell’uomo alienato e delinquente, III [1882], pp. 365-379). Convinto della natura sostanzialmente patologica del delinquente nato, della possibilità di spiegarne la degenerazione morale con le sue anomalie fisiche, e sostenitore dei principî di irresponsabilità, egli fu di fatto il fondatore dell’antropologia criminale: dopo avere ricercato per lunghi anni in alienati e criminali l’esistenza di particolari anomalie somatiche, credette di averne individuata un’importante varietà in una fossetta di alcuni centimetri presente alla base del cranio in luogo della normale cresta occipitale, rinvenuta nel 1870 all’esame autoptico del brigante calabrese Villella. Comunicò questa prima osservazione ed estese i suoi esami ad altri 181 casi, costruendo la sua teoria dell’anomalia cranica del criminale, varietà infelice di uomo più patologica di quella dell’alienato (Della fossetta occipitale mediana in rapporto collo sviluppo del vermis cerebellare. Studi, in Riv. sperimentale di freniatria e di medicina legale, II [1876], pp. 121-130). Dopo altri contributi su importanti casi di psichiatria forense (come i processi degli omicidi V. Verzeni e A. Agnoletti: Verzeni e Agnoletti studiati dal prof. Cesare Lombroso, in Riv. di discipline carcerarie in relazione con l’antropologia, col diritto penale, con la statistica, ecc., III [1873], pp. IMG_1345_clipped_rev_1193-213), illustrò la sua concezione sulla correlazione tra stigmate somatiche e deformità mentali in riferimento a precisi fattori (atavismo, degenerazione, epilettoidismo) in L’uomo delinquente in rapporto all’antropologia, alla medicina legale ed alle discipline carcerarie, Milano 1876: l’opera, diretta anche a magistrati e giuristi, subito nota e giudicata innovatrice malgrado le inevitabili polemiche suscitate dalla complessità delle idee che vi erano esposte, fu pubblicata in successive edizioni italiane e in una francese fino a quella definitiva, in 4 volumi, L’uomo delinquente studiato in rapporto all’antropologia, alla giurisprudenza, alle discipline carcerarie ed alla psichiatria. Appendice sui progressi dell’antropologia criminale nel 1895-96, Torino 1896-97. Pubblicò ancora vari studi sui criminali, sul loro comportamento, sulla loro personalità (Sull’incremento del delitto in Italia e sui mezzi per arrestarlo. Seconda edizione ampliata e corretta, ibid. 1879, in riferimento al celebre caso Passanante; Palinsesti del carcere, Raccolta unicamente destinata agli uomini di scienze, ibid. 1888; Le più recenti scoperte della psichiatria ed antropologia criminale, ibid. 1893), talvolta confondendo la degenerazione legata all’atavismo con la patologia: dette del resto un chiaro esempio della sua tendenza alla disinvolta e acritica confusione delle linee teoriche di impostazione evoluzionistica con la patologia in Studi sui segni professionali dei facchini e sui lipomi delle Ottentotte, cammelli e zebù, in Giorn. della R. Acc. di medicina di Torino, XXVII (1879), pp. 299-337. La proposta del L. di prevenire i comportamenti criminosi tramite strumenti di controllo e di neutralizzazione, si concretizzò nell’impegno profuso nell’istituzione dei manicomi criminali e nella documentata elencazione dei soggetti che avrebbero dovuto esservi ospitati (Sull’istituzione dei manicomi criminali in Italia, in Rendiconti del R. Istituto lombardo di scienze e lettere, 1872, vol. 5, pp. 72-83, 150-161; Osservazioni critiche intorno alla memoria del dottor S. Biffi sui provvedimenti che occorrerebbero in Italia pei delinquenti divenuti pazzi, ibid., pp. 862-868): accolse quindi favorevolmente il disegno di legge Depretis sui manicomi e gli alienati (La nuova proposta di legge sui manicomi criminali, in Arch. di psichiatria, antropologia criminale e scienze penali per servire allo studio dell’uomo alienato e delinquente, II [1881], pp. 184-197), identificando nelle nuove strutture uno dei cardini della scuola positiva volta a conciliare la sicurezza con la terapia e l’umana comprensione (Misdea e la nuova scuola penale, Torino 1884, in collaborazione con L. Bianchi; L’uomo delinquente, 5a ed., III, ibid. 1897, p. 543).”. Prima edizione definitiva di una delle opere più influenti dell’antropologia criminale del XX° secolo presentata in una delle copie meglio conservate mai apparse sul mercato, in brossura originale e ancora a fogli chiusi.IMG_1342_clipped_rev_1

1.550 euro

34) VENEZIA STORIA LOCALE BIOGRAFIE ILLUSTRATI PRIME EDIZIONI ILLUSTRATI INCISIONI STORIA VENETA DOGI DI VENEZIA NAPOLI

IMG_4560_clipped_rev_1IMG_4562_clipped_rev_1

Matina IMG_4559_clipped_rev_1Leone,

Ducalis Regiae Lararium siue Ser.mae Reipu. Venetae principum omnium icones usque ad serenissimum Ioannem Pisaurum qui nunc rerum feliciter potitur. Elogia P. D. Leone Mutinae neapolitani Monachi Casinatis.

Padova, Apud Jacobum  Herzium, 1659.

In folio (31×21 cm); (22 compreso frontespizio calcografico), 344 (i. e. 342), (8) pp. e 2 c. di tav. fuori testo. Completo. Esemplare completo delle pagg. 325-326 censurate dal Senato Veneto perché “sfacciatamente narcisistiche in favore dell’Autore”, assenti nella maggior parte dei volumi. Legatura coeva in piena pergamena con titolo e fregio chiosato daIMG_4561_clipped_rev_1 abile mano coeva al dorso. Antip. e ritratti sottoscritti: “Jacobus Picinus ad uiuum deli. et sculpsit Venet.1659” il celebre incisore veneto Giacomo Piccini. Un piccolissimo ed insignificante tarletto al margine esterno di quattro carte e nel complesso, esemplare in ottime condizioni di conservazione. Bel frontespizio allegorico interamente inciso in rame, 2 ritratti fuori testo, uno di Domenico Contarini e l’altro dell’ autore, oltre a 103 ritratti entro grandi medaglioni con fronde d’alloro e stemmi nobiliari incisi in rame nel testo. Prima edizione con i ritratti realizzati da Giacomo Puccini, di questa raccolta di biografie dei doge veneziani, scritti dal monaco benedettino cassinese, nato a Napoli intorno al 1611 e morto a Padova nel 1678, Leone Matina che fu a lungo professore di sacra scrittura all’Università di Padova e membro attivo dell’Accademia de’ Signori Ricoverati di Padova. Le biografie ed i ritratti dei 103 dogi vanno da Paolo Lucio Anafesto (eletto nel 697) fino a Domenico Contarini (eletto nel 1659). Opera molto rara. Rif. Bibl.: Cicogna, 2259.; British Library, Catalogue of seventeenth century italian books.., v. 2 p. 557; per l’autore Maggiolo, Attilio, I soci dell’Accademia patavina : dalla sua fondazione, 1599, Padova, [1983].IMG_4564_clipped_rev_1

1.700 euro

35) LETTERATURA FRANCESE PRIME EDIZIONI ILUSTRATE NUMERATE AQUERELLO ORIGINALE ILUSTRATORE LIBRI D’ARTISTA ESEMPLARI LIMITATI 30 ESEMPLARE

IMG_7806_clipped_rev_1    IMG_7807_clipped_rev_1IMG_7809_clipped_rev_1IMG_7810_clipped_rev_1IMG_7813_clipped_rev_1IMG_7812_clipped_rev_1IMG_7811_clipped_rev_1IMG_7814_clipped_rev_1

IMG_7804_clipped_rev_1Guy de Maupassant; Nombreuses illustrations en couleurs par Alcide Théophile Robaudi,

Toine, Suivi de Histoire d’une fille de ferme, numbreuses illustrations en couleurs par A, Robaudi.

Paris, Librairie des Amateurs A. Ferroud – F. Ferroud, Successeur, 1923

In 8° (19,5×14,8 cm); (2), 93, (3) e 69 c. di tav. fuori testo con le prove di colorazione delle tavole e una tavola con un acquerello originale del grande Robaudi. Brossura editoriale piatto anteriore, posteriore e dorso conservati entro legatura artigianale di grande qualità, conservata a sua volta entro bel cofanetto coevo foderato in carta marmorizzata, con filetti in pelle zigrinati e interni foderati in raso. Magnifica legatura artigianale coeva in mezza pelle con autore, titolo, anno e ricchissimi fregi liberty al dorso. Ai piatti unghiature in pelle con filetti in oro. Piatti foderati con magnifica carta maculata di colore tendente al verde, ai due piatti. Piatti interni foderati con carta marmorizzata verde di altissima qualità. Taglio superiore riccamente dorato. Legatura realizzata dalla celebre legatoria “Flammarion”. Esemplare in barbe. Esemplare numero 17 (con la firma in iniziali dei due editori) della tiratura di lusso, di soli 30 esemplari “Exemplaires sur Japon, contenant quatre états des illustrations dont un état en noir et une aquarelle originale de A. Rabaudi.”. Le magnifiche illustrazioni a colori sono anticipate dalle stesse tavole stampate in nero, azzurro e con prova di colore. Questo esemplare è uno degli unici 30 che contiene un acquerello originale del grande illustratore francese, Alcide Théophile Robaudi (Nizza 1847 – Parigi 1928) considerato uno dei più celebri illustratori di libri francesi aIMG_7801_clipped_rev_1 cavallo del novecento. Robaudi fu allievo dello scultore Gustave Bonardel e di Félix Malard alla scuola di disegno di Nizza continuando, poi, la sua formazione alla Scuola di Belle Arti di Parigi nello studio di Jean-Léon Gérôme nel 1865. Il suo tratto fu, almeno inizialmente, influenzato dal movimento orientalista (nel quale raggiunse il massimo della sua arte nell’illustrazione delle “Mille e una notte”) dal quale, però, si distaccò ben presto per creare uno stile suo del tutto personale ricco di colore e vivacità. La sua bravura lo portò ad essere richiestissimo per l’illustrazione di volumi di lusso da celebri editori come Léon Conquet & L. Carteret, Hachette, Calmann-Lévy, Alphonse Lemerre ed appunto, André Ferroud. Dopo li anni 10′ del novecento divenne, anche, un richiesto cartellonista. Amante della campagna, compose diversi quadri di “idilli” rurali e ritratti di fanciulle normanne nei frutteti. Quella qui presentata è la prima tiratura della più bella edizione di una delle più belle opere del grande romanziere, reporter di viaggio, saggista, drammaturgo e poeta francese, Henri-René-Albert-Guy de Maupassant (Tourville-sur-Arques, 5 agosto 1850 – Parigi, 6 luglio 1893) considerato fa i padri del racconto moderno. Imparentato con Gustave Flaubert, venne fortemente influenzato da questi che lo prese sotto la sua ala protettrice e lo introdusse negli ambienti letterari parigini. Grazie Flaubert, il giovane Guy conosce Ivan Turgenev, Zola, Goncurt e molti rappresentanti della scuola realista e naturalista. Nel 1876 pubblicò un romanzo “Au bord de l’eau” con lo pseudonimo di Guy de Valmont, ottenendo un certo successo che lo IMG_7803_clipped_rev_1incorragiò a portare avanti la sua produzione letteraria alla quale affianca l’attività di collaborazione con diverse importanti testate giornalistiche francesi come Le Figaro, Gil Blas, Le Gaulois e L’Écho de Paris. Nel 1877 gli viene diagnosticata la sifilide che però, non solo non cura ma sfrutta per alimentare la sua leggenda di autore maledetto ed antiborghese. La malattia, in realtà, lo segnerà profondamente. Nel 1880 esce nel volume collettivo con scritti di Huysmans, Alexis, Céard e Hennique, “Le serate di Médan”, lo scritto di Guy “Boule de Suif”, racconto che Flaubert definì “un capolavoro destinato a durare nel tempo” e che ottenne un immediato e straordinario successo. Da questo momento in poi, Maupassant divenne sempre più centrale nella scena letteraria francese, divenendo uno dei romanzieri più importanti del mondo con romanzi come “Bel Ami” o “Une Vie”. Verso la fine degli anni 80′ dell’ottocento, inizia a soffrire di febbri intermittenti, gravi problemi fisici dovuti alla progressione della sifilide. All’inizio del 1891 soffre febbre, cancro alla prostata e dolori di ogni genere che culminano in transitorie paralisi. Il grande scrittore inizia anche a dare segni di forti problemi psichici IMG_7802_clipped_rev_1quali amnesie, allucinazioni, difficoltà di ragionamento. La sofferenza è enorme e non trova medicinali che gli possano dare conforto. Consapevole, a tratti della sua condizione, alla fine del 1891 redige il suo testamento con il quale lascia in eredità i suoi beni alla figlia del fratello Hervé. All’inizio del 1892 tenta il suicidio ed in seguito a questo, viene quindi internato nella clinica Maison Blanche di Passy. Non uscirà mai più da qui. Le crisi epilettiche sono sempre più forti mentre segni di squilibrio e di demenza lo portano verso una paralisi progressiva tipica degli ultimi stadi della sifilide. Il 6 marzo 1893 va in scena la sua ultima commedia: La paix du ménage. Il 28 giugno entra in coma. Muore di neurosifilide, a 42 anni, il 6 luglio 1893l. Le pratiche funerarie vengono seguite da Dumas figlio mentre Zola legge una sua commemorazione durante la cerimonia funebre. L’opera qui presentata venne pubblicata da Moupassant sul quotidiano Gil Blas, il 6 gennaio del 1885 ed è un racconto nel quale in forma di farsa “normanna”, l’autore critica la gretta mentalità contadina. L’assurda storia narra della vita del protagonista l’oste Toine, ragazzo allegro ma amante della grappa e della buona tavola che a causa di un attacco di paralisi è costretto a letto. Il protagonista a causa delle sue condizioni non può più lavorare. La moglie allora ha un’idea folle: visto che il marito è paralizzato ed è così inutile dicedi di usarlo per covare le uova dato che l’unica cosa utile che fa è produrre un po’ di caldo. Rarissimo esemplare in perfette condizioni di conservazione, in legatura artigianale firmata e con un acquerello originale del grande illustratore Alcide Théophile Robaudi.

1.200 euro

36) GALANTI PORNOGRAFIA PRIME EDIZIONI RARITA’ BIBLIOGRAFICHE EROTISMO GALANTES EROTICA

IMG_1340_clipped_rev_1 (1)IMG_1334_clipped_rev_1IMG_1335_clipped_rev_1  IMG_1338_clipped_rev_1 (1)

RIMG_1339_clipped_rev_1arissima miscellanea erotica italiana di metà ottocento in legatura coeva in mezza-pelle coeva con filetti e in oro al dorso. Piatti foderati con bella carta rossa con motivi floreali in rilievo. Opere in 12° (12,5×9 cm):

  1. Aretino Pietro, Le Meretrici Aristocratiche di Pietro Aretino, S. Luogo, S. Stampatore, 1866. 96 pp. e 3 c. di tav.

  2. La Scuola d’Amore ossia Storia Galante e vera di un seminarista, che imparò a far l’amore dal suo reverendo Padre Rettore con otto eleganti figure litografate per illustrare la presente storia. Londra (falso luogo di stampa), S. Stampatore, 1862. 32 pp. e 8 c. di tav. pornografiche fuori testo in coloritura coeva.

  3. Nido d’Amore, Novellette ed Epigrammi del Celebre Pananti con la Civetta, Poemetto del Medesimo ed altre rare e Galanti Poesie d’Amore di diversi insigni autori. Italia, S. stampatore, 1861. 153, (6) pp.

Miscellanea di tre rarissime opere galanti italiane. I testi contengono descrizioni altamente pornografiche. Come tutte le opere galanti italiane ottocentesche, esse sono rarissime, più rare di quelle francesi in quanto la situazione culturale e politica italiana era molto meno tollerante per le pubblicazione pornografiche, rispetto la vicina Francia dove invece, le edizioni galanti erano pubblicate con ben maggiore libertà. In particolare, sono pochissime le opere galanti italiane ottocentesche che contengono tavoleIMG_1336_clipped_rev_1 pornografiche. A parte le tre tavole della prima opera, tutte le altre tavole presentano un testo didascalico che descrive la scena, tratte dal testo del quale sono rappresentazione. Il linguaggio di tutte e tre le opere è altamente pornografico e le scene sono descritte con dovizia di particolari, cosa assolutamente rara nell’ottocento italiano. Nessun esemplare della prima e seconda opera è al momento censito in ICCU in nessuna edizione e non è stato possibile reperire nessun’informazione su queste opere nei cataloghi tematici consultati. Nessun esemplare è censito in ICCU nemmeno della terza opera ma esistono due opere con titolo uguale ma differente anno e luogo di stampa censite in ICCU. Le tre tavole che accompagnano, fuori numerazione, la prima opera sono in bianco e nero. Le altre 8 tavole a piena pagina sono in coloritura coeva. L’ultima opra contiene componimenti pornografici ispirati da diversi temi ed opere ed un curioso scritto “Il Libro del Perchè, Perchè non si trovino Cazzi molto grossi né Potte molto strette con molti altri perchè, Storia Poetica, fisica e morale, cavata dal libro del Perchè del grande Aristotele di Pietro Aretino. Tutti gli esemplari si presentano in ottime condizioni di conservazione. Rarissimo insieme. Non è stato possibile reperire copie uguali a quelle qui presentate e nessuna con le tavole.

1.200 euro

 37) OPERA PARTITURE PRIME EDIZIONI PUCCINI MADAME BUTTTERFLY CURIOSITA’ BIBLIOGRFICHE

IMG_7790_clipped_rev_1IMG_7792_clipped_rev_1

IMG_7789_clipped_rev_1Puccini Giacomo,

Tehatre National de l’Opera Comique, Direction de M. Albert Carré, Madame Butterfly, (D’apres John L. Long et David Belasco), Drame Lyrique en Trois Actes de M. M. L. Illica et G. Giacosa, Traduction Francaise de M. Paul Ferrier Musique de Giacomo Puccini, Opera Complet, Chant et piano, Piano Seul, reduction de Crlo Carignani. (Spartito: 111361).

Milan, Rome, Naples, Palerme, Paris …, G. Ricordi & C., (1906 come da timbro a secco)

In 4°; (8), 208 pp. e una c. di tav. con ritratto di Giacomo Puccini. Timbro a secco Ricordi “16/06”, il 16 giugno. Bellissima legatura editoriale originale in piena tela con titolo ed editore a colori in blu ed oro ai piatti, al dorso e al piatto posteriore. Un piccolo strappetto alla carta di sgaurdia, con piccola perdita di carta all’angolo basso che fodera il piatto anteriore in carta rosa con motivi floreali e concentrici. Un timbretto coevo del rivenditore parigino “Pfister Freres” alla prima carta ed al margine basso del frontespizio. Un piccolo strappetto al margine interno bianco della carta che contiene il facsimile dell’autografo con dedica di Puccini alla Regina Elena, ininfluente e chiuso con piccolissima menda coeva. Interessante che una mano coeva ha aggiunto in chiara e fine grafia, in lingua francese, le parole del canto dell’opera in 5 pagine (100-105) probabilmente nella revisione operata da Carrè stesso. Alcune leggere bruniture e nel complesso esemplare in buone condizioni di conservazione. Prima rara edizione della partitura per piano solo, nella versione rivista e rielaborata che Puccini decise per la rappresentazione che si sarebbe tenuta a Parigi Tehatre National de l’Opera Comique e che rappresenta un notevole cambiamento rispetto alla stesura originale della Madame Batterfly del 1904 che fu un vero e proprio fiasco alla prima rappresentazione alla Scala di Milano. Dalla sua uscita nel 1904 al 1906 numerosi furono gli interventi di Puccini sull’opera, diversi anche significativi che stravolsero, in parte, la versione originale, sviluppando un accento sempre più tragico a IMG_7791_clipped_rev_1sfavore della parte comica. La confusione delle variazioni era tale che la stessa Ricordin si trovò in forte imbarazzo nello stampare la partitura dell’opera durante le sue varie rappresentazioni italiane, inglesi, ungheresi e parigine. Proprio la rappresentazione parigina dell’estate del 1906, tenuta in gran conto da Puccini, rappresentò l’occasione di metter ordine alle varie partiture e variazioni, dando così notevole importanza allo spartito qui presentato. Le variazioni presenti in questa partitura rappresentano la penultima revisione dell’opera da parte di Puccini che nel 1907 stese la partitura definitiva anche se questa versione del 1906 è quella che tutt’ora viene eseguita nei teatri italiani. Le variazioni, numerose delle quale chieste anche dal direttore dell’Tehatre National de l’Opera Comique, Albert Carré crearono molti problemi alla stessa Ricordi, tanto che è risaputo che Giulio Ricordi non accettò di buon grado di rivedere in modo così significativo la partitura originale ma dovette assecondare il direttore parigino dopo che questi si incontrò in luglio con Puccini e con quest’ultimo definì la versione che sarebbe poi stata rappresentata a Parigi. Può apparire sorprendente che Puccini e Carrè trovassero un accordo sulla nuova versione nell’arco di un solo pomeriggio ma sembra ormai appurato che questo avvenne perché i numerosi tagli suggeriti da Carrè andavano incontro ad una visione dell’opera che già aveva preso forma nella testa di Puccini. Lo stesso Giulio Ricordi sostenne che con la nuova versione Carrè-Puccini, si fosse toccata la quinta versione dell’opera. In particolare Ricordi, il 13 agosto del 1906, asserì che Puccini gli fornì i cambiamenti definitivi per l’edizione francese che cominciò a incidere il 16 agosto (da qui probabilmente il timbro a secco 16/06 Ricordi). In realtà, oggi si sa che altri importanti alterazioni del testo vennero fatte da Carrè nei giorni seguenti (anche se non furono presenti nel testo a stampa), in particolare nella parte testuale del ruolo di Kate Pinkerton, senza che apparentemente, Puccini ne fosse informato. Questa prima edizione in questa versione che venne rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1906, risulta molto rara ed ancor più rara da reperire nella sua veste originale completa della legatura in piena tela con il titolo impressi a motivi liberty di ispirazione orientale.

600 euro

38) FISIOGNOMICA PHYSIOGNOMY MISTICISMO OCCULTISMO BELLEZZA FEMMINILE DONNE PRIME EDIZIONI RARITA’ BIBLIOGRAFICA

IMG_0060_clipped_rev_1 IMG_0062_clipped_rev_1 IMG_0059_clipped_rev_1

Venio Ernesto (Ernest Van Veen anche Ernestus Venius),

Tractatus physiologicus de pulchritudine. Juxta ea quae de sponsa in canticis canticorum mystice pronunciantur. Authore Ernesto Vaenio.

Bruxellis, typis Francisci Foppens, prope Templum Societatis Jesu, sub signo S. Spiritus, 1662

In 8° (16×10 cm); (8), 60, (2) pp. Legatura coeva in cartoncino con motivi in rosa, verde e giallo. Esemplare in buoneIMG_0061_clipped_rev_1-ottime condizioni di conservazione. Prima ed unica non comune edizione di questa celebre opera fisiognomica e alchemica, del famoso Ernest Van Veen , anche conosciuto come, Venio Ernesto o Ernestus Venius, figlio del celeberrimo pittore olandese, Otto Vaenius (Leida, 1556-1558 – Bruxelles, 1629). L’opera presenta un’illustrazione con una vignetta del titolo con un busto femminile e 28 figure di volti di donne e alcuni di animali. Alcune schede bibliografiche riportano un numero di 27 immagini nel testo ed altre di 30 ma tutti gli esemplari consultati e digitalizzati, presentano 28 figure femminili nel testo ed una figura femminile al frontespizio, stampate con lastra singola. L’opera analizza la bellezza femminile cercando di individuare il collegamento fra l’aspetto fisico ed i caratteri. Le tavole presentano anche alcune immagini di animali confrontate con alcuni aspetti fisici di alcuni visi femminili. L’opera nasconde nelle sue pagine un segreto mistico. Il testo, infatti, è diviso in 14 sezioni, IMG_0063_clipped_rev_1ognuna delle quali inizia con una citazione dal “Cantico dei Cantici” che viene poi seguita da una dissertazione di Venius che vogliono dimostrare come le parole “mistiche” citate all’inizio del capitolo racchiudano il segreto di Salomone della conoscenza della perfetta bellezza femminile. Ogni capitolo si conclude con un componimento poetico in latino di Voenius che sancisce la bellezza. Il primo capitolo, ad esempio si apre con la frase dei cantici “Caput tuum ut Carmelus” seguito dalla descrizione delle caratteristiche che secondo Salamone aveva individuato nella bellezza femminile che presenta punti di contatto con la grazia del cammello come il lungo collo, l’altezza ed i movimenti flessuosi. Con il verso “”Nolite me considerare, quod fusca sim, quia decoloravit me sol” si apre un controverso capitolo nel quale viene celebrata, in modo equivoco, la bellezza femminile delle donne di colore. Opera rara e ricercata, in prima ed unica edizione, in buone-ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Benvenuto V, 322; Funck, The Belgian Engraving Book 405; Wellcome V, 322; Brunet V:1026 che ci informa come il titolo bizzarro e singolare dell’opera già di per sé “gives some indication of its singularity.”; Gay Lemonnier III:1228; Krivatsy, Libri a stampa del XVII secolo nella Biblioteca Nazionale di Medicina 12098; Dorbon, Biblioteca Esoterica 5014.

1.600 euro

39) FOTOGRAFIA PRIME EDIZIONI LIBRI D’ARTISTA RARITA’ MODENA FOTOGRAFIE ORIGINALI POLAROID ARTE PRIME EDIZIONI

IMG_4893_clipped_rev_1IMG_4895_clipped_rev_1IMG_4896_clipped_rev_1IMG_4894_clipped_rev_1Franco Fontana (ed altri),

Selections1 from polaroid collection,

(Schaffhausen), Verlag Photographie, 1982

In 4° (28×22 cm); (94) pp. Legatura originale in piena pelle conservata entro custodia rigida. Applicata al piatto anteriore una polaroid originale di Franco Fontana. Esemplare in buone condizioni di conservazione. Prima ed unica edizione di questa celebre raccolta di polaroid scattate da alcuni dei più grandi fotografi della seconda metà del novecento fra i quali Franco Fontana, Luigi Ghirri, Ulay e MarinaAbramovic, Luciano Franchi, Arno Bauman, Sarah Benham, Pelle Cass, Nathan Farb, Toto Frima, Barend Houtsmuller, Tana Kaleya, Christian Vogt, Pedro Uhart, Andrè Thissen, SX-70 Gang ed altri. Esistono 50 esemplari numerati che presentano applicato al piatto una fotografia originali di Pedro Uhart, ma questo da noi presentato è l’unico conosciuto con applicata una polaroid originale firmata di Franco Fontana ed anche la custodia rigida da esposizione cosa che fa di questo esemplare un unicum di particolare valore ed interesse artistico. La polaroid qui applicata al frontespizio, in particolare, venne utilizzata come immagine di copertina alla mostra su Franco Fontana tenuta al …………. Franco Fontana (Modena, 9 dicembre 1933) è considerato uno dei più grandi fotografi del novecento oltere che un valente scrittore. Considerato come uno dei maestri del colore in fotografia, iniziò le sue sperimentazioni già nel 1961 anche se inizialmente, solo in formaIMG_4897_clipped_rev_1 amatoriale ma già nel 1963 espone alla Terza Biennale Internazionale del Colore che si tenne a Vienna. Tiene le prime esposizioni personali nel 1965 a Torino (Società fotografica Subalpina) e nel 1968 a Modena (Galleria della Sala di Cultura). L’esposizione nella città natale segna una svolta nella sua ricerca dove a contatto con i movimenti dell’avanguardia poetica particolarmente vivi nella città emiliana elabora un linguaggio fotografico del tutto personale che ne segnerà in modo inconfondibile la sua visione estetica. Le sue opere sono conservate in oltre cinquanta musei in tutto il mondo, fra i quali: International Museum of Photography, Rochester; Museum of Modern Art, New York; Museum of Fine Arts, San Francisco; Museum Ludwig, Colonia; Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris; Victoria and Albert Museum, Londra; Stedelijk Museum, Amsterdam; Kunsthaus di Zurigo; Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, Torino; The Photographic Museum, Helsinki; Puskin State Museum of Fine Arts, Mosca; The University of Texas, Austin; Museum of Modern Art, Norman, Oklahoma; Museo d’Arte di San Paolo; Israel Museum, Gerusalemme; Metropolitan Museum, Tokyo; National Gallery di Pechino; The Australian National Gallery, Melbourne; The Art Gallery of New South Wales, Sidney ecc. Rarità. Rif. Bibl.: solo per il volume nella versione standard ICCU IT\ICCU\MOD\1454759.

900 euro

40) SATIRA DISEGNO BOLOGNA MACERATA MONTELUPONE SOCIALISMO SINISTRA ANTICLERICALISMO

IMG_4731_clipped_rev_1Galantara Gabriele,

Disegno satirico anticlericale

S. luogo, S. data ma 1900 circa.

34,5×27 cm; disegno poi dipinto con colori ad olio in bianco e nero. Opera satirica graffiante del celebre illustratore, giornalista e caricaturista socialista, Gabriele Galantara (Montelupone in provincia di Macerata, 18 ottobre 1865 – Roma, 10 gennaio 1937) considerato fra i più grandi caricaturisti italiani. Nato in una famiglia di nobili origini ma ormai decaduta, i suoi avi avevano preso parte attiva ai moti risorgimentali. Pur seguendo gli studi con alterne fortune, dimostrò fin da giovanissimo una propensione per il disegno e le arti figurative, propensione che coltivò anche durante gli studi presso l’univeristà di Bologna nella facoltà di Matematica. E’ proprio qui a Bologna che conosce Guido Poderecca che divine suo grande amico e con il quale fonda il celebre giornale satirico, “L’Asino”. Il suo esordio artistico è da far risalire al 1886, quando fece il suo esordio sulla carta stampata come disegnatore pubblicando alcune sue vignette, con lo pseudonimo di Blitz, sul settimanale umoristico «Ehi ch’al scusa», fondato da Alfredo Testoni nel 1879, un giornale di frivolezze e pettegolezzi non privo di pretese artistiche. Nel 1888, in occasione dell’ottavo centenario dell’Università di Bologna, insieme con l’amico Podrecca diede vita al settimanale satirico «Bononia ridet», mentre collaborava anche contemporaneamente al celebre periodico umoristico bolognese “La Rana”. La fama del giornale era tale che quando nel 1891 scoppiarono moti operai, appoggiati dagli studenti, Poderecca e Galantara vennero incarcerati per lacuni giorni con l’accusa di esser stati gli istigatori dei moti (non sarà l’ultima volta che Galantara verrà arrestato per ragioni politiche). Ma è sicuramente con la nascita del giornale satirico “L’Asino” che Poderecca e Galantara raggiunsero il massimo del successo. Dal 1896 collabora attivamente e regolarmente con “L’Avanti”. Dal 1905 collaborò anche con «L’Assiette au Beurre», noto periodico francese di satira sociale. Dopo una serie di contrasti con l’amico Poderecca legati alla guerra Italo-Turca, osteggiata da Galantara e vista positivamente da Poderecca, i due tornarono in sintonia alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, appoginado attivamente l’interventismo anche se Galantara nel 1912 a causa delle sue posizioni, era stato espulso dal PSI. “Diede il suo apporto alla causa interventista e alla propaganda di guerra con le caricature, divenute famose, di “Guglielmone” e di “Cecco Beppe” e predicando l’ostilità verso la “barbarie teutonica”. Le sue vignette vennero ripubblicate su altri giornali dei paesi dell’Intesa e furono esposte nel luglio 1916 alle “Leicester Galleries” di Londra; altre vignette apparvero sul periodico parigino «L’Europe antiprussienne» e sul giornale di trincea «Signor sì»”. Dopo la guerra, le sempre maggiori simpatie di Poderecca per il movimento fascista, isolano sempre di più Galantara che riprende la pubblicazione in solitaria dell’Asino (dopo alcuni anni di chiusura), nel 1921 su posizione apertamente antifasciste che inevitabilmente ne sancirono la chiusura nel 1925, dopo una lunga serie di persecuzioni e minacce. Nel 1926 Galantara viene di nuovo arrestato e condannato al confino, pena poi commutata in libertà vigilata con la proibizione di svolgere attività giornalistica. La bella vignetta satirica illustra un grassissimo prete che dal’assoluzione dei peccati ad un vecchio magrissimo a sua volta sormontato da un magrissimo Cristo crocifisso. I disegni satirici di Galantara non sono comuni.

350 euro

41) EDIZIONI ILLUSTRATE MOLIERE TEATRO RARITA’

125Jean Baptiste Poquelin de Moliere,

Les Oeuvres de Monsieur Moliere, Reveues, corrigees & augmentees Enrichies de figures en Taille-douce. Tome I-VIII. [Completo]

Paris, Thierry, Barbin et Trabouillet, 1697

In 12° grande (16,5×9,5 cm); 8 tomi: (22), 309, (3) pp. (con 4 c. di tav. nella numerazione); 419, (1) pp. e (con 5 c. di tav. nella numerazione); 310, (2) pp. (con 5 c. di tav. nella numerazione); 298, (2) pp. (con 3 c. di tav. nella numerazione); 335, (1) pp. (con 3 c. di tav. nella numerazione); 287, (1) pp. (con 3 c. di tav. nella numerazione); 261, (3) pp. (con 4 c. di tav. nella numerazione); 308, (4) pp. (con 3 c. di tav. nella numerazione). Completo delle 30 belle tavole a piena pagina. Belle legature coeve in vitello con dorsi a 5 nervi e titolo, numero del volume e ricchissimi fregi in oro al dorso. Qualche lieve segno del tempo e strofinatura. Tagli spruzzati in rosso. Testatine e finalini ornati126. Molto belle le 30 tavole a piena pagina. Esemplare in buone condizioni di conservazione. Questa edizione è la terza edizione illustrata delle opere di Moliere, la seconda edita da Thierry, Barbin et Trabouillet uscita peer la prima volta nel 1682 e seguita da una seconda edizione illustrata delle opere di Moliere nel 1692 edita a Lione da Jaques Lions ma considerata sia graficamente che filologicamente di molto inferiore a questa. L’edizione del 1697 è molto più rara della stessa edizione del 1271682. L’opera riprende l’edizione del 1682, modernizzandone l’ortografia, mutando la composizione e l’impaginazione ed è considerata, proprio con l’edizione del 1682, la più completa e corretta delle edizioni delle opere di Moliere stampate nel XVII° secolo. I primi 6 tomi contengono le opere già edite prima della morte di Moliere,  oltre alla vita dello stesso, mentre gli ultimi due volumi le opere postume. La prefazione del primo volume è scritta da un contemporaneo di Moliere e probabilmente anche suo amico, l’attore teatrale Lagrange (1639-1692). Scrive A.-J. Guibert a proposito di questa edizione «Les variantes imposées par la Censure au “Don Juan” du tome VII et celles128 découvertes dans la “Comtesse d’Escarbagnas” au tome VIII, lui confèrent un remarquable intérêt littéraire et bibliophilique». Mentre Jules Le Petit definisce questa edizione “C’est le texte qui a le plus souvent servi de modèle pour les nombreuses éditions données jusqu’à nos jours». Alla fine del Volume VIII vi è un’opera di William Marcoureau Brécourt (1638-1685) dal titolo “L’ombra del Molière”. Questo pezzo che venne ufficialmente portato in scena una sola volta marzo 1674 presso l’Hotel de Bourgogne, è una commedia curiosa in uno stile abbastanza diffuso nel XVII secolo. Raro, rarissimo nella sua legatura originale ed in buone condizioni di conservazione. A good copy, rare. Rif. Bibl.: Lacroix, “Bibliographie Moliéresque”, n°287; Guibert, “Bibliographie des Oeuvres de Molière publiées au XVIIe”, Tome II, pp. 629 a 658; Tchemerzine, IV, 826-827.

3.000 euro

42) FUTURISMO COSTRUTTIVISMO PRIME EDIZIONI POLONIA FIRST EDITION AVANGUARDIE COSTRUTTIVISM FUTURISM

Senza titolo-46Kurek Jalu,

S. O.S., Powiesc, (zbaw nasze dusze!), 

Krakow, Zwrotnica, 1927.

In 4°; 128 pp. Brossura editoriale costruttivista. Rinforzo al dorso. Prima rara edizione e ancor più raro a reperirsi ancora a fogli chiusi. “Aiuto! S. O. S.! Salva le nostre anime!” questo urla il celebre poeta futurista polacco, Jalu Kurek, ps. “Mafarka”, Jan Skowron (nato il 27 febbraio 1904 a Cracovia come Franciszek Kurek, morto il 10 novembre 1983 a Rabka) nel frontespizio della sua seconda opera che qui presentiamo. Il romanzo è un racconto surrealista a tratti fantastico, caratterizzato da una prosa bizzarra, giochi di parole, neologismi e sperimentazioni linguistiche e presenta una veste sperimentale tipica dei romanzi d’avanguardia dell’epoca con scarsa introspezione dei personaggi, azione simultanea alla narrazione e una narrazione frammentata. Il protagonista del romanzo è Lorda Samotnika e del suo segretario Jan Skowron, apostoli del nichilismo e della disperazione che dopo una serie di traversie che vedono mischiate finzione a realtà attraverso l’Africa, l’Italia e Marte, insieme ad un gruppo di altri adepti, si lasciano annegare volontariamente nel Mar Baltico come segno di protesta contro la civiltà moderna senz’anima ma con un colpo di scena, nel finale del romanzo, Jan Skowron tradisce il suo Lord e si mette in salvo in quanto troppo innamorato delle donne. Kurek, amico di lunga data di Marinetti, compì i suoi studi universitari a Napoli. Abile traduttore dall’italiano, fu autore di numerosi romanzi e componimenti poetici, oltre a collaborare con numerose riviste. Alle sue traduzioni delle opere dei futuristi italiani, molte nemmeno pubblicate, si deve la propagazione delle idee del futurismo italiano in Polonia ed i forti legami fra i due movimenti. Dal 1931 al 1933 fu direttore del celebre giornale dell’avanguardia polacca “Linea”. Kurek si occupò anche di teatro e cinema realizzando uno dei primissimi film sperimentali polacchi “OR – Obliczenia Rytmiczne” mel 1933. Praticante di sport, fu un discreto alpinista ed un abile pittore. Negli anni 20’ del XX° secolo fu tra gli animatori del nascente movimento futurista polacco partecipando a serate futuriste, pubblicando diverse opere e facendo da collegamento fra i futuristi polacchi e quelli italiani. Prima edizione, in buone-ottime condizioni di conservazione ed ancora a fogli chiusi. Rif. Bibl.: Polska Bibliografia Literacka, PBL online, 1115719 (IH); sull’autore, Parlagreco Silvia, Costruttivismo in Polonia, Bollati Boringhieri, 2005.

600 euro

43) FUTURISMO COSTRUTTIVISMO PRIME EDIZIONI POLONIA FIRST EDITION AVANGUARDIE COSTRUTTIVISM FUTURISM

Senza titolo-18Mlodozeniec Stanislaw, 

Futurogamy i pejzaze, Poezje, 

Warszawa, Nakl. Wydawn. “Wakopy”, 1934.

In 4° piccolo; 125, (5) pp. Bellissima e celebre brossura editoriale illustrata nel tipo stile del Costruttivismo polacco. Due piccole strofinatura al dorso e per il resto esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Antico numero di collocazione privata al piatto anteriore ed al frontespizio, antica firma di appartenenza privata al margine alto del frontespizio che attesta l’esemplare come appartenuto al noto critico letterario polacco, Boleslaw Dudzinski (1892 Łódź – 1976 Łódź). Prima edizione di questo celebre volume costruttivista del grande poeta e romanziere, fra i padri del futurismo (Costruttivismo) polacco, Stanisław Młodożeniec (ur. 31 stycznia 1895 w Dobrocicach, zm. 21 stycznia 1959 w Warszawie). Nato nel piccolo villaggio di Dobrocice, vicino a Sandomierz da una famiglia di ricchi proprietari terrieri, fu fin da giovanissimo, precoce scrittore ed editore fonda la rivista sotterranea “Nasz” quando ancora è studente. Durante la ritirata dell’armata rossa nel 1915 in seguito ad una serie di sfortunati eventi si ritrovò prigioniero e venne portato a Mosca, dove per evitare il servizio militare obbligatorio, seguì le lezioni presso il locale ginnasio polacco. Nel 1918 ritorna in Polonia, a Cracovia, dove segue il corso di Letteratura Polacca presso l’Università Jagellonica. Qui diventa amico di Tytus Czyzewski e di Bruno Jasienski ed insieme a loro, nel 1919, fonda il primo club futurista polacco, il “Katarynka” nel quale i tre organizzano il movimento futurista e serate di poesia, prosa e teatro futurista. Figura centrale del futurismo polacco partecipa alle principali pubblicazioni collettive come “Nuż w bużhu – futurist futures”. Nel 1921 pubblica la sua prima opera “Kreski i Futureski”. Insieme a Tadeusz Peiper partecipa alla redazione del primo numero di “Wyskok”. Laureatosi, fino allo scoppio della seconda guerra mondiale continua ad organizzare serate futuriste in giro per la Polonia, a scrivere sulle principali testate letterature nazionali come il “Tygodnik Ilustrowany” o il “Kurier Warszawski” ed è, contemporanemante, insegnante di liceo in diversi atenei. Durante la seconda guerra mondiale durante il servizio militare, viene catturato ed internato in Ungheria ma riesce a scappare e con un avventuroso viaggio attraverso la Jugoslavia, Costantinopoli e la Siria, si unisce alla “Samodzielnej Brygady Strzelców Karpackich” che combatte in Palestina ed Egitto. Nel 1941 lascia l’esercito quando viene scelto per dirigere a Gerusalemme la neonata “Gazeta Polska”. Nel giugno del 1942 partì per Londra e iniziò a lavorare nel dipartimento di propaganda del Ministero degli Interni del governo in esilio iniziando a collaborare anche con la celebre radio londinese “Radio Free Europa”, collaborazione che si intensificò durante la guerra fredda. Gravemente malato rientra in Polonia nel 1957 dove muore nel 1959. L’opera qui presentata è una delle sue più celebri. Il volume è composto da tre parti. La prima e la seconda parte contengono componimenti scritti dal 1918 al 1922, in parte inediti ed in parte pubblicati su periodici e riviste quali “Formiści”, “Reflektor”, “Zwrotnica”. La terza parte, invece, contiene scritti attribuibili al periodo 1932-1933. Lo stile dei canti è una combinazione di esperimenti linguistici futuristici e tradizioni folcloristiche. I componimenti sono caratterizzati da motivi legati al pacifismo, aspetti esotici, giochi linguistici con elementi di pastiche (basato su canzoni popolari o filastrocche per bambini). Mlodozeniec fu un poeta sperimentatore, un futurista rurale primitivo che fece con la sua poesia da ponte fra il movimento futurista polacco e i temi della vita rurale. Un certo numero di poesie sono veri e propri esperimenti versificazione ritmico-fonetica, cosa che dota i suoi versi di un suono recitativo specifico. Parte della sua poesia è stata legata, anche, al movimento dadaista. Prima edizione, non comune, con provenienza illustre. Rif. Bibl.: OLCL 5004029; sull’autore, Parlagreco Silvia, Costruttivismo in Polonia, Bollati Boringhieri, 2005.

550 euro

44) BIOGRAFIE MEMORIE PRIME EDIZIONI SECONDA GUERRA MONDIALE ANTISEMITISMO RIVOLTA DI VARSAVIA EBREI POLONIA NAZISMO MUSICISTI PIANISTI

IMG_4898_clipped_rev_1Szpilman Wladyslaw,

Smierc miasta. [Death of a City.] [The Pianist.]

Warszaw, Spoldzielnia Wydawnicza, 1946

In 4° piccolo; 204, (4) pp. Presente anche le 4 carte finali con la pubblicità editoriale, spesso assenti, in quanto legate alla carta contenente le pagine 195 e 196 che veniva di solito tagliata per essere inserita nella collocazione giusta. Brossura editoriale illustrata, qualche lievissima piega al dorso e minima strofinatura al margine esterno in eccesso dei piatti ma esemplare in ottime condizioni di conservazione. Prima edizione di questa celebre raccolta di memorie legate alla seconda guerra mondiale e alle persecuzioni razziali naziste in Polonia, dal quale venne tratto il film “Il Pianista” diretto da Polanski, scritto dal noto compositore e pianista ebreo polacco, Władysław Szpilman (Sosnowiec, 5 dicembre 1911 – Varsavia, 6 luglio 2000). L’autore nacque in una famiglia di musicisti polacchi di origini ebraiche. Il padre è un violinista e la madre una valente pianista. Formatosi all’Accademia Chopin di Varsavia sotto la guida di Jozef Smidowicz e Aleksander Michalowski, a loro volta allievi di Franz Liszt. Dal 1931 al 1932 studiò pianoforte da Leonid Kreutzer e Artur Schnabel e composizione con Franz Schreker, all’Accademia delle Arti di Berlino. “Tornato a Varsavia suona dal 1935 il piano per la Radio polacca e comincia a suonare insieme al violinista Bronisław Gimpel con il quale costituisce il Quintetto di Varsavia. Compone le sue prime opere sinfoniche, un concerto per violino, un concerto per pianoforte e orchestra, la suite per pianoforte Zycie Maszyn (La vita delle macchine), nonché colonne sonore per film, lieder e chansons”. La sua vita cambia improvvisamente il 23 settembre del 1939 con il primo bombardamento tedesco di Varsavia e nei mesi seguenti, all’occupazione nazista. Vittima delle persecuzioni razziali venne rinchiuso nel ghetto di Varsavia. Miracolosamente riesce a sopravvivere, attraverso mille avventure, all’occupazione nazista essendo anche testimone della rivolta di Varsavia all’occupazione delle forze tedesche dal 1° agosto al 2 ottobre del 1944 quando Hitler ordinò di radere al suolo la città.  Dopo la guerra torna a suonare e collabora con i violinisti Bronisław Gimpel, Henryk Szeryng, Ida Haendel, Tadeusz Wronski e Roman Totenberg. Autore di numerose composizioni nel dopoguerra è l’ideatore del noto festival delle canzoni di Sopot. Assieme al Quintetto di Varsavia, formato da Gimpel (primo violino), Wronski (secondo violino), Stefan Kamasa (alto) e Aleksander Ciechanski (violoncello), tiene circa 2500 concerti in tutto il mondo. Szpilman scrive le sue memorie subito dopo la fine della guerra e le pubblica in un numero ridotto di copie. Il volume vive un iter simile all’opera di Levi anche se ci mette ancor più tempo per arrivare all’attenzione dell’opinione pubblica. Infatti l’opera per l’argomento trattato, per una situazione politica in mutamento e per un momento storico durante il quale le persone non avevano più voglia di leggere di guerra e sofferenza finisce per diversi anni nel dimenticatoio fino a quando il figlio, per caso nel 1998 scopre una copia del volume in polacco, la fa tradurre in tedesco aggiungendo parti del diario dell’ufficiale tedesco Wilm Hosenfeld e una postfazione di Wolf Biermann. Il successo partendo dalla Germania, attraverso la traduzione in più di 30 lingue, si propaga e il volume diventa uno degli scritti di memorie sulla seconda guerra mondiale, più apprezzati. Questa presentata è la prima rara edizione polacca stampata nella Varsavia del 1946 in poche copie. Raro. Rif. Bibl.: IT\ICCU\SBL\0232771.

1.800 euro

45) SABISME SABAISMO SABEISMO ZOROASTRSIMO ZINGARI PRIME EDIZIONI FIRDT EDITION LINGUISTICA OCCULTISMO

Senza titolo-32Senza titolo-34Senza titolo-33Senza titolo-35

Senza titolo-30Bock Jean Nicolas Étienne baron de,

Essai sur l’histoire du sabéisme, auquel on a joint un catéchisme, qui contient les principaux dogmes de la religion des Druses. Par M. le B. de Bock. Premiere (-seconde) partie (contenente: Mémoire historique sur le peuple nomade, appellé en France Bohémien, et en Allemagne Zigeuner: avec un vocabulaire comparatif des langues indienne et bohémienne, traduit de l’Allemand de M. Grellmann. Par M. le B. de Bock. Seconde partie. 

A Metz, de l’imprimerie de Claude Lamort, chez Devilly, 1788

In 12° grande (18,2×10,8 cm); (12), 182 pp., (4), 91, (1) pp. e una c. di tav. più volte ripiegata con riproduzione di caratteri cuneiformi. Brossura coeva a motivi colorati. Esemplare ancora in barbe ed in buone-ottime condizioni di conservazione. Fregio xilografico al frontespizio. Prima rara edizione di questo importante studio del luogotenente dei marescialli nel dipartimenti di Thionville e governatore di Sierck, intorno al 1781, il Barone Jean-Nicolas-Etienne de Bock che fu grande amico di Bailly e che sedette come elettore per la nobiltà all’assemblea dei tre ordini durante ilSenza titolo-29 periodo iniziale della Rivoluzione francese. Bock accolse inizialmente con grande favore i fermenti rivoluzionari ma ne rimase ben presto disilluso avvicinandosi a posizioni sempre più “reazionarie” con il susseguirsi degli avvenimenti rivoluzionari. L’autore fu uno dei primi studiosi francesi, insieme a Anquetil-Duperron, ad essere interessato allo zoroastrismo o mazdaismo. Lo Zoroastrismo è indicato tradizionalmente anche con il termine Mazdayasna e loro stessi come mazdayasna (adoratori di Mazd), indicandosi quindi come seguaci del dio creatore denominato Ahura Mazd? (“Saggio signore” o “Signore che crea con il pensiero”). Da qui la sua denominazione corrente di Mazdaismo o Mazdeismo ritenuta come l’unica corretta da alcuni iranisti. Seppur i suoi studi sono oggi in parte superati, questo non toglie che le sue ricerche furono di enorme importanza per gli sviluppi futuri delle conoscenze della materia. La prima parte dell’opera è dedicata all’antica religione del Sabaismo. La seconda parte contiene, invece, le memoria storiche sul Senza titolo-31popolo nomade, chiamata in Francia Bohemien, e in Germania Zigeuner; con un Vocabolario comparato delle lingue indiane e bohemien, di M. Grellmann, tradotto dal tedesco che rappresenta un’importante fonte storica sui popoli zingari che Bock identifica linguisticamente affini alle lingue indiane. L’opera, nel suo complesso, rappresenta uno dei più completi studi settecenteschi sul Sabaismo (o Sabeismo), nella sua versione arcaica anticamente praticata in Iran e Yemen, dove rappresentava culto astrale di origine orientale che trovò nel territorio dell’antica Mesopotamia il suo massimo sviluppo. IN questo culto venivano praticati divinazioni e sacrifici in onore delle divinità astrali. Esso consisteva nel culto mistico e occulto degli Dei planetari e delle stelle con i loro Reggenti. Si tratta della più antica e più comprensibile idolatria, comune ai Caldei, agli Arabi ed agli antichi Persiani ed in particolare al popolo dei Sabei. Esemplare in barbe, in prima edizione di opera rara. Rif. Bibl.: IT\ICCU\TO0E\049098; Rif. Bibl.: Caillet I, 1263; Dorbon n° 385; Bibliotheca Hulthemiana, ou catalogue methodique …, Gand, Poelman, 1836, Vol. III, pag. 197.

1.300 euro

46) LETTERATURA ITALIANA CLASSICI DELLA LETTERATURA INGLESE PRIME EDIZIONI ILLUSTRATE PACIFISMO

IMG_1266_clipped_rev_1

IMG_1267_clipped_rev_1Hemingway Ernest,

Addio alle Armi, con 8 illustrazioni di Renato Guttuso

(Verona), Arnoldo Mondadori, 1946

In 8°; 417, (7) pp. Legatura editoriale in piena tela verde con titolo con autore impresso in argento al piatto anteriore e titolo ed editore al dorso. Sopraccoperta editoriale illustrata da Guttuso (che ha realizzato anche le tavole all’interno), due piccole mancanze al margine alto della sopraccoperta. Una dedica datata 1946 alla prima carta. Nel complesso esemplare in buone condizioni di conservazione. Seconda edizione italiana, ma prima autorizzata (l’opera venne stampata per la prima volta nel 1945 dall’editore Jandi Sapi) di una delle opere più celebri di Ernest Hemingway. Pubblicato per la prima volta nel 1929, in Italia, a casua dell’ostracismo del regime fascista e dello stesso Mussolini, per l’opera ritenuta contraria alla rappresentazione eroica della guerra che il regime voleva inculcare nel popolo italiano, venne tradotto integralemente, per la prima volta con l’autorizzazione dell’autore ed illustrata nel 1946, grazie alla traduzione di Giansiro Ferrata, Puccio Russo, Dante Isella. L’opera uscì nella Collezione Il ponte – I grandi narratori italiani e IMG_1268_clipped_rev_1stranieri, della Mondadori. Le magnifiche illustrazioni che accompagnano l’opera furono commissionate da Mondadori a Renato Guttuso che le aveva già finite nel 1945. “Addio alle armi” di Ernest Hemingway, pubblicato nel 1929, è un romanzo coinvolgente e profondo che affronta la complessità dell’amore e della guerra. Ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, il libro segue il tenente Frederic Henry, un soldato americano in servizio nell’esercito italiano, e la sua intensa relazione con l’infermiera inglese Catherine Barkley. La prosa essenziale di Hemingway, nota per la sua sobrietà ed efficacia, trasmette la brutalità della guerra e la fragilità dell’amore. Henry e Catherine vivono una storia appassionata, ma l’ombra della guerra si frappone tra di loro, mettendo alla prova il loro legame. La novità di “Addio alle armi” risiede anche nella rappresentazione realistica e spietata degli orrori della guerra. Hemingway, anch’egli veterano della Prima Guerra Mondiale, offre uno sguardo senza illusioni sulla violenza e sulla disumanizzazione del conflitto. Il titolo stesso, “Addio alle armi”, evoca il tema della rinuncia e dell’addio a una realtà bellica insensata. Il romanzo è un’opera di straordinaria potenza emotiva, che ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del XX secolo. La sua risonanza continua a esercitare un’influenza significativa, affascinando i lettori con la sua profondità, la sua onestà cruda e la sua riflessione universale sulla natura umana. Prima edizione italiana illustrata.

100 euro

47) TEATRO LIBRETTI D’OPERA PAVIA OPERA TRAGEDIA PRIME EDIZIONI COMPADORNI DONIZZETTI LEGATURA IN SETA RARITA’ CARNEVALE COMPADRONI

IMG_1265_clipped_rev_1

IMG_1264_clipped_rev_1Felice Romani, Gaetano Donizzetti,

Anna Bolena, tragedia lirica in due atti : da rappresentarsi nel Teatro degli illustrissimi signori cavalieri Compadroni la primavera 1837

Pavia, Tipografia Bizzoni, S. data (ma 1837)

In 12°; 40 pp. Legatura coeva in cartoncino semi-floscio foderato di seta rosa, qualche difetto e mancanza al dorso. Nel complesso esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Nota manoscritta che identifica l’esemplare come appartenuto a noto critico d’arte che in un’altra nota manoscritta definisce i nomi del compositore e del librettista. Nell’opera sono segnati i nomi di coloro che impersoneranno i personaggi. La tragedia sarebbe stata rappresentata al teatro dei Signori Cavalieri Compadroni quindi, probabilmente nel celebre teatro Fraschini che era, appunto, sede dei cavalieri Compadroni. Il Teatro Fraschini, gioiello culturale di Pavia, Italia, fu inaugurato nel 1773. Conosciuto per la sua eleganza e acustica straordinaria, è uno dei teatri più antichi d’Italia ancora in attività. La sua storia si intreccia con l’antica tradizione dei Cavalieri Compadroni, una società segreta formata da studenti dell’Università di Pavia nel XVII secolo. I Compadroni presidiavano il teatro e, durante le rappresentazioni, promuovevano la buona educazione e la disciplina tra gli spettatori. Il legame tra il Teatro Fraschini e i Cavalieri Compadroni persiste ancora oggi, con il teatro che ospita regolarmente eventi culturali, spettacoli teatrali e musicali. L’associazione tra la ricca storia del teatro e l’antica tradizione dei Compadroni contribuisce a mantenere viva l’atmosfera unica di questo luogo, rendendolo un’icona culturale di Pavia e un affascinante punto d’incontro tra passato e presente.

80 euro

48) MINERALOGIA PRIME EDIZIONI SVIZZERA MINERALI ACQUE MINERALI STABIO

IMG_1261_clipped_rev_1Lurati Carlo,

Stabio, le sue sorgenti minerali ed i suoi dintorni descritti dal dott. Carlo Luratigià consigliere di Stato, Membro del Congresso Scientifico Italiano, della Società Elvetica di Scienze Naturali e di altre Accademie Scientifiche.

Lugano, Tipografia Veladini e comp., 1852

In 4° piccolo; (2 b.), XIII, (1), 86, (2) pp. Brossura editoriale con titolo entro cornice xilografica al piatto anteriore. Esemplare in ottime condizioni di conservazione e completo della sua brossura editoriale. Prima rara edizione, due soli esemplari censiti in ICCU, di questo studio di notevole importanza geologica, dedicato a Stabio e alle sue sorgenti minerali. Lo scritto è opera del noto Carlo Lurati (1804 Lugano; 1865 Milano) che fu medico, politico, Gran Consigliere ticinese e Consigliere di Stato svizzero. Lurati studiò prima a Lugano e poi a Como, conseguendo il dottorato in medicina presso l’Università di Pavia nel 1828. Per gran parte della sua vita, dal 1829 fino alla sua morte, ha ricoperto il ruolo di medico primario presso l’Ospedale Santa Maria di Lugano. Nel 1835, ha pubblicato studi significativi sulla diffusione del colera, mentre nel 1845 si è dedicato all’istituzione di studi medici rurali nel Canton Ticino, oltre a redigere vari scritti sulle sorgenti minerali del Ticino e della Lombardia.Impegnato anche a livello politico, Carlo Liruti si è schierato con i radicali. Nel 1830, insieme a Stefano Franscini e Pietro Peri, ha fondato il quotidiano L’Osservatore del Ceresio, il quale ha sostenuto attivamente la riforma costituzionale. Tra il 1848 e il 1849, ha ricoperto la carica di Gran Consigliere del Ticino, seguita da quella di Consigliere di Stato dal 1849 al 1851. Nel 1859, in collaborazione con Henri Dunant, ha partecipato attivamente alla Guerra d’Indipendenza italiana, prestando servizio come medico negli ospedali militari di Brescia. Dal 1859 al 1865, Carlo Liruti ha ricoperto il ruolo di professore di storia naturale al Liceo di Lugano. Durante la sua carriera, è stato membro di diverse accademie scientifiche e letterarie, contribuendo significativamente al progresso e alla diffusione della conoscenza in ambito medico e scientifico. L’autore fu autore di diversi scritti di storia locale, medicina o mineralogia dedicata alle acque minerali, come “Le acque minerali del Ticino”, “Lugano il suo lago ed i suoi dintorni”, “Le sorgenti solforose di Stabio, le acque ferruginose del San Bernardino e le altre fonti minerali della Svizzera Italiana col quadro mineralogico della stessa.” ed altri. Stabio è un piccolo paese nel cuore della Svizzera italiana, tra le dolci colline del Canton Ticino. Il paesino è un piccolo gioiello di storia e bellezza naturale. Questo affascinante comune, con le sue strette stradine lastricate e le case dal fascino antico, è noto non solo per la sua architettura pittoresca, ma anche per le sue sorgenti minerali, custodi di segreti millenari e portatrici di benessere. Le radici di Stabio affondano nel passato, risalendo a epoche lontane. Le prime tracce della sua presenza risalgono al periodo romano, quando la regione conobbe una fiorente attività agricola e commerciale. Tuttavia, è nel Medioevo che Stabio inizia a delineare la sua identità, con l’edificazione di chiese e castelli che testimoniano la fervente attività di quei secoli. Nel corso del Rinascimento, Stabio visse una fase di rinascita economica e culturale, affermandosi come centro di scambi commerciali e produzione tessile. Ciò che rende Stabio ancora più unico è la presenza delle sue sorgenti minerali, considerate da secoli fonte di salute e benessere. Le prime tracce delle fonti minerali di Stabio risalgono all’antichità. I Romani, noti per la loro abilità nell’utilizzare le risorse naturali, scoprirono le sorgenti minerali nella regione e ne apprezzarono i benefici. La presenza di queste fonti d’acqua ricche di minerali contribuì non solo all’economia locale, ma anche alla salute e al benessere della popolazione. Durante il periodo del Rinascimento e il Medioevo, le fonti minerali di Stabio divennero ancora più preziose. Le comunità locali svilupparono tecniche avanzate per estrarre e utilizzare i minerali presenti nelle sorgenti, creando un’industria che avrebbe prosperato per secoli. L’acqua ricca di minerali non era solo una risorsa economica, ma anche un simbolo di prosperità e benessere. Con il passare del tempo, le fonti minerali di Stabio divennero un elemento centrale dell’economia locale. La città si sviluppò intorno a queste risorse, attirando commercianti e artigiani specializzati nella lavorazione dei minerali. Le imprese locali prosperarono grazie alla domanda costante di prodotti minerali. Queste sorgenti, situate in diversi punti del territorio, sono ricche di minerali preziosi noti per le loro proprietà curative. La più celebre tra tutte è la “Fonte delle Salute”, così chiamata per le sue acque ricche di minerali benefici per il corpo umano. Si dice che quest’acqua abbia proprietà terapeutiche e che il suo consumo regolare possa contribuire al miglioramento della digestione, della circolazione sanguigna e persino della pelle. Prima edizione in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: IT\ICCU\UMC\0990964.

290 euro

49) LINGUA ETIOPICA ETIOPIA AFRICA COPTO LINGUE AFRICANE

IMG_1262_clipped_rev_1Job Ludolf,

Psalterium Davidis Aethiopice,

London, A. J. and T. Clarke, 1815

In 4°; 192 pp. Legatura coeva in mezza-pelle con dorso a 5 nervi. Qualche llieve degno del tempo alla legatura ma all’interno in buone-ottime condizini di conservazione. Seconda edizione, più rara della prima del 1701, di questa traduzione del Salterio di Davide, in lingua etiopica. Tutto il testo il volume è completamente stampato in lingua IMG_1263_clipped_rev_1etiopica. Bell’edizione di una delle più celebri traduzioni del Salterio di Davide in lingua copta, opera del grande orientalista tedesco Ludolf Hiob (Erfurt 1624 – Francoforte sul Meno 1704). L’autore, inviato a Roma dalla corte svedese alla ricerca di alcuni documenti, una volta giunto qui, ne approfittò per studiare la lingua etiopica grazie all’aiuto dell’ecclesiastico abissino Gregorio del santuario di Makāna Sellāsē che allora, dimorava a Roma in S. Stefano dei Mori. Hiob fu autore di alcuni dei più importanti studi di storia e lingua etiopica mai scritti alcuni dei quali, ancora oggi, rivestono un’importanza basilare per gli studiosi di queste materie. L’edizione qui presentata è assai più rara di quella del 1701 in quanto venne stampata in 2000 copie da essere vendute in Etiopia e rappresentò, a lungo, uno dei libri più importanti che si potevano trovare nel territorio etiopico. Esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione.

200 euro

50) STORIA NATURALE BOTANICA USI E COSTUMI VIAGGI LEGATURA CLASSICI ANTICHI CURIOSITA’ STRANEZZE MITI LEGGENDE

 IMG_1412_clipped_rev_1IMG_1414_clipped_rev_1IMG_1413_clipped_rev_1 (1)

IMG_1411_clipped_rev_1Saumaise Claude De (conosciuto anche come Claudius Salmasius),

Plinianae exercitationes in Caii Julii Solini polyhistora. Item C.Jul.Solini Polyhistor ex veteribus libris emendatus. Acc.huic ieditoni de hoonuymis hyles iatricae exercitationes antehac ineditae nec non de manna et saccharo. Tomus I – II e III volume contenente “Exercitationes de Homonymis Hyles Iatricae nunquam antheac editae utet De Manna et Saccharo”.

Trajecti ad Rhenum, Apud Johannem vande Water…, 1689

In folio (39,5×23 cm); (25), 63, (1), 625, (1) pp., (3), 627-943, (1), 16, 157, (1) pp. e (10), 27, (3), 259, (1), 20, (4 b.) pp. Bellissima legatura coeva in stile blaviano in piena pergamena con titolo e autore impressi in oro ad un tassello. Dorso a 7 nervi. Cornice e medaglione centrale con ricchi fregi ai piatti. Uno strappetto senza perdita di carta a pagina 45 del primo volume, qualche pagina leggermente ed uniformemente brunita a causa della qualità della carta e nel complesso esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Seconda edizione ma praticamente prima per le numerosissime aggiunte (il terzo volume, recuperato fra i manoscritti inediti di Saumaise, compare qui per la prima volta), di quest’opera del celebre antiquario, umanista e filologo francese Claudius Salmasius, forma latinizzata di Claude Saumaise, (Semur-en-Auxois, 15 aprile 1588 – Spa, 3 settembre 1653). L’autore studiò legge a Heidelberg studiando sotto il giurista Denis Godefroy e rimanendo influenzato, nella lettura dei classici, dal bibliotecario Jan Gruter. A lui si deve il ritrovamento dell’unicIMG_1409_clipped_rev_1o manoscritto conosciuto della Biblioteca Palatina. Rifiutò cattedre a Oxford, Padova e Bologna per accettare poi, nel 1631, la cattedra già occupata da Joseph Scaliger a Leida. E’ considerato tra gli antesignani delle teorie capitalistiche. Uomo di grande cultura e dai diversi interessi, scrisse diverse opere di carattere filologico, politico e teologico. Parlava diverse lingue fra le quali l’ebraico, l’arabo ed il persiano. Fu un sostenitore degli Stuart per i quali scrisse l’opera Defensio regia pro Carlo I (1649). Le “Pliniane exercitationes” sono la sua opera più famosa nel quale l’autore, attraverso il commento dell’opera di Solinus Polyhistor, conosciuta con il titolo di “Collectanea rerum memorabilium”, ne studia la derivazione dall’Historia Naturalis di Plinio il Vecchio. Solino, riprendendo le opere di Plinio, Pomponio Mela, Svetonio e Terenzio Varrone descrive le cose più strane e meravigliose inerenti a popoli, usanze, animali e piante illustrandole all’interno di una cornice geografica. Mommsen ha teorizzato che l’opera di Solino può averci trasmesso passi di autori latini a noi del tutto sconosciuti. L’opera di Solino, oltre alla storia romana contiene la descrizione di parte dell’Africa, dell’Asia Minore, dell’Arabia, dell’India e dell’Impero dei Parti. Il commento di Saumaise è considerato il più importante commento della “Collectanea rerum memorabilium”. Il terzo volume, dal titolo “Exercitationes de Homonymis Hyles Iatricae”, si occupa della nomenclatura botanica delle piante medicinali, con un saggio dedicato all’individuazione e all’etimologia della manna e saccarum. Rif. Bibl.: Brunet V 92-93 (“Ouvrage estimé.”); Clark VI 38; Pritzel 2. ed. n. 8045; Haller v.1 p.444.

550

51) FUTURISMO PRIME EDIZIONI RARITA’ BIBLIOGRAFICHE

IMG-20240215-WA0028_clipped_rev_1Valeria Irma (Irma Valeria Gelmetti Zorzi),

Fidanzamento con l’Azzurro,

Milano, Istituto Editoriale Italiano, S. data (ma 1919)

In 16° (9,5×6,4 cm); 175, (5) pp. Bellissima legatura editoriale in piena pelle con titolo ed autore al piatto anteriore e la celebre figura ideatada Duilio Cambellotti, dell’uomo che sostiene le campane in rilievo. Piatti interni foderati con la celebre carta dell’Istituto Editoriale Italiano. Esemplare in ottime condizioni di conservazione. Errore di numerazione delle pagine, in quanto, come in tutti gli esemplari, la numerazione comincia dopo tre carte non numerate con pagina 11. Fascetta segnalibri in seta gialla. Prima edizione di questa raccolta di liriche della nota poetezza futurista Irma Valeria Gelmetti Zorzi. Si legge ne “Il dizionario del Fururismo” riguardo a questa raccolta di prose liriche che si tratta di un «…volumetto tascabile caratterizzato dall’uso di un esoterismo ancora più intenso [rispetto a Morbidezze in agguato]» (Il dizionario del futurismo. Ed. Ezio Godoli. Firenze: Vallecchi, 2001). Dal testo a pagina 1 e 29: ” … Il mondo è così grande, così grandemì, sai! Ci si può smarrire, per lo scherzo di due scarpette piccine piccine … ma io ti do in mano un filo azzurro a cui è legata una stellina d’argento: ecco il gioco per la tua infanzia: cammina. […] Come un fantasma cammino pel mondo. Lievissimi i piedi dell’ombra sulle chiazze di luna marmorizzata! Il mio castello lontano non è che un immenso palazzo squallido e solitario, in uno spiazzo enorme, isolato dalle tenebre circolari degli alberi giganti”. Prima edizione in ottime condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Claudia Salaris, Bibliografia del Futurismo, Roma, Biblioteca del Vascello, 1988: pag. 71; Cammarota, Futurismo, 477.2.

500 euro

52) SCHERMA SPADA CATANIA MESSINA PRIME EDIZIONI SICILIA AUTOGRAFI RARITA’ BIBLIOGRAFICA STORIA DELLA SCHERMA SPADANCIA HIPLOMACHIA PUGNA UMBRATILE

IMG-20240218-WA0008_clipped_rev_1Florio Blasco,

Discorso sulla utilità della scherma,

Messina, Presso Giuseppe Fiumara, 1825

In 8°; 38, 9, (1) pp. Brossura editoriale con titolo impresso in nero entro doppia cornice xilografica. Un piccolo forellino al dorso e due piccoli forellini uno all’angolo alto delle ultime due carte e nel complesso esemplare in ottime condizioni di conservazione. Una dedica ottocentesca al margine superiore alto del piatto anteriore ed una dedica dell’autore al margine basso del piatto anteriore. Prima rarissima edizione della seconda opera, una seconda edizione uscì nel 1828 e già, nel 1820 Florio aveva pubblicato a Catania un altro rarissimo trattato Di riposta ad alcune dimande di Scherma littere, del celebre maestro di scherma e teorico dell’arte della scherma siciliano, Blasco Florio. L’opera rimanda ad un’epoca nella quale l’autore ancora non aveva ottenuto al fama che ebbe poi in seguito a partire dagli anni 40’ dell’ottocento quando pubblicò, nel 1844 l’opera La Scienza della Scherma edita sempre a Catania. Blasco Florio è considerato frai massimi filosofi e studioso di scherma del regno delle Due Sicilie. Catanese di nascita, Florio comincia gli studi di scherma a Napoli all’epoca di Gioacchino Murat ed è proprio quando ritorna a Catania all’inizio degli anni 20’ che inizia a mettere in forma scritta i suoi studi e le sue riflessioni. L’autore apre lo scritto qui presentato con un’introduzione storica delle differenze e le caratteristiche dell’arte della spada e della scherma napoletana, romana e della spada e spadancia. Il secondo capitolo contiene una dissertazione della superiorità della scherma nell’antica e nella moderna ginnastica e “della utilità ch’essa come ginnastica, arreca al fisico ed al morale dell’uomo” con descrizione della “hiplomachia o pugna umbratile”. Il capitolo terzo illustra i sistemi di scherma europei confrontando la scuola spagnola, francese, italiana, siciliana, napoletana e “settentrionale”. L’opera contiene anche indicazioni della scherma italiana, siciliana e napoletana. Prima rarissima edizione in ottime condizioni di conservazione e arricchito dalla dedica autografa di Blasco Florio. Rif. Bibl.:V. Mira, I, 107 (Blasco); IT\ICCU\BASE\020097.

440 euro

53) TOULOUSE LANGUEDOC STORIA ARTE BATTAGLIE GUERRE DI RELIGIONE

 IMG_1404_clipped_rev_1IMG_1408_clipped_rev_1IMG_1407_clipped_rev_1IMG_1403_clipped_rev_1

Cochin Charles Nicolas ed altri,

Vignettes Pour l’Histoire du Languedoc.

A Paris, chez la V.e de F. Chereau, Rue S. Jacques aux 2. Piliers d’Or, S. data (ma 1740 circa)

In oblungo; 53 cc. compreso il frontespizio. Elegante legatura in piena pelle spugnata con titolo in oro al dorso su fascetta in pelle. Ricchissimi fregi dorati ai tasselli. Tagli rossi. Vecchia nota bibliografica a matita alla prima carta bianca che identifica l’opera come appartenente ad un noto critico d’arte italiano. Alcune tavole leggermente ed uniformemente brunite nel margine esterno, fuori dalla zona di battuta e per il resto esemplare in ottime condizioni di conservazione, stampato su carta di ottima qualità. Prima ed unica edizione di questa suite di 52 tavole che ripercorrono la storia della Linguadoc opera del celebre pittore, incisore, disegnatore e scrittore francese, Charles-Nicolas Cochin (Parigi, 22 febbraio 1715 – Parigi, 29 aprile 1790). Appartenente ad una nobile famiglia di incisori attivi fin dal XVII° secolo, apprese l’arte incisoria dal padre, Charles-Nicolas Cochin il Vecchio (1688–1754) noto per le sue riproduzioni di quadri di Chardin, Watteau, Nicolas Lancret e attivo per il Cabinet du Roi. Nel 1730, Cochin entrò a far parte del gruppo dei Gobelins guidato da Charles Parrocel. Cochin divenne celebre per la sua opera Menus-plaisirs. A partire dal 1737 venne chiamato a dal Re Luigi XV per occuparsi delle commemorazioni fissando le feste e gli avvenimenti in stampe e disegni e dedicandosi, contemporaneamente, anche a realizzare diversi ritratti e a scrivere alcuni noti trattati d’arte. Nel 1749 compì un viaggio in Italia accompagnando l’architetto Jacques-Germain Soufflot, fratello di Madame de Pompadour. Proprio da questa esperienza, Cochin trasse l’ispirazione per pubblicare, insieme a Bellicard, nel 1753, una delle sue opere più note, le “Osservazioni sulle antichità della città di Herculaneum”. Per i suoi servigi, Luigi XV concesse all’artista la patente di nobiltà e l’iscrizione all’Ordine di San Michele. La forte influenza del suo viaggio in Italia, raccontato anche nella sua opera “Vojage d’Italie” gli lasciarono un’enorme suggestione avvicinado la sua arte ai classici dell’antichità e facendone uno dei precursori del neoclassicismo. L’opera ripercorre la storia del territorio della linguadoc dalla nascita di Roma alla battaglia di Castelnaudary del 1632. Esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione.IMG_1402_clipped_rev_1

550 euro

54) BATTAGLIE INCISIONI SERIE D’INCISIONI ILLUSTRATI CAVALIERI UNGHERESI SPAGNOLI UNGHERIA HISPANIA CAPRICCI

IMG_1391_clipped_rev_1IMG_1392_clipped_rev_1IMG_1393_clipped_rev_1 (1)IMG_1394_clipped_rev_1IMG_1395_clipped_rev_1

IMG_1390_clipped_rev_1Baur Johann Wilhelm,

Capricci di varie battaglie di Gio Guglielmo Baur 1635

S. luogo, S. stampatore, 1635

In oblungo (22,5×15,5 cm); frontespizio e 16 c. di tav. (l’ultima tavola presenta un cartiglio nel margine superiore ed è ritagliata ed applicata su carta). La Tavola 4 presenta, esposta, la data 1634. Antica nota di possesso privato al frontespizio, anticamente cancellata ma in parte ancora leggibile. Due piccoli strappetti al margine basso bianco della prima e nel margine alto bianco di tavola 7, qualche minimo foxing e nel margine esterno di alcune tavole ma nel complesso, seppur senza legatura ma non slegato, esemplare in buone-ottime condizioni di conservazione. Ritratto di Baur datato 1637 che non è sempre presente in questa serie. Dopo la serie del 1633 dal titolo Battaglie di popoli diversi, il celebre incisore, pittore e miniatore tedesco Johann Wilhelm Baur nato Jean Guillaume Baur è noto anche come Joan Guiliam Bouwer o Bauer (Strasburgo, 31 maggio 1607 – Vienna, 1º gennaio 1640), sviluppò questo tema una seconda volta in questi “Capricci di varie battaglie”, che dedicò al duca di Bracciano, Paolo Giordano II Orsini come si evince dallo stemma araldico di quest’ultimo sullo stendardo appeso alla tromba del soldato che suona al frontespizio e sulla bandiera dello sbandieratore nella tavola 4. La serie originale comprende quattordici scene di battaglia, in questo esemplare è presente una quindicesima tavola con cartiglio superiore che descrive la battaglia come “Spagnola”. Il frontespizio non reca una dedica scritta, ma come detto, solo, lo stemma degli Orsini: in alto a sinistra, sullo stendardo del trombettiere a cavallo e, su altri due stendardi in alto a destra, lo stemma della famiglia Orsini, la rosa e l’orso che compare anche nello stemma. Il concetto di capriccio veniva utilizzato in ambito musicale fin dal XVI secolo. Utilizzando questo concetto, l’artista vuole significare che queste scene di battaglia non contengono in alcun modo valore documentario o autenticità storica, ma che rispondono al puro piacere del tema e alle diverse possibilità compositive. Le acqueforti di Baur sono intrise di dinamica e pathos barocchi, che si basano su altri modelli, in particolare sull’interpretazione di Rubens della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci (ora al Louvre). L’opera più famosa di Baur è senz’altro la serie di illustrazioni che l’autore realizzò per un’edizione delle Metamorfosi d’Ovidio. Allievo secondo alcune fonti di Friedrich Brentel, iniziò ancora giovane un Grand Tour che lo portò in giro per l’Europa per poi fermarsi in Italia. Fu probabilmente membro della celbre accademia romana dei Bentvueghels che raccoglieva, principalmente pittori olandesi e fiamminghi e che fu attiva a Roma dal 1620 al 1720. Serie non comune. Rif. Bibl.: Le Blanc, Vol. I. pag. 202; Codice Catalogo Nazionale dei Beni Culturali 0100397659-0; The BM – inv. 1854,1020.98; National Gallery of Art – inv.1945.5.25; Hollstein (German) 24; Bonnefoit 1997 (R 71); Rapetti, 1998, cat.37.

880 euro

55) FOGLI POPOLARI ARTE INCISORIA LA SCALA DELLA VITA STAMPE POPOLARI VITA E MORTE LIFE AND DETH

IMG_1353_clipped_rev_1IMG_1354_clipped_rev_1 (1)

Remondini Editori,

Las edades de la mujer/Las edades del hombre

S. luogo (ma Venezia o Bassano), (Remondini), S. data ma XVII° secolo

In folio (acquaforte in coloritura 36,5×48 cm con foglio di 42×54 cm); due fogli. Cornice con motivi floreali dipinti a mano sulla cornice delle tavole. Carta vergellata spessa, priva di filigrana. Alcuni lievi ed abilissimi restauri con piccole integrazioni, in genere al margine esterno, e nel complesso, esemplare in buone condizioni di conservazione. Agenda in lingua spagnola per queste due tavole prodotte dai Remondini, probabilmente, per l’esportazione in Spagna e nelle colonie spagnole. Le figure dell’uomo e della donna sono disposte sui gradini di una scala, cinque anni di età al primo gradino poi a salire di dieci anni in dieci anni fino agli ottanta. Angeli e demoni ai due lati della scala. Sotto di essa il paradiso e l’inferno. Coloritura coeva nei tipici colori della produzione popolare remondiniana. Assai rare e ancor più rare da reperirsi assieme.

4.700 euro

56) MUSICA POP ICONE POP ZIGGY STARDUST POSTE VINTAGE DAWID BOWIE

IMG-20240207-WA0000_clipped_rev_1

Bowie David,

Grande Album Vintage originale Aladdin Sane.

S. luogo, S. stampatore, S. data (ma 1973 circa)

166×104 cm; una piccola mancanza di carta all’angolo esterno alto sinistro, qualche strofinatura e con un segno di piega in mezzo al grande foglio e per il resto in buone condizioni di conservazione. Rarissimo poster vintage dell’album Alladin Sane del grande cantautotre inglese, David Bowie, pseudonimo di David Robert Jones (Londra, 8 gennaio 1947 – New York, 10 gennaio 2016). Nato come David Robert Jones il 8 gennaio 1947 a Brixton, Londra, Dawid Bowie è stato un’icona della musica, un camaleonte artistico e un pioniere culturale che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della musica popolare. Sin da giovane, Bowie dimostrò un interesse per la musica e lo spettacolo, iniziando a suonare il sassofono all’età di 13 anni e unendosi a diverse band locali durante l’adolescenza. Il suo debutto discografico avvenne nel 1967 con l’album “David Bowie”, ma fu il suo secondo album, “Space Oddity” del 1969, che lo lanciò al successo internazionale con il singolo omonimo. Tuttavia, fu con l’uscita dell’album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” nel 1972 che Bowie divenne una vera e propria superstar. Il suo alter ego Ziggy Stardust, un’iconica figura aliena del rock, catturò l’immaginazione del pubblico e fece di Bowie un’icona del glam rock. Negli anni ’70, Bowie continuò a sperimentare e reinventarsi, abbracciando una serie di stili musicali e influenze visive, dalla soul music al funk, dalla musica elettronica al krautrock. Il suo album del 1975, “Young Americans”, segnò una svolta verso il soul e il rhythm and blues, mentre nel 1976 il suo personaggio di Thin White Duke incarnava l’eleganza decadente dell’era del post-punk. L’album “Heroes” del 1977, parte della cosiddetta “Trilogia di Berlino”, fu un altro punto culminante della sua carriera, con la title track diventata un inno per una generazione. Negli anni ’80, Bowie continuò a reinventarsi con successo, abbracciando la new wave e il synth-pop con album come “Scary Monsters (and Super Creeps)” e “Let’s Dance”. Oltre alla sua musica, Bowie fu anche un innovatore nel campo dell’arte visiva e del teatro, collaborando con artisti come Brian Eno e creando spettacoli teatrali e installazioni d’arte. La sua influenza si estese anche al cinema, con ruoli memorabili in film come “L’uomo che cadde sulla Terra” e “Labbra di ghiaccio”. Bowie continuò a essere una figura influente fino alla sua morte il 10 gennaio 2016, solo due giorni dopo l’uscita del suo ultimo album, “Blackstar”. La sua eredità musicale e culturale rimane immortale, influenzando generazioni di artisti e continuando a ispirare con la sua audacia creativa e il suo spirito innovativo. “Aladdin Sane” è l’album che mostra Dawid Bowie al culmine della sua creatività e della sua ambizione artistica. Uscito nel 1973, l’album è una miscela esplosiva di glam rock, jazz, elettronica e teatralità, che cattura perfettamente lo spirito e l’energia del periodo. Il concept dell’album è ispirato al personaggio di Aladdin Sane, una sorta di alter ego di Bowie, una figura enigmatica e decadente che esplora temi di identità, alienazione e ricerca di sé. L’album si apre con il potente e iconico riff di “Watch That Man”, un inno al rock ‘n’ roll che stabilisce immediatamente il tono dell’intero lavoro. Segue “Aladdin Sane (1913-1938-197?)”, una traccia sperimentale e psichedelica che incorpora elementi di jazz e dissonanze sonore, mostrando la versatilità di Bowie come compositore e interprete. Il punto culminante dell’album è senza dubbio la traccia “Time”, un’epica odyssey rock che mescola testi introspettivi con arrangiamenti audaci e complessi. Qui, Bowie dimostra la sua abilità nel creare atmosfere coinvolgenti e dinamiche, mentre la sua voce emotiva guida l’ascoltatore attraverso un viaggio di auto-riflessione e disillusione. L’album include anche successi pop come “The Jean Genie” e “Drive-In Saturday”, che mostrano il lato più accessibile e orecchiabile di Bowie, ma è nelle tracce più sperimentali e audaci che “Aladdin Sane” si distingue davvero come un’opera d’arte completa. La produzione di Ken Scott è impeccabile, catturando perfettamente l’energia cruda e l’atmosfera teatrale delle registrazioni, mentre la performance di Bowie è magistrale, oscillando tra il teatrale e il vulnerabile con una maestria senza pari. In definitiva, “Aladdin Sane” è un capolavoro senza tempo che continua a influenzare e ispirare gli artisti di oggi. Con la sua mescolanza di stili e generi, la sua profondità lirica e la sua energia contagiosa, l’album è una pietra miliare nella carriera di Dawid Bowie e un’opera essenziale per ogni collezione musicale. In Aladdin Sane come sul poster, Bowie compare nella fora del suo alter-ego Ziggy Stardust. Ziggy Stardust è uno degli pseudonimi più iconici e influenti creati da Dawid Bowie. Introdotto nell’album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” del 1972, Ziggy è stato concepito come un alter ego di Bowie, una sorta di messaggero alieno del rock ‘n’ roll inviato sulla Terra per portare un messaggio di speranza e ribellione. La figura di Ziggy Stardust rappresenta un connubio di teatralità, ambiguità sessuale e fascino androgino, incarnando perfettamente lo spirito del glam rock degli anni ’70. Il personaggio di Ziggy è caratterizzato da abiti stravaganti, capelli biondi e una spiccata estetica futuristica, elementi che lo rendono immediatamente riconoscibile e memorabile. L’esegesi di Ziggy Stardust riflette le complesse tematiche affrontate nell’album. Ziggy è descritto come un “messia caduto” che si perde nel vortice della fama e dell’autodistruzione, incarnando il conflitto tra la ricerca di sé e l’alienazione sociale. Le canzoni dell’album esplorano temi di identità, desiderio, solitudine e apocalisse imminente, con testi enigmatici e visionari che mescolano fantasia e realtà. Ziggy Stardust non è solo un personaggio musicale, ma una figura archetipica che ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura popolare. La sua influenza si estende oltre la musica, influenzando la moda, l’arte e la cultura LGBTQ+. Il suo impatto duraturo è testimoniato dal fatto che, anche dopo oltre cinquant’anni dalla sua creazione, Ziggy Stardust continua ad essere una fonte di ispirazione e ad essere celebrato come uno dei più grandi iconi della storia della musica. Raro ed in buone condizioni di conservazione.

600 euro

57) FOTOGRAFIA FOTOGRAFIE MAESTRI DELLA FOTOGRAFIA AVANGUARDIE MARINA DI RAVENNA RIVIERA ROMAGNOLA GHIRRI

IMG_1643_clipped_rev_1 (1)Luigi Ghirri,

2 foto scivoli, Marina di Ravenna 1972, Bagno Lucciola

Due fotografie originali 19,5×12,5 cm; due fotografie virate a magenta come tutte le foto di Ghirri che sono state esposte, montate in cornice in metallo realizzata dallo stesso Ghirri. A parte la virata al magenta le fotografie si presentano in buone condizioni di conservazione. Composizione di scivoli in foto scattate ne 1972 al Bagno Lucciola di Marina di Ravenna. Fu proprio in Riviera Romagnola che il grande fotografo Luigi Ghirri iniziò a scattare fotografie mentre era in vacanza sulla Riviera Adriatica. Le due foto furono poi pubblicate in una delle sue opere più celebri, Kodachrome uscito 1978 con testo introduttivo di Piero Berengo Gardin, nella Collana Biblioteca di Fotografia delle edizini Grafiche STIG di Modena. Si tratta di due fra le più iconiche foto del ciclo degli scivoli di Ghirri. Nato tra le strade sinuose e gli orizzonti mutevoli dell’Emilia-Romagna nel 1943, Luigi Ghirri emerse come uno dei fotografi più influenti del panorama italiano e internazionale del XX secolo. La sua vita fu un intreccio di visioni audaci, riflessioni profonde e una passione innata per catturare l’essenza dell’ordinario. Fin da giovane, Ghirri mostrò un interesse precoce per l’arte e la fotografia, trasformando la sua osservazione acuta del mondo in immagini che catturavano la bellezza nascosta nella quotidianità. Dopo aver trascorso gli anni ’60 e ’70 immerso nella scena culturale di Modena, Ghirri iniziò a forgiare il suo stile distintivo, che combinava la precisione formale con un tocco di poesia. Nel corso della sua carriera, Ghirri esplorò una vasta gamma di soggetti, dalle architetture urbane alla natura silenziosa, dalle persone comuni ai paesaggi iconici. Le sue fotografie non erano semplici immagini statiche, ma piuttosto finestre aperte su mondi sconosciuti, dove la realtà si trasformava in sogno e la banalità si trasfigurava in bellezza. Uno dei tratti distintivi del lavoro di Ghirri era la sua capacità di giocare con la percezione dello spettatore, sfidando le aspettative e trasformando l’ordinario in straordinario. Le sue composizioni erano meticci di geometria e colore, luce e ombra, creando un dialogo intimo tra il soggetto e l’osservatore. Ma Ghirri non era solo un fotografo di talento; era anche un teorico e un saggista appassionato, le cui parole illuminavano il processo creativo dietro le sue immagini. Attraverso i suoi scritti, Ghirri invitava il pubblico a riflettere sulla natura mutevole della percezione e sulla complessità della rappresentazione visiva. Nonostante la sua prematura scomparsa nel 1992, l’eredità di Ghirri continua a vivere attraverso le sue opere, che ispirano e incantano generazioni di artisti e appassionati di fotografia. La sua visione audace e la sua sensibilità unica ci ricordano che, anche nelle piccole cose, c’è una bellezza che attende di essere scoperta, una verità che attende di essere svelata. Rarissime fotografie originali di Luigi Ghirri regolarmente certificate presso l’Archivio Luigi Ghirri.

5.600 euro

58) MEDICINA MEDICINE CHIRURGIA SURGERY PRIME EDIZIONI FIRST EDITION MEDICINA ANTICA ROMANA IPPOCRATE

IMG_1525_clipped_rev_1IMG_1522_clipped_rev_1IMG_1523_clipped_rev_1IMG_1526_clipped_rev_1IMG_1527_clipped_rev_1IMG_1520_clipped_rev_1Paaw Petrus (Petrus Pauw),

Succenturiatus anatomicus. Continens commentaria in Hippocratem, de capitis Vulneribus. Additae in aliquot Capita libri VIII.C.Celsi Explicationes. [E:] A. Cornelii Celsi De re Medica liber octavus. Edition originale de ce traité d’anatomie consacré au crâne humain.

Lugduni Batavorum [Leyde], Iodocum a Colster, 1616

In 4° (19,3×14 cm); (24), 270 pp. una piccola mancanza di carta all’angolo basso bianco di pagina 115 antecedente alla stampa dell’opera e dovuta alla qualità della carta, ininfluente, 34 incisioni in singola lastra nel testo (in questo esemplare non è mai stata aggiunta, come n altri esemplari, l’antiporta che si trova, di solito, nel primo volume); (2), 128 pp. e due c. di tav. fuori testo, 25 tavole incise a lastra singola in questa seconda parte. Uno strappetto, senza perdita di carta, all’angolo basso bianco di pagina 31 del secondo volume dovuto, anche in questo caso, ad un difetto della carta, ininfluente. Legatura in piena pergamena rigida con titolo ed autori, impressi in oro al dorso su fascetta in pelle rossa. Tagli spruzzati in rosso. Esemplare leggermente ed uniformemente brunito come tipico delle opere stampate a Leida e nel complesso, esemplare in ottime condizioni di conservazione. Assai rara prima edizione, anccor più rara da reperirsi in queste buone condizioni di conservazione, del commento del grande medico e botanico olandese, Peter Pauw o anche Petrus Paaw (2 agosto 1564 Amsterdam – 1 augusto 1617 a Leida), all’opera del celebre medico, geografo e aforista greco antico, considerato il padre della medicina scientifica, Ippocrate di Coo (o Cos, o Kos) (Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.) e all’opera del noto medico romano Aulo Cornelio Celso (in latino Aulus Cornelius Celsus; 25 a.C. circa – 45 d.C. circa) celebre per le sue operazioni sperimentali, sulle fratture del cranio. Petrus Pauw è stato un medico e botanico olandese del XVI secolo, noto per i suoi contributi significativi nel campo della medicina e della botanica, così come per il suo commento all’opera “De IMG_1521_clipped_rev_1Medicina” di Celso, in particolare il trattato sulle fratture del cranio. Nato nella città di Gouda, nei Paesi Bassi, nel 1564, Pauw dimostrò un’innata passione per la scienza e la medicina fin dalla giovane età. Dopo aver studiato medicina all’Università di Leida, ottenne la laurea in medicina e intraprese una carriera che lo portò a diventare uno dei medici più rinomati del suo tempo. La sua attenzione si rivolse presto anche alla botanica, dove unì la sua conoscenza della medicina con lo studio delle piante medicinali. La sua reputazione crebbe rapidamente grazie alla sua capacità di riconoscere e descrivere le proprietà terapeutiche delle piante, divenendo una figura autorevole nella comunità scientifica europea. Durante la sua carriera, Pauw scrisse diversi trattati sulla medicina e sulla botanica, contribuendo significativamente alla comprensione e alla pratica di entrambi i campi. Tuttavia, la sua opera più celebre rimane il suo commento all’opera di Celso, in particolare il trattato sulle fratture del cranio. Celso, un autore romano antico del I secolo d.C., scrisse uno dei trattati medici più importanti dell’antichità romana, “De Medicina”, che conteneva dettagliate descrizioni di varie condizioni mediche e dei loro trattamenti. Il capitolo sulle fratture del cranio fu uno dei contributi più significativi di Celso alla medicina, offrendo una visione approfondita di questa lesione traumatica e dei suoi trattamenti. Il commento di Pauw all’opera di Celso sulle fratture del cranio e sulle sue tecniche chirurgiche sperimentali rappresentò un’importante aggiunta alla comprensione medica dell’epoca. Non solo fornì una chiave di lettura preziosa per comprendere il testo originale di Celso, ma aggiunse anche nuove interpretazioni e approfondimenti basati sulle conoscenze mediche e botaniche dell’epoca. Attraverso il suo commento, Pauw non solo illustrò le teorie e le pratiche mediche dell’antica Roma riguardo alle fratture del cranio, ma offrì anche una prospettiva critica e aggiornata su vari aspetti della diagnosi, del trattamento e della prognosi di questa lesione traumatica. Nonostante le sue numerose contribuzioni alla medicina e alla botanica, la vita di Petrus Pauw fu segnata da tragedie personali, inclusa la perdita prematura della moglie e dei figli. Tuttavia, il suo impegno verso la ricerca scientifica e il suo lascito nel campo della IMG_1524_clipped_rev_1medicina e della botanica rimangono una testimonianza duratura della sua erudizione e del suo contributo alla conoscenza umana. Pauw morì nel 1617, ma il suo lavoro continua a essere una fonte di ispirazione per le generazioni successive di medici, botanici e studiosi, e il suo commento all’opera di Celso sulle fratture del cranio rimane un punto di riferimento fondamentale per la comprensione della storia della medicina nel Rinascimento europeo. Pauw fu anche uno dei principali sostenitori della creazione di aule anatomiche dove dissezionare i cadaveri cosa che fin dal quattrocento aveva portato a vivaci discussioni negli ambienti intellettuali europei. Basti ricordare che a partire dal 1490 quando un’aula anatomica venne costruita a Padova, sorsero alcune aule anatomiche nei principali atenei d’Europa. Seguirono poi le aule di Basilea creata nel 1588 e quella di Parigi nel 1608. Quella di Leida, invece, fu creata proprio da Pauw. Si legge in Dezeimeris, Dictionnaire historique de la médecine ancienne et moderne, I: “Pierre Paaw, a skilful anatomist, was born in Amsterdam in 1564. In 1580, he went to study medicine in Leiden. After four years, he came to France, where he stayed quite a long time in Paris and Orleans. Then he went to Denmark. He was in Rostock in 1587, and was admitted as doctor in medicine, and started to teach anatomy. Little time after, he travelled to Italy in order to hear the lecture of Fabrizio d’Aquapendente. His father’s death obliged him after three months to go back to his homeland ; he went back to Leiden, where, during twenty-eight years, he practised the art of healing with a lot of success, and taught brilliantly anatomy and botanic. He is the one who got the public lecture hall of anatomy of Leiden to be built. Paaw died in 1617. His works contain quite a large number of interesting observations.”. Prima rara edizione, difficile da reperirsi in queste condizioni di conservazione. Rif. Bibl.: Graesse, Trésor de livres rares, V, p. 99.

2.600 euro